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Musei e Biennali

La gestione del Rijksmuseum di Amsterdam raccontata dal suo nuovo direttore Taco Dibbits

Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, fotografia di Inge Van Mill, Courtesy Rijksmuseum, Amsterdam
Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, fotografia di Inge Van Mill, Courtesy Rijksmuseum, Amsterdam

Londra, anteprima di Frieze 2016. Mentre galleristi e collezionisti sono impegnati nelle prime trattative, lasciamo il fermento dei corridoi della fiera per incontrare a pranzo Taco Dibbits, 48 anni, olandese, dal 15 luglio di quest'anno nuovo direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, uno dei musei più famosi al mondo, custode della Ronda di Notte di Rembrandt. Rimaniamo con lui quasi un'ora e mezza mentre, in un italiano fluente con un leggero accento del sud (ha imparato l'italiano a Catania), ci racconta il suo programma per il futuro del museo olandese, che lui conosce oramai da molti anni. Vi è entrato, infatti, per la prima volta nel 1995 come junior staff dopo una fellowship al Getty Museum. Poi, dal 1997 al 2002, è passato da Christie's a Londra come responsabile per i dipinti antichi e responsabile per l'Italia, per poi tornare al Rijksmuseum, dove adesso è la mente dietro al nuovo museo.

Qual è stato il trend dei visitatori dalla riapertura a oggi, e quale la tipologia di visitatori?
Nei primi due anni dopo la riapertura nel 2013 (il museo è rimasto chiuso dieci anni) i visitatori sono stati 2,4 milioni l'anno. Nel 2015-2016 il numero si è stabilizzato a 2,2 milioni. Per quanto riguarda la tipologia, abbiamo scelto di non fare distinzioni. Il Rijksmuseum è di tutti e per tutti. Questo è anche il motivo per cui l'intera collezione è disponibile su internet con immagini ad alta risoluzione.

A quanto ammonta il budget complessivo?
Più o meno 90 milioni di euro l'anno.

A quanto ammonta il contributo governativo per il mantenimento del museo?
È pari a un terzo del budget e serve a mantenere la collezione. Il resto - mostre, ricerche, restauri - viene finanziato per un terzo grazie all'autofinanziamento (biglietteria, ristorante, negozio del museo) e per un altro terzo grazie a sponsor e donatori.

Ci spieghi meglio.
Fino agli anni 90, il museo era statale, poi è stato privatizzato. La collezione è rimasta proprietà dello stato, che l'ha data in prestito alla fondazione Rijksmuseum e dà un contributo per mantenerla. La fondazione la mantiene e fa acquisti per lo stato. Anche l'edificio del museo è di proprietà statale e la fondazione paga un canone di affitto allo stato. In realtà riceviamo un contributo per l'affitto senza vincoli di impiego dal Ministero della Cultura e lo versiamo al Ministero degli edifici statali. La privatizzazione ha dato agilità e libertà al museo, un fattore che è stato molto importante durante il periodo di rinnovamento e che ci dà la possibilità a confrontarci con una società in continuo movimento. Anche il Ministero dei Beni Culturali italiano è venuto a indagare il funzionamento del nostro meccanismo di privatizzazione.

A quanto ammonta il contributo pubblico per l'affitto e il mantenimento dell'edificio? E quello per la collezione?
Il contributo pubblico per l'affitto e il mantenimento dell'edificio è pari a 20 milioni. Il contributo per l'utilizzo include quello per la collezione ed è pari a 15 milioni (nel 2015).

Il contributo governativo negli anni è rimasto stabile o è diminuito?
Dalla crisi del 2008 è sceso di circa il 15%, oggi è stabile. Ma il 2008 non ci ha colpiti così duramente come altri musei europei, per esempio il Prado. Inoltre questi tagli ci hanno dato la spinta a creare un ufficio development in cui oggi lavorano dodici persone. Ogni impiegato dell'ufficio development porta al museo più o meno un milione di euro l'anno.

Quante persone lavorano in totale al museo?
Più di 700.

Qual è il costo del personale del museo? E del direttore?
Il costo dello staff dell'intero museo è all'incirca 30 millioni, quello del direttore è di circa 181.000 euro, inclusi tutti i costi e le spese.

