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Un tour a Frieze con Massimo Minini*

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Mercato dell'arte

Un tour a Frieze con Massimo Minini*

Bas Jan Ader, “Studies for Broken Fall (Geometric)” (1971), set of two color vintage prints, 3 1/2 x 3 1/2 inches (each image) (© The Estate of Bas Jan Ader / Mary Sue Ader Andersen, 2016 / The Artist Rights Society (ARS), New York, courtesy Meliksetian | Briggs, Los Angeles and Metro Pictures, New York)
Bas Jan Ader, “Studies for Broken Fall (Geometric)” (1971), set of two color vintage prints, 3 1/2 x 3 1/2 inches (each image) (© The Estate of Bas Jan Ader / Mary Sue Ader Andersen, 2016 / The Artist Rights Society (ARS), New York, courtesy Meliksetian | Briggs, Los Angeles and Metro Pictures, New York)

Frieze Londra 2016 inizia con la pioggia, aspettando all'ingresso John (Hilliard) per uno scambio di libri e autentiche. A breve arriva e ci presenta il suo amico Doug che parla solo di musica, ma vuole capire l'arte. Insieme entriamo. Come primo stand visitiamo Galerie Max Hetzler, gallerista di John, che avrebbe voluto vendere di più. Ridono lui e John e dopo poco li congediamo per iniziare il nostro tour. Apro l'icona Note dell'iPhone per appuntare il meglio dei lavori e i commenti dei colleghi. Così digitiamo Stretching Time di Vadim Fishikin nello stand di un Gregor Podnar non troppo soddisfatto per l'andamento della fiera. Segniamo almeno quattro lavori da Galerie Michael Werner tra cui un ritratto di Francis Picabia, tre parole in altrettante macchine da scrivere di Marcel Broodthaers: “leggi, scrivi, copia”.


Poi Sigmar Polke e due bellissime teche con i libri di James Lee Byars: la fiera per loro procede a gonfie vele. Il corridoio ci porta nello stand di Lisson dall'opera di Kapoor, la più grande della fiera, contrapposta a un piccolo interruttore di legno con incollato un chewing-gum del geniale Ryan Gander. Proseguiamo con i saluti allo staff di Lia Rumma, soddisfatta della buona compagnia dei ritratti sporgenti di William Kentridge e degli azzurri rassicuranti di Ettore Spalletti. Dalla confusione di George Kargl passiamo all'amico Peter Kilchmann, con gli occhi stanchi dietro gli spessi occhiali ma contento dei primi due giorni. Ci vuole un po' prima di incappare nella parete curiosa di Matt Mullican da Mai36, o nello stand di Luisa Strina con la semplicità incantevole di Fernanda Gomes e gli orologi che perdono numeri di Cildo (Meireles), che sembra vincitore a Londra con la sua altissima “Babel”, ben esposta alla Tate. Da Marian Goodman lí a fianco non sapremmo chi scegliere: Baldessari, Tacita Dean e Spalletti, (ancora!) qui in versione museale, mentre dall'amico Gavin (Brown) l'enterprise sembra più ordinata del solito: il solo show di Alex Katz, che di solito non amiamo particolarmente, qui sembra proprio funzionare.

Tra le tende di Liam (Gillick) anche da Esther (Schipper) tutto procede e la star Parreno ha venduto già il primo giorno, forte di un lavoro incredibilmente complesso che domina la Turbine Hall della Tate ora e per sei mesi ancora. Svoltato l'angolo arriva un insolito caos da Hauser and Wirth che mescola artisti vari fingendo uno studio d'artista comune, ai visitatori poco fruibile. Immaginiamo che la fiera non sia stata facile, quantomeno in fase di allestimento. Cerchiamo un po' di pace nello stand dove la pace c'è: Kurimanzutto. Dove le basi vuote di Roman Ondak dialogano con le macchinine rosse di Gabriel Orozco, in una poesia impensabile nella folla di Frieze. E infatti il resto è un'invasione di colori e di pitture, sulle quali anche le gallerie solitamente poco dedite alle tele insistono, per una discutibile politica di allineamento. I pareri dei colleghi non sembrano del tutto entusiasti e ci divertiamo ad annotarne le ragioni: l'insolita settimana di break tra Frieze e Fiac http://www.fiac.com/paris/en, le aste non eclatanti, Brexit (of course), la doppia entrata alla fiera o la nuova posizione dello stand per chi ha cambiato. Tutti uguali noi galleristi! Le energie che sembravano abbandonarci ritornano con i sorrisi e la simpatia dei ragazzi di Vermelho, soddisfatti il doppio dello scorso anno con metà della spesa (uno stand più piccolo), quindi complimenti ai loro Nicolas, Chiara e Andrè (Robbio - Banfi - Komatsu) e auguri a loro per tutte le 16 fiere della stagione. Rigenerati abbiamo le forze per appuntare altro: Johanna Calle dalla colombiana Casas Riegner, l'equilibrio ironico dello stand/trattoria di Frutta, e il non equilibrio dell'unica opera che avremmo davvero comprato in fiera: un minuscolo dittico vintage di Bas Jan Ader, “Studies for broken fall” da Metro Pictures, in barba al grande formato e ai colori delle pitture. Usciamo e piove, goodbye Frieze.

(*) gallerista accompagnato nel tour da Maria Adelaide Marchesoni

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