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INTERVISTA

Polonia, l'Avanguardia storica legittima le pratiche culturali più progressiste

Władysław Strzeminski, Neoplastic Room Open Composition, 1948
Władysław Strzeminski, Neoplastic Room Open Composition, 1948

Jarosław Suchan è il direttore del Museo di Arte di Łódź, uno dei punti di riferimento istituzionali della scena artistica polacca. Il museo è stato fondato nel 1929 e si trova a un'ora e mezza da Varsavia, nella città della manifattura tessile e della Scuola Nazionale di Cinema, Teatro e TV frequentata da registi come Andrzej Wajda e Roman Polanski. Per il 2017 Jarosław Suchan ha indetto le celebrazioni per il centenario dell'Avanguardia in Polonia: occasione per raccontare un museo tra i più attivi e interessanti del panorama europeo.

Il museo è nato dalla visione di due artisti, Władysław Strzemiński e Katarzyna Kobro, e dalla generosità di molti protagonisti dell'Avanguardia europea. Racconta i momenti salienti di questo progetto?
Sì. È stato Władysław Strzemiński, figura chiave dell'Avanguardia Polacca, a promuovere l'idea di mettere insieme una collezione per presentare le proposte più recenti dell'arte europea. Strzemiński viveva in Russa durante la Rivoluzione di Ottobre (1917), dove aveva partecipato alla creazione dei cosiddetti “musei per l'arte e la cultura”. Tornò in Polonia con Katarzyna Kobro nel 1921 e, da allora, pianificò la realizzazione di simili istituzioni nel suo paese. Tuttavia, ciò fu possibile solo nel 1929, quando le autorità comunali di Łódź gli offrirono uno spazio nel nuovo museo affinché mostrasse la collezione di arte moderna. Fu così che l'idea di Strzemiński diventò realtà. Iniziò allora a collezionare opere d'arte moderna insieme agli altri membri del gruppo A-R: sua moglie Katarzyna Kobro, il noto scultore costruttivista Henryk Stażewski, un pittore che apparteneva anche al movimento costruttivista, e due poeti dell'Avanguardia, Julian Przyboś e Jan Brzękowski, di cui il secondo di casa a Parigi. In dieci anni riunirono una collezione di 112 opere d'arte dei più importanti artisti del periodo, tra cui Ernst, Arp, Leger, Schwitters, Picasso, Calder, Van Doesburg, Vantongerloo, Prampolini, Torres-Garcia e molti altri. Tutti donarono le loro opere senza chiedere di essere pagati. Per questo la collezione è così unica: è una perfetta espressione della generosità e solidarietà dell'Avanguardia internazionale.

Com'è cresciuta la collezione?
Dopo la seconda guerra mondiale, con il mondo diviso dalla Cortina di Ferro, sviluppare la dimensione internazionale della collezione fu – come si può immaginare – molto difficile: le occasioni di viaggiare erano limitate, i contatti con l'estero miseri e sorvegliati, e le risorse finanziarie del Muzeum Sztuki assai diverse da quelle dei musei occidentali. Tuttavia, nonostante le molte difficoltà, i miei predecessori hanno lavorato duramente per mantenere questa apertura internazionale, e l'eccezionale storia della sua creazione li ha aiutati. Molte opere ci sono state donate proprio perché artisti, collezionisti e mercanti erano ispirati dall'iniziativa di Strzemiński. La donazione più importante è stata “Polentransport 1981” di Joseph Beuys.

Quante opere conta oggi la collezione?
La collezione consiste di 19.000 opere d'arte ed è la più estesa nella regione. Abbiamo disegni, dipinti, scultura, video, performance, documenti di opere d'arte concettuale e grandi installazioni. Tutti i più importanti artisti polacchi sono rappresentati: di Strzeminski e Kobro abbiamo quasi tutta la loro produzione, e poi Stazewski, Witkiewicz, Tadeusz Kantor, Roman Opalka, Alina Szapocznikow, Krzysztof Wodiczko, Jozef Robakowski, fino ai contemporanei Miroslaw Balka, Zbigniew Libera, Katarzyna Kozyra, Monika Sosnowska etc. Abbiamo anche opere di artisti internazionali del secondo dopo guerra, come Andre Masson, Roberto Matta, Alexej Javlensky, Victor Vasarely, Bridget Riley, Gunther Uecker, Daniel Spoerri, Alain Jacquet, Jesus Rapahel Soto, Daniel Buren, Sam Francis, Keith Sonnier, Fred Sandback, Ian Hamilton Finlay, Dan Graham, Liam Gillick, Monica Bonvincini, Nairy Baghramian, Ahlam Shibli per citarne alcuni.

