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Filatelia, tutela estesa alle buste pubbliche

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Filatelia, tutela estesa alle buste pubbliche

Italia 1933 Crociera Nord Atlantica - Aerogramma con trittico Servizio di Stato con firme autografe di Italo Balbo e di tutti i piloti indirizzato «Al Colonnello Pilota Paolo Sbernadori Addetto Aeronautico presso la R. Ambasciata d'Italia a Washington»
Italia 1933 Crociera Nord Atlantica - Aerogramma con trittico Servizio di Stato con firme autografe di Italo Balbo e di tutti i piloti indirizzato «Al Colonnello Pilota Paolo Sbernadori Addetto Aeronautico presso la R. Ambasciata d'Italia a Washington»

La notizia bomba: “Chiunque maneggi pezzi di corrispondenza tra un privato e un ente pubblico, dal 1840 ad oggi, è perseguibile perché il materiale è proprietà dello Stato”. È la base di una sentenza depositata in cancelleria al Tribunale di Torino il 22 febbraio scorso a cura del giudice Roberto Arata che ha condannato un commerciante di francobolli di Rivoli, sequestrandogli l'intero stock in suo possesso. Non solo, ma nella stessa sentenza si specifica che: “la procedura di scarto non legittima la libera commercializzazione del beni scartati, ma al contrario i documenti scartati all'esito della procedura devono essere distrutti”. Una sentenza che discende dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 che ha stabilito il principio che i documenti appartenenti a un ente pubblico – Stato, regioni, enti territoriali, enti o istituti pubblici, compresi Stati ed enti dell'Italia preunitaria – sono “beni culturali inalienabili”. Ma già erano scaturiti molti dubbi interpretativi che il Ministero dei Beni Culturali riteneva di aver sciolto nell'ottobre 2013 con una circolare della Direzione generale per gli Archivi. La circolare stabilisce che: “semplici buste, affrancate con un francobollo e con l'annullo non possono essere considerati documenti meritevoli di tutela, a differenza dei documenti che contenevano e non se ne può presumere in via generale l'appartenenza al demanio pubblico”. Inoltre, può essere considerata necessaria una tutela soltanto di quei documenti che dovevano essere necessariamente conservati, come ad esempio atti legislativi, provvedimenti giurisprudenziali, contratti, per tutti gli altri occorre una prova che siano stati sottratti ad un archivio.
L'avvocato Giuseppe Calabi, esperto in materia di normativa di tutela di beni culturali, rileva come l'art. 54, comma 2, lettera c) del Codice dei Beni Culturali: “precisi che i documenti appartenenti al patrimonio inalienabile sono quelli dello Stato, degli altri enti pubblici territoriali e, in generale, di enti ed istituti pubblici (la norma non cita né gli enti ecclesiastici, né le fondazioni)”. Inoltre si pone comunque un problema di successione di leggi nel tempo prosegue: “se si intende contestare il diritto di proprietà privata di un documento (anche di un francobollo affrancato) precedente la formazione dello Stato italiano, occorre che si indichi in modo preciso quale legge di quale ordinamento sia rimasta in vigore dopo la creazione dello Stato unitario, in base a quale norma che ne abbia sancito la permanenza in vigore. Non si può semplicemente affermare che lo Stato unitario abbia incorporato tutte le normative in vigore da secoli negli Stati preunitari, che – pertanto – continuerebbero ad essere applicabili. Ragionando in questo modo, lo Stato italiano potrebbe rivendicare un bene originariamente appartenente ad un comune italiano del 1400 e nel corso dei secoli finito in mani private invocando la retroattività del demanio fino all'epoca della legislazione comunale”.

La filatelia non è sotto processo. La recente sentenza è girata velocemente portando sgomento tra collezionisti di francobolli e operatori del commercio filatelico che muove annualmente circa 120 milioni di euro. La notizia rischia di dare un messaggio sbagliato, cioè che: “tutta la filatelia sia stata condannata e con essa il francobollo, mentre invece è una piccola percentuale riferendosi solo alle buste spedite o ricevute da Enti pubblici, indipendentemente dal fatto che su queste buste siano state affrancate o no con un francobollo”.

Andiamo con ordine: innanzitutto non è chiaro come questi documenti sequestrati siano finiti nelle mani di un commerciante, comunque casi simili ce ne sono centinaia. L'interpretazione della legge è discutibile, spiega Sebastiano Cilio, presidente dell'ANPF (Associazione Nazionale Professionisti Filatelici”) che intende rasserenare gli animi degli operatori del mercato e inviare un messaggio alle autorità competenti, in primis il ministro Dario Franceschini.
“I filatelisti non devono avere timore, i francobolli non sono soggetti ad alcun provvedimento restrittivo” scrive in un comunicato intitolato “Il ministro Franceschini ci ascolti”. “Ci sentiamo in dovere di precisarlo vista la rassegna stampa di questi ultimissimi giorni. Ci rendiamo conto che spesso il nostro linguaggio è troppo tecnico, ma sui francobolli in quanto tali non pesa alcun problema di carattere giuridico” afferma il presidente dell'Associazione che rappresenta una realtà che accomuna 250 commercianti specializzati in tutta Italia servendo decine di migliaia di appassionati. “Il problema - non nuovo- verte invece sugli involucri, tipicamente le buste, indirizzate ad una realtà pubblica, come potrebbe essere un Comune. Spesso si dimentica quanto accadde dopo la Prima guerra mondiale: una normativa obbligò gli uffici pubblici a donare l'archivio cartaceo non più in uso alla Croce rossa, affinché , con la vendita, incassasse fondi per le proprie attività. Una scelta che oggi non si adotterebbe più, ma allora andò così. Ogni tanto si registrano casi di sequestro per tali oggetti, ignorando appunto il passato. Più volte il nostro settore ha chiesto al dicastero competente, quello che ora si occupa di Beni, attività culturali e turismo, un documento che chiarisse in modo definitivo la questione, ed è quanto ha domandato ancora adesso il presidente del Gruppo parlamentari amici della filatelia, Carlo Giovanardi, appellandosi direttamente al ministro Dario Franceschini. C'è ad esempio un documento dell'ufficio legislativo che fa capo allo stesso Mibact, datato 22 novembre 2012, che ci sembra sufficientemente chiaro. E dove -fra l'altro - si ribadisce che «in materia di documenti indirizzati a soggetti pubblici non possa ritenersi esistente, nell'ambito del nostro ordinamento, un generale principio di presunzione di appartenenza allo Stato o, comunque, di appartenenza alle pubbliche raccolte». Naturalmente, facendo nostra la richiesta del senatore, - conclude Cilio - restiamo a disposizione del ministro per confrontarci di nuovo sul tema ed arrivare ad un testo di riferimento che possa dirimere i dubbi in modo definitivo, permettendo ai filatelisti di coltivare serenamente la propria passione”. La notizia rimbalzata anche tra le case d’asta che seguono il comparto filatelico ha riscosso allerta: “La sentenza ha suscitato più clamore del dovuto - chiarisce Filippo Bolaffi, a.d. del Gruppo Bolaffi di Torino, che dal 1890 si occupa di filatelia, - il giudice ha seguito pedissequamente la teoria di alcuni soprintendenti secondo cui se un bene ha indirizzo pubblico, anche in mancanza di chiari segni di archivio e/o specifiche denunce di furto, sarebbe di proprietà pubblica. Tale bene però deve avere un contenuto, quindi le buste vuote, come chiaramente indicato da una circolare del Mibact, non sono contemplate. Si tratta di oggetti che rappresentano solo l'1% del nostro business”.

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