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Mercato dell'arte

A Frieze New York l'arte contemporanea rivela la sua forza

  • –di Sara Dolfi Agostini
Mary KELLY
Mary KELLY

A poco più di un mese dall'inaugurazione di Art Basel, la quinta edizione newyorkese della fiera Frieze New York conferma il trend positivo del mercato dell'arte: la crisi è sembrata ormai un lontano ricordo già il mercoledì della preview, che per l'affollamento tra stand e corridoi era facile confondere la serata con l'inaugurazione del giorno dopo. L'elite locale e internazionale è tornata a concorrere nell'arena dell'arte contemporanea: addirittura, l'ex sindaco di New York, Michael R. Bloomberg, si è insinuato tra i corridoi della fiera con un nugolo di guardie del corpo venti minuti prima dell'apertura ufficiale, mentre collezionisti come Dasha Zhukova del Garage of Contemporary Art di Mosca o Jerry I. Speyer, trustee del MoMA, e i direttori dei maggiori musei internazionali hanno dovuto attendere le 11. I visitatori in tutto sono stati 43mila.
Nella sezione principale la prima galleria a fare il sold out dello stand a prezzi tra 18-100mila dollari è stata Mendes Wood DM di San Paolo , con opere di artisti emergenti come Paulo Pjota, Paulo Nazereth e Neil Beloufa, che ha una personale al MoMA di New York. Dopo poche ore Lisson ha annunciato la vendita di metà del suo stand, tra cui opere di Lawrence Weiner, Pedro Reyes, Ryan Gander, Haroon Mirza e Stanley Whitney a prezzi tra 20-100mila dollari, tenendo così alto l'entusiasmo per il suo recente sbarco a Chelsea con una galleria da far invidia a Gagosian . Oltre 400 mq di spazi espositivi e altrettanti per uffici, adiacenti l'High Line e dedicati alle ipnotiche geometrie su tela dell'artista cubana Carmen Herrera, vendute a prezzi tra 200-400mila dollari, dopo multiple cene e inaugurazioni con collezionisti e direttori di museo.
Tornando in fiera, Dominique Lévi ha venduto subito un'opera dell'artista cinetico tedesco Günther Uecke per 1,25 milioni di dollari, e transazioni importanti hanno riguardato anche artiste il cui lavoro è ormai storicizzato, come Isa Genzken, di cui David Zwirner ha venduto tre opere in un range di 200-450mila dollari, o Roni Horn, da Hauser & Wirth con tre delle sue sculture d'acqua a 975mila dollari ciascuna. Successo anche per chi giocava in casa. Pace Gallery ha venduto ben cinque opere della serie dei “Flag Paintings” dell'artista newyorkese Fred Wilson, a prezzi tra 25-165.000 dollari: dipinti in cui i simboli nazionali dell'Africa della diaspora perdono ogni caratterizzazione cromatica per diventare semplici presenze grafiche in bianco e nero. Invece, allo stand di Lehmann Maupin , l'attenzione era tutta per Erwin Wurm, che rappresenterà l'Austria alla prossima Biennale di Venezia del 2017 . Il secondo giorno la galleria aveva già venduto sette opere dell'artista a prezzi entro 70mila euro, tra fotografie, sculture e le celebri “One Minute Sculptures”, in cui il visitatore è istruito dall'artista su come diventare lui stesso opera d'arte.
Soddisfazione anche per i galleristi partecipanti nelle sezioni curate. A Frame, dove si concentrano le gallerie emergenti con meno di otto anni di attività, Frutta di Roma ha presentato uno stand dedicato al lavoro di Stephen Felton: dipinti dalle linee semplici e precise che mettono in discussione positivismo tecnologico e rapporto con la natura, venduti a 12.000 dollari ciascuno. A Focus, dove è richiesto un progetto tematico con uno o più artisti, Société ha sbaragliato la concorrenza appaltando gli spazi alla società Solylent, di cui l'artista Sean Raspet è consulente nello sviluppo di alimenti sostenibili dall'alto valore nutritivo. Raspet, interessato a come l'economia trasforma liquidi in prodotti dall'alto valore simbolico – uno fra tutti la coca cola – offriva le sue creazioni a titolo gratuito con la sponsorizzazione aziendale, mentre Société vendeva installazioni su pallet a 5-20mila euro personalizzate a livello di fragranza e volume sul metabolismo del collezionista.
Il premio come miglior stand, invece, è stato aggiudicato da Instituto de Visiòn : un'eccellente presentazione delle opere di Pia Camil, Otto Berchem e Wilson Diaz, vendute a 3-25mila dollari, in cui suggestioni moderniste si mescolavano a un occhio critico sulla società e alle interferenze tra arte e politica.
La sezione Spotlight, infine, offriva uno sguardo sulla scena dagli anni '60, con occasioni per riscoprire artisti americani dimenticati o internazionali poco conosciuti dentro i confini statunitensi. Una sezione meno roboante delle altre, ma non meno interessante. È qui, infatti, allo stand di Pippi Houldsworth , che la Centre Pompidou Foundation è venuta per acquistare, per 250mila dollari, “Interim: Corpus, Preliminary Artwork” (1984) di Mary Kelly, un'opera che indaga senza compromessi identità e finzioni della donna di mezza età, attraverso esperienza personale e costrutti sociali. Le opere di Kelly, una delle più importanti esponenti dell'arte concettuale, si troveranno anche nella mostra inaugurale della nuova Tate Modern il 17 giugno di quest'anno. Lo stand della galleria Luisotti , invece, ha esposto la serie “Vandalism” (1973-75) di John Divola, in cui l'artista vandalizza e poi fotografa edifici abbandonati, mappando la città di Los Angeles sulla scia degli effetti della crisi petrolifera. Le stampe sono state vendute al prezzo di 15.000 dollari ciascuna con edizioni di 3 e 7 esemplari, trattandosi di lavori precedenti all'introduzione del meccanismo dell'edizione chiusa. In un periodo in cui, complice il potere del dollaro e la crescita del mercato immobiliare, New York diventa sempre più insostenibile per artisti e gallerie - che si muovono verso Harlem -, il lavoro di Divola offriva una prospettiva per certi versi rassicurante.

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