Il contributo governativo è legato a determinate performance del museo?
Stabiliamo degli obiettivi con il ministero. Se non li rispettiamo, il governo può tagliare il contributo. Se li superiamo, invece, non c'è un bonus, come si usa, per esempio, in Canada.

Quali sono questi obiettivi?
Per esempio dobbiamo essere aperti dalle 9 alle 17, dobbiamo generare più del 17% del nostro reddito (ma siamo tranquillamente sopra a questa percentuale perché generiamo il 30% del budget) e dobbiamo digitalizzare il 90% della collezione. Questo è un grande lavoro che mi sono prefissato di concludere nei prossimi cinque anni. Si tratta di un milione di oggetti e finora ne abbiamo digitalizzati 280.000. Ci sono 25 persone che lavorano a realizzare questo obiettivo.

Perché è così importante?
Fa parte dell'idea di apertura e trasparenza che voglio dare al museo. L'arte olandese, come l'arte italiana, è patrimonio dell'umanità e deve essere disponibile anche a chi non può recarsi di persona al museo. Inoltre, abbiamo svolto un'analisi, dalla quale abbiamo scoperto che quello che pagavamo per il personale addetto ai diritti di riproduzione delle immagini era quasi uguale a quello che guadagnavamo grazie agli stessi diritti, per cui ho deciso di pubblicare gratis tutte le immagini degli oggetti del museo. E poi, attraverso la presenza di immagini ad alta risoluzione delle opere del museo su internet, il museo si autopromuove. Lo vediamo anche attraverso Instagram. È pubblicità gratis che ci fanno i visitatori. Per questo è consentito fotografare all'interno del museo.

Parliamo adesso del contributo privato.
Abbiamo un founder, Philips, che è rimasto con noi anche durante il periodo di chiusura. Poi abbiamo tre sponsor principali: la compagnia telefonica olandese KPN, la banca ING, e la lotteria BankGiroLoterij, che dà un contributo annuo per gli acquisti. Non possiamo rivelare i singoli contributi, ma insieme superano i cinque milioni.

Qual è la vostra politica di acquisizioni?
Con una collezione che ha già un milione di oggetti, è necessario puntare su pezzi importanti che seducono e conquistano il pubblico. Non acquistiamo per tappare i buchi, per quello si va al dentista. Cerchiamo di costruire sui punti forti della collezione.

Qual è il budget annuale per le acquisizioni e da dove proviene?
Varia ogni anno, ma posso dire che in Europa siamo di gran lunga il museo più attivo in termini di acquisti. I fondi sono sempre privati (tranne nel caso del ritratto di Rembrandt acquistato insieme al Louvre all'inizio dell'anno con fondi statali). Per esempio nel 2014 abbiamo acquistato all'asta da Christie's a New York una statua di Adriaen de Vries da 22,5 millioni grazie al sostegno privato.

Il valore della collezione è registrato come prestito a lungo termine? Se sì, con quale valore?
No, non è registrato

Quanto è importante il rapporto pubblico-privato?
È importante non solo a livello finanziario, perché per esempio nel caso degli acquisti ci permette di essere veloci e di comprare anche all'asta, ma anche perché crea un legame profondo con la società. Anche in Italia lo stato dovrebbe rendere attraente per i privati il sostegno della cultura attraverso le agevolazioni fiscali. Perché i privati, poi, usano il museo per il loro marketing, e in questo modo il museo raggiunge un pubblico molto più vasto di quello che potrebbe raggiungere da solo. Il Rijksmuseum in Olanda è diventato un simbolo che unisce il paese al pari della nazionale di calcio.

