
Il Museo Civico di Castelvecchio forse sarà un monito per altri comuni e musei: proteggere le proprie collezioni d'arte non è un optional, ma una necessità in un contesto in cui il rischio di perdita diventa crescente. Se, infatti, sino ad oggi il furto delle tele di un museo era quasi sempre con destrezza, la presenza di violenza e armi nella vicenda dello scorso 19 novembre a Verona costringe a rivedere completamente la valutazione e copertura del rischio che gli amministratori pubblici dovranno sottoscrivere in futuro. Le coperture rintracciate da ArtEconomy24 mostrano in tabella un comportamento alle volte attento, soprattutto quando si conosce il valore del proprio patrimonio, altre volte anche eccessivo nella copertura totale del valore stimato. La vicenda della rapina di Verona, con un valore di 453 milioni individuato dal Comune per l'area cultura (solo il patrimonio mobile) – di cui 186.600.000 di euro riferiti ai dipinti presenti nel Museo di Castelvecchio coperti per un milione di euro (i nostri esperti ci suggeriscono che le sole 17 opere rubate possono valore tra gli 80-100 milioni) – fa capire che c'è stata una sottovalutazione dei rischi.
«Il valore complessivo delle opere rubate ben supera qualche decina di milioni di euro. Le opere quindi erano evidentemente sottoassicurate» conferma Domenico Sedini, art advisor di Art Defender e consulente assicurativo. Sarà stato il broker Marsh o la compagnia Cattolica a sottovalutarlo, ora non resta che aspettare il buon esito delle indagini, perché anche un possibile risarcimento si ridurrebbe solo a 250mila euro nel caso di rapina, come scritto nella polizza. Prodotti che includono tutto, ad eccezione di solito dei rischi inassicurabili come guerre, difetto intrinseco, lavori di restauro e umidità. «Il museo era allarmato 24 ore su 24 dicono dall'ufficio stampa del Comune di Verona – per questo, il rischio di perdita veniva reputato basso». Ora al di là del risarcimento, il Comune sta ipotizzando di chiamare in causa la ditta della sicurezza perché non ha rispettato le procedure di security previste.
Il Comune ha complessivamente assicurato un totale di 1.681.000.000 euro, che comprende fabbricati civili per 792 milioni, fabbricati storic0-artistici per 390 milioni, dipinti e opere d'arte nei musei per 453 milioni, di cui Castelvecchio, arredi nei palazzi per 30 milioni, apparecchiature elettroniche per 6 milioni ed eventuali danni da ricorso terzi per 10 milioni.
«Un problema di base quando i comuni fanno le grosse gare per il brokeraggio assicurativo è che vincono soggetti generalisti – spiega Massimo Maggio, consigliere delegato di Willis (44 miliardi di dollari di premi incassati nel mondo), responsabile arte – , senza divisioni specializzate nell'arte. Così quando si arriva a proteggere le collezioni non conoscono le technicality delle polizze per l'arte».
Quali sono? «Conoscere il valore della collezione (la gara di Milano appena conclusa in cui ha vinto Aon non stima il valore del patrimonio per esempio, Ndr) e identificare come sono dislocate le opere all'interno del Comune. Puoi conservare opere per un valore di 500 milioni dislocate per esempio in cinque palazzi, come Genova, uno custodisce un valore di 150 milioni, gli altri somme minori: è inutile sottoscrivere un polizza da 500 milioni (tranne in caso di terremoto), ne basta una da 150, un limite massimo di risarcimento pari al massimo contenuto nel palazzo con più alto valore. Insomma bisogna elaborare prodotti specifici, non rielaborare polizze per beni strumentali, attrezzature per arredi», conclude l'esperto di lunga data nella protezione di opere d'arte di Willis.
Ovvio pensare che sarebbe meglio rivolgersi a un broker del comparto arte, vista la delicatezza del bene (non rimpiazzabile). Spesso poi ci si protegge con un primo rischio che assicura una somma indipendentemente dall'ammontare del patrimonio, in tal caso la compagnia pagherà fino a un massimo della somma assicurata, senza applicazione della regola proporzionale. «Il ripetersi di furti e rapine nei musei pubblici – conclude Sedini – deve indurre a ricercare metodi di protezione antirapina per le collezioni». Esistono? «Contro le rapine bisogna cambiare schema: non bastano i soliti impianti d'allarme, ci sono sistemi con sensori dietro le opere o telecamere davanti che fanno scattare l'allarme quando vengono movimentate. Nei musei pubblici in Italia non ci sono ma in alcune collezioni corporate sì», conclude Sedini.
© Riproduzione riservata