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Liste, palestra per la sperimentazione di gallerie e artisti -

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Mercato dell'arte

Liste, palestra per la sperimentazione di gallerie e artisti

  • –Di Sara Dolfi Agostini
Riccardo Beretta, Tre crocifissi, 2016, rilievo su legno tinto naturale, 92 x 92 cm ciascuno, courtesy Francesca Minini, Milano
Riccardo Beretta, Tre crocifissi, 2016, rilievo su legno tinto naturale, 92 x 92 cm ciascuno, courtesy Francesca Minini, Milano

A vent'anni dalla sua prima edizione, Liste è ancora oggi la fiera più sperimentale e innovativa di Basilea grazie a un'efficace sistema di scouting internazionale che garantisce la presenza delle gallerie più attente alle nuove tendenze in materia artistica. In scena nella stessa settimana di Art Basel , dal 14 al 19 giugno, per questa edizione ha presentato 79 gallerie, scelte da 350 candidature, e garantito come sempre un numero di new entries a rinfrescare il parterre, tra cui l'egiziana Gypsum Gallery e la kosovara LambdaLambdaLambda . Le new entries hanno pagato lo stand solo 6.800 franchi svizzeri, mentre per chi è ritornato ogni anno il prezzo sale, fino a un massimo di 16.000 franchi svizzeri. Un sistema che per anni è sembrato funzionare, ma che forse – complici i costi di una Svizzera sempre più proibitiva – si è un po' inceppato. I visitatori non sono mancati, 21mila e poco più dell'anno scorso, e neanche le vendite, che si sono registrate sia per gli artisti più giovani che per quelli già affermati.

Quale, dunque, il problema? La pittura, di tutti i tipi, dall'astratto all'espressionista, dal pop al materico, svettava su ogni altro linguaggio e proposta artistica, al contrario di quanto accade oggi nei musei e nelle mostre internazionali. “La pittura è un bene rifugio e si vende, al contrario di installazioni, opere multimediali o post-digitali” spiega la responsabile dell'organizzazione, Jacqueline Uhlmann, aggiungendo “spingiamo sempre le gallerie a essere coraggiose, ma non è facile”.

A fare da contraltare alle troppe proposte pittoriche di basso profilo artistico, però, c'erano anche opere fresche, audaci e di ricerca. E a premiarle sono i stati i musei, ma anche i collezionisti che guardano oltre al piacere decorativo. Subito all'ingresso c'era lo stand di KOW , tutto dedicato al video: dal filmato di una pesca avvincente e crudele di Michael E. Smith, alle pioneristiche produzioni digitali di Barbara Hammer, dalla “institutional critique” del collettivo Chto Delat, alle videoinstallazioni di Hiwa K; tutto a prezzi tra 6-50.000 euro. Altro stand controcorrente quello di Hollybush Gardens , che ha presentato un dialogo trans-generazionale tra le artiste Ruth Proctor e Anne Tallentire, mettendo in discussione certezze della vita quotidiana attraverso il linguaggio della performance e dell'architettura. Le opere - fotografie, video e sculture - costavano 2.000-11.500 euro. Project Native Informant , invece, ha giocato la carta della Biennale di Berlino , inaugurata poche settimane fa, con opere degli artisti e curatori DIS e di GCC, accanto a dipinti spray appropriati da street artists di Ned Vena. Il tutto offerto sotto la soglia dei 10mila euro e accomunato da un'indagine sui contemporanei mezzi di produzione in risposta all'estetica digitale e al dilagare di nuovi canoni estetici derivati dal consumo tecnologico.

Coraggiose e anche patriottiche le gallerie italiane. Monitor , per la prima volta in una fiera estera, ha dedicato l'intero stand a Tomaso de Luca, che ha realizzato un fregio da 14mila euro e un nucleo di sculture, ciascuna a 5.500 euro, ispirandosi ai maestri del Modernismo, da Picasso a Le Corbusier, con vendite a collezionisti svizzeri e tedeschi. Laveronica ha presentato una doppia personale con una video-installazione di Adelita Husni-Bey realizzata al Cairo in dialogo con le comunità minacciate dalla crescita immobiliare, e maquette e fotografie di Jonas Staal, artista e attivista che attraverso l'arte offre visibilità ai gruppi di protesta estromessi dal processo democratico dopo il crollo delle Torri Gemelle e il consolidamento delle blacklist. L'opera di Husni-Bey è stata acquistata da un museo svizzero per 28mila euro; bene anche le opere di Staal, tra 3.000-24.000 euro. Da Francesca Minini c'era un'altra doppia personale, interamente italiana, con le sculture ironiche di Alice Ronchi, mix riuscito di riferimenti modernisti, forme infantili e anche ammiccamenti al sistema dell'arte? La nuova serie si chiamava “collezione autunno inverno 2016 per dinosauri vanitosi”, ma l'artista lascia al pubblico il possibile collegamento. Accanto a lei la new entry della galleria, Riccardo Beretta, che ha esordito con ricami e arazzi, portando in fiera il fascino per l'artigianato e una delicata riflessione su forme, cromie e memoria. Le opere di entrambi gli artisti sono state vendute tra 8.000-15.000 euro. Fonti , infine, ha proposto uno stand curato in cui le suggestioni della statuaria classica diventavano motivo centrale di un percorso a più voci: tra riflessioni estetiche e politiche, c'erano un video di Michel Auder, un disegno di Seb Patene, opere a parete di Giulia Piscitelli e Renato Leotta, e fotografie di Nicola Gobbetto, da 2.000-25.000 dollari.
Quando il palcoscenico fieristico diventa “conservativo” per limitare il rischio d'impresa, non c'è sollievo più grande che scoprire chi va controcorrente e apprezzare nel gruppo un copioso numero di gallerie italiane, cui manca del tutto il sostegno del sistema paese, claudicante ed esterofilo.

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