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Magnasco, a Parigi Canesso propone tre opere

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Magnasco, a Parigi Canesso propone tre opere

  • –di Stefano Cosenz
La dissipazione e l'ignoranza distruggono le arti e le scienze, 62,3 x 91,5 cm, collezione privata (già Gall.Canesso)
La dissipazione e l'ignoranza distruggono le arti e le scienze, 62,3 x 91,5 cm, collezione privata (già Gall.Canesso)

La storia degli Old master ha ancora qualcosa da farci scoprire, studiare e rivalutare anche in termini di mercato. È il caso del pittore genovese della prima metà del Settecento Alessandro Magnasco (1667-1749), riscoperto dai musei internazionali e poi dai collezionisti privati nel corso del XX secolo. A questo maestro la celebre galleria parigina di Maurizio Canesso , sita al 26 di rue Lafitte, dedica una prestigiosa mostra dedicate alle opere della sua maturità che sarà aperta fino al 31 gennaio 2016 in partenariato con i Musei di Strada Nuova di Genova , per poi proseguire a Palazzo Bianco nel capoluogo ligure dal 25 febbraio al 5 giugno 2016, in quello stesso Palazzo che lo ospitò nel 1949.
Alessandro Magnasco è sicuramente un pittore anticonvenzionale rispetto alla sua epoca dominata dalla vita sfarzosa e piena di colori della nobiltà settecentesca, e grazie al suo personalissimo linguaggio pittorico è stato considerato un precursore del Goya e degli espressionisti tedeschi ove “il colore serve l'espressione” e il suo tratto rapido privilegia le “piccole figure” prefigurando l'arte veneziana del suo amico Sebastiano Ricci e di Francesco Guardi. Differentemente dalla pittorica illuminista, le sue scene sono in genere tenebrose, ma come ha precisato ad ArtEconomy24 Fausta Franchini Guelfi, specialista riconosciuta dell'artista e curatrice del catalogo della mostra edito da Galerie Canesso Paris: “le figure escono dalle tenebre, ma non riescono ad illuminarle. Le sue tenebre e le sue pennellate dimostrano il suo atteggiamento antilluminista, di non amare ciò che raffigura, la borghesia, la nobiltà dell'epoca che nella seconda metà del Settecento gli illuministi avrebbero raffigurato con accese tonalità cromatiche. Era attratto da una realtà diversa dalla nobiltà, fatta invece di scene di vita monastica, di soggetti picareschi, di zingari e vagabondi, di figure di lavandaie e viandanti all'interno di paesaggi”. Sono queste le scene che hanno dominato le sue numerosissime commissioni, durante la residenza a Milano, da parte dei Borromeo, degli Archinto, dei Cisnedi e dei Visconti.

La Francia ha sempre privilegiato questo autore. Dopo una prima mostra parigina nel 1914, già di grande successo per eco della stampa e numero di visitatori, una seconda mostra sull'artista nella capitale francese venne organizzata dal mercante Arthur Sambon presso la sua galleria nel 1929 con numerose opere provenienti da collezioni private a dimostrazione che già dagli anni venti Magnasco ha incontrato l'interesse dei collezionisti e quindi fu riconosciuto dal mercato dell'arte. Fu collezionato pure dagli stessi pittori, come il neo-impressionista Ếmile Bernard, che considerava il Magnasco degno di figurare, assieme a El Greco, nel patheon dei suoi maestri, o come il pittore spagnolo Ignacio Zuolaga e l'artista Ếmile Wouters che nel 1934 donò un'opera del Magnasco al Museo del Louvre (la maggior parte delle opere dell'artista genovese sono entrate nei musei per donazione, fanno eccezione Arrivo e interrogatorio dei galeotti e Imbarco dei galeotti nel porto di Genova acquistati dal Musée des Beaux Arts di Bordeaux nel 1961 e del Funerale ebraico acquisito per generosità di un magnate dal Musèe d'art et d'histoire du Judaisme ).
La mostra è costituita non solo di opere provenienti da collezioni private, molte della quali trattate negli anni dallo stesso Maurizio Canesso, ma anche da istituzioni pubbliche e private, la Banca Carige , il Palazzo Bianco e il Museo Giannettino Luxoro , il Museo Diocesano , il Museo Nazionale di Palazzo Realepisa-museo-nazionale-di-palazzo-reale di Pisa, il Museo Biblioteca /Biblioteca-ed-Archivio di Bassano del Grappa e il Louvre di Parigi. Tre opere di collezioni private esposte nella mostra Canesso le offre in vendita: un soggetto picaresco, La lezione di canto alla gazza, 48,5 x 38,5 cm (prezzo offerto 220mila euro), Soldati e pitocchi, 56 x 41,5 cm, databile verso il 1735-1740, iconografia tipicamente nordica dei ritrovi di soldati e vagabondi tedeschi e olandesi del Seicento, che il Magnasco poté vedere nelle collezioni genovesi e dei Medici a Firenze (prezzo offerto 360mila euro) e la coppia di tele Frate Barbiere e Frati Cappuccini in penitenza (43 x 29 cm ciascuna) risalenti gli ultimi anni, dal linguaggio estremamente maturo, della carriera dell'artista (prezzo offerto per la coppia 380mila euro).

Tra i più significativi passaggi in asta degli ultimi 15 anni, da Sotheby's l, Un capriccio architettonico con musicista e contadini di fronte a un altare con Sant'Antonio da Padova, 64,5 x 50,5 cm, ha realizzato nel 2008 a Londra 120.550 sterline, contro una stima di 25-35mila, mentre la stessa casa a Londra nel 2002 aveva realizzato per la tela Una stanza da lavoro con suore impegnate in lavoro in vimini, 88 x 74 cm, 149.650 sterline contro una stima tra 80-120mila.
Da Christie's a Londra la tela La lezione di canto, 51,4 x 75,6 cm, nel 2007 ha realizzato 168mila sterline contro una stima di 40-60mila, mentre a Roma la stessa casa nel 2002 a Roma aveva venduto la tela Burrasca presso una costa mediterranea, con due frati francescani e due astanti, e le rovine di un faro per 126.480 euro contro una stima di 55-70mila.
Tra le opere esposte in mostra nella galleria Canesso, una particolare attenzione va posta alla grande e inusuale tela Trattenimento in un giardino d'Albaro, 86 x 198 cm, proveniente da Palazzo Bianco, che raffigura una festa su un terrazzamento della collina di Albaro, riconosciuto nella villa Saluzzo del tardo Cinquecento, detta per la sua magnificenza “Il Paradiso”. Grazie allo studio della stessa curatrice del catalogo Fausta Franchini Guelfi che ha rilevato lo stile piuttosto straordinariamente libero dell'artista e le fogge degli abiti risalenti a metà del Settecento, l'opera è riconducibile agli ultimi anni di attività del Magnasco, ovvero dopo il 1735, data del suo definitivo rientro a Genova. La tela è inoltre uno studio fatto a tavolino ove sono fuse due prospettive distinte che coprono un angolo visuale superiore alle possibilità dell'occhio umano. Infine l'eleganza della scena e l'inusuale luce dell'opera anticipa l'epoca dell'Illuminismo ormai alle porte.
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