Quali sono le sue linee di indirizzo per la collezione?
La storia del museo e della collezione ci ha portato ad acquistare spesso opere ispirate in qualche modo alle Avanguardie. Non attraverso riferimenti formali: cerchiamo, piuttosto, un legame con l'etica, l'impegno socio-politico e l'apertura alla sperimentazione, a quel modo di guardare, immaginare e pensare il mondo che rompe le convenzioni. Un altro aspetto della collezione è il suo sguardo internazionale: abbiamo molte opere di artisti non polacchi, ma non credo sia corretto dire che la collezione rappresenta in modo enciclopedico tutti i fenomeni rilevanti dell'arte moderna e contemporanea internazionale. Piuttosto la collezione rivela come l'arte internazionale sia stata osservata dalla particolare prospettiva di un museo localizzato in una città europea periferica. Per noi questo è un punto di forza, perché ci permette di problematizzare l'immagine canonica di un'arte globale creata dalle istituzioni artistiche più centrali. Ed è per questo che la nostra politica in fatto di acquisizioni mette l'accento su un'arte prodotta in regioni periferiche del mondo. Credo che la giustapposizione dell'arte polacca con l'arte proveniente dai Balcani, dal Medio Oriente o dal Sud America sia assai più produttiva.

Avete un budget annuale per acquistare opere d'arte?
Quando si parla di collezioni pubbliche, la mancanza di un budget adeguato è un problema serio. I prezzi delle opere degli artisti polacchi sono simili a quelli dei loro colleghi internazionali, ma la situazione finanziaria dei musei d'arte moderna polacchi non è la stessa dei loro corrispettivi occidentali. Negli ultimi cinque ani abbiamo notato un miglioramento perché il Ministro della Cultura ha lanciato un programma di sussidi specifici per l'acquisizione di arte contemporanea, ma questo sussidio dipende dalla politica e quindi è molto incerto.

In quanto direttore del Muzeum Sztuki ha un punto di osservazione privilegiato sulla scena artistica polacca. Come si è trasformata negli anni?
Da quando ho assunto la direzione del museo, quindi guardando agli ultimi 10 anni, la scena artistica polacca ha vissuto un ottimo periodo. Senza dubbio ciò è dovuto all'ingresso della Polonia nell'Unione Europea e alla crescita economica. Ma è anche il risultato dell'impegno di molti professionisti del settore – artisti, curatori, dirigenti – nella costruzione di un sistema che vede oggi protagonisti nuove gallerie, musei, scuole, riviste etc e nella rivitalizzazione delle strutture esistenti. Entrare in Europa ha permesso alla Polonia di aprirsi e coltivare meglio i contatti internazionali, e migliorare la qualità del programma delle istituzioni culturali. Oggi gli artisti polacchi, i curatori e le istituzioni sono parte di una rete globale come mai prima. Accanto ai benefici, tuttavia, sono sorti nuovi pericoli. Per anni, l'arte contemporanea è stata marginalizzata dai poteri economici e politici. Però adesso sia i politici che le multinazionali hanno imparato ad apprezzare il potenziale dell'arte e sono frequenti i tentativi di strumentalizzarla. Uno dei miei obiettivi, come direttore del Muzeum Sztuki, è contrastare questi comportamenti e ricordare che l'arte non è uno strumento di propaganda, politica o commerciale, non un'esca per generare traffico di turisti o una decorazione per ricchi, ma uno strumento di emancipazione per guardare, pensare e agire nel mondo liberi dagli schemi imposti, dalla logica della mercificazione e del consumismo, dalla scarsa visione, dal campanilismo e dalla xenofobia.