Quali sono i valori sui quali basa la sua gestione?
Sono cinque. Il primo è l'autenticità. I musei si distinguono perchè offrono al publico oggetti autentici in edifici autentici. La nostra forza sta nell'offrire esperienze autentiche di cui il pubblico ha bisogno in un mondo sempre più digitale. Poi, comunicare con il pubblico con semplicità, che spesso è la sfida più difficile. Per farlo ci vogliono scelte rigorose, come quella di eliminare il copyright, o di non mettere computer all'interno del museo, perché il pubblico vuole utilizzare il suo smartphone. Dal punto di vista dell'allestimento, una scelta rigorosa è stata quella del colore delle pareti, un grigio molto scuro, che all'inizio ha sollevato molte critiche, ora è apprezzata. Abbiamo anche stabilito che ogni bambino olandese ha diritto di vedere almeno una volta la “Ronda di notte”, per cui l'anno scorso siamo andati a prendere nelle scuole 380.000 bambini. Poi c'è l'approccio personale: abbiamo abolito le biglietterie automatiche e cerchiamo il contatto diretto con il pubblico. Siamo “low tech” all'interno del museo e “high tech” fuori. Un altro valore che ci siamo imposti è la qualità: tutto quello che facciamo deve essere di altissima qualità. No ai compromessi. Sembra scontato ma non lo è. Infine, l'innovazione, perché bisogna sempre rinnovarsi, soprattutto quando si ha successo. L'innovazione si esprime su tanti livelli: per esempio l'acquisto congiunto con il Louvre, oppure siamo stati i primi a portare una mostra di dipinti antichi in Medio Oriente, in Qatar nel 2012. Abbiamo fatto una mostra di Hercules Seghers, il più sperimentale degli artisti olandesi del Seicento, e in quel caso, invece di un classico film educativo, abbiamo prodotto un video con l'attore John Malkovich, una sorpresa per il pubblico. Abbiamo fatto anche una pubblicità del museo con l'ex-calciatore Ruud Gullit, la cui madre lavorava al Rijksmuseum come donna delle pulizie. Oppure abbiamo tradotto nel linguaggio per sordomuti i termini tecnici del museo e della storia dell'arte, che non esistevano.

Parliamo della vostra politica sui prestiti.
Non abbiamo la collezione per tenerla in deposito, la visibilità delle opere è importantissima. Prestiamo il più possibile, più di 1.200 opere all'anno, anche se spesso i prestiti vengono chiesti solo sulla base di riproduzioni, e questo mi disturba. Non chiediamo una fee per i prestiti, perché magari un giorno chiederemo noi un prestito all'istituzione che ora chiede a noi. Ci comportiamo così anche con i musei privati. Solo nel caso in cui l'istituzione che chiede il prestito non abbia una collezione, allora chiediamo una fee calcolata sulla base del guadagno che genererà la mostra.

Come vengono generate le risorse proprie?
La maggior parte attraverso la biglietteria, che negli ultimi due anni ha fruttato un totale 56 milioni. La visita del museo è gratuita fino ai 18 anni. Da un lato è una scelta ideologica, dall'altro strategica, perché ci creiamo il pubblico del futuro. Poi viene la ristorazione (3,1 milioni in totale negli ultimi due anni) e il negozio del museo (10,9 millioni in totale negli ultimi due anni). All'interno del negozio del museo il guadagno più alto deriva ancora dalle cartoline.

Quali sono state le scelte di brand?
Anche in questo caso siamo stati rigorosi. Ci siamo affidati a Irma Boom che si occupa di tutto quello che riguarda il design e il brand del museo. Abbiamo scelto un design moderno perché credo che la grande arte è sempre contemporanea, e che non ci debba essere una divisione tra antico e moderno. Dobbiamo trasmettere una visione contemporanea del nostro patrimonio.

In questo momento avete in mostra anche un artista italiano, Giuseppe Penone…
È un dono agli abitanti e ai visitatori di Amsterdam, perché è una mostra gratuita nei giardini del museo. Abbiamo un donatore anonimo che ogni anno ci dà un budget non rivelato per fare una mostra d'arte moderna nei giardini del museo.

Subite mai ingerenze da parte degli sponsor?
No, l'importante è essere chiari e integri da subito, e noi non abbiamo mai subito pressioni.

Un suo commento sull'Italia.
Il patrimonio artistico italiano e ricchissimo e l'Italia deve investire molto nella sua conservazione. Per farlo, deve cercare di coinvolgere il più possibile i privati e le aziende attraverso le agevolazioni fiscali. Non solo per il sostegno finanziario, ma anche per creare quel sostegno sociale di cui parlavo. E non deve aver paura di prendere decisioni rigorose. Spesso vedo compromessi, e improvvisazione. C'è tanto personale qualificato nei musei italiani ma ci sono troppe restrizioni nel prendere le decisioni. Per l'Italia il passato è anche il suo futuro.

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