Il Muzeum Sztuki è un museo nazional-regionale. Cosa significa in termini di visibilità e di finanziamenti, specie in questo periodo storico?
Riceviamo finanziamenti sia dal governo regionale che dal Ministro della Cultura, la nostra programmazione, però, è internazionale. Il museo espone artisti internazionali, collabora con istituzioni, artisti, curatori, critici e storici internazionali. E anche la collezione rispecchia questo intento. Siamo parte del mondo globale, ma il nostro pubblico è soprattutto locale. Łódź non è una famosa destinazione turistica, e la maggior parte dei nostri visitatori sono in città o nella regione. Naturalmente questo ha una ripercussione sulle nostre attività. Comunichiamo sempre allo stesso pubblico, anche se è in crescita, e se vogliamo attrarne di nuovo dobbiamo offrire un programma davvero denso, ricco e rilevante. In breve: la tensione tra globale e locale è ciò che più definisce la nostra realtà, cerchiamo di promuovere la scena artistica locale e al contempo di creare opportunità affinché il pubblico di qui possa conoscere ed essere ispirato dalla scena artistica oltre confine. Per fare un esempio: l'anno scorso abbiamo proposto una rassegna di arte contemporanea polacca in Cina e una retrospettiva di Tadeusz Kantor a San Paolo, mentre l'anno prossimo organizzeremo una grande mostra di Kobro e Strzemiński al Museo Reina Sofia di Madrid.

Qual è il vostro budget annuale?
4 milioni di euro.

Gli sponsor privati sono una risorsa per i musei polacchi?
Decisamente no: il museo raccoglie circa 50mila euro dagli sponsor, poco più dell'1% del budget. Sponsorizzare la cultura non è molto popolare in Polonia, specie quando si tratta di forme di produzione culturale più sperimentali e d'avanguardia. È più semplice per un festival rock o una mostra d'arte blockbuster. E poi più sei lontano da Varsavia, peggio è, perché è la capitale politica ed economica. Per questo il nostro impegno sui privati è più sviluppato sul singolo visitatore, cui offriamo una forma di partecipazione annuale, con benefici che vanno dagli sconti sulle pubblicazioni ad eventi speciali organizzati ad hoc.

Cosa ricevono in cambio, invece, gli sponsor?
Il Muzeum Sztuki è considerato uno dei più importanti musei in Polonia e la nostra attività è molto seguita dalla stampa, fatto che rende il museo un brand interessante per i privati.

Ho letto che l'arte contemporanea non è una priorità per il governo di Diritto e Giustizia, che ha vinto le elezioni in Polonia l'anno scorso, e molti finanziamenti ai musei di Varsavia e altre città sono stati tagliati. Anche il Muzeum Sztuki sarà costretto a modificare la sua programmazione?
Certo non siamo una priorità per il Ministero, ma non adatteremo il programma alla nuova politica culturale dello Stato. Abbiamo un impegno nei confronti della società e un'eredità importante nei confronti della storia dell'arte, e cercheremo di rispettare entrambi gli aspetti con la celebrazione del 100° anniversario dell'Avanguardia in Polonia, in programma per l'anno prossimo perché la prima importante mostra di Avanguardia polacca si tenne nel 1917. Perché è così importante? Perché l'eredità nazionale è il perno della nostra politica culturale, e un riferimento che deve essere condiviso con il presente. Dare visibilità all'avanguardia come eredità nazionale significa promuovere – come valori nostri – i valori stessi dell'Avanguardia, che sono universalismo, cosmopolitismo, il superamento delle culture particolari, l'apertura all'altro, il senso di responsabilità per il futuro del mondo etc. Così diamo anche legittimità storica alle pratiche culturali più progressiste, come a un fenomeno che è radicato nella nostra tradizione. L'iniziativa è stata accolta con grande favore da tutto il paese: al momento 50 istituzioni e organizzazioni sono entrate nel progetto, tra cui i maggiori musei, festival e le accademie d'arte. Ciò significa che l'eredità delle avanguardie è ancora un punto di riferimento fondamentale: sarebbe meraviglioso se grazie alle celebrazioni dell'anno prossimo, questa cultura trovasse spazio nella mente dei politici e del grande pubblico.

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