Pe qualificare l'offerta culturale nazionale tramite il riconoscimento dell'impresa culturale e creativa. La proposta di legge “Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative” è stata presentata a Montecitorio da Irene Manzi, deputata Pd segretario della Commissione Cultura della Camera dopo un lungo iter di modifiche.
L'attuale testo di legge, tuttavia, affonda le proprie radici in una serie di riflessioni nate in ambito europeo sulla definizione di Industrie Culturali e Creative (ICC) - primo fra tutti, il Libro Verde della Commissione Europea del 2010 elaborato nell'ambito della strategia “Europa 2020”. Nel 2013, con la Risoluzione Parlamentare “Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita economica e l'occupazione” e la costituzione del programma operativo Europa Creativa, l'Europa ridefinisce i settori culturali e creativi come “tutti i settori le cui attività si basano su valori culturali e/o espressioni artistiche e altre espressioni creative indipendentemente dal fatto che queste attività siano orientate al mercato, indipendentemente dal tipo di struttura che le realizza, e indipendentemente dalle modalità di finanziamento di tale struttura. Queste attività comprendono lo sviluppo, la creazione, la produzione, la diffusione e la conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative, nonché funzioni correlate quali l'istruzione o la gestione. I settori in questione comprendono, tra l'altro, l'architettura, gli archivi, le biblioteche e i musei, l'artigianato artistico, gli audiovisivi (compresi i film, la televisione, i videogiochi e i contenuti multimediali), il patrimonio culturale materiale e immateriale, il design, i festival, la musica, la letteratura, le arti dello spettacolo, l'editoria, la radio e le arti visive”.
A tale riflessione si sono aggiunte negli ultimi anni numerose analisi sull'impatto economico, oltre che sociale e culturale, che il sistema culturale e creativo è in grado di produrre. Ricordiamo che in Italia, secondo l'ultimo Rapporto Symbola, il sistema culturale e creativo produce il 6,1% della ricchezza nazionale, pari a circa 89,7 miliardi di euro a cui va aggiunto l'ulteriore effetto moltiplicatore che esso è in grado di produrre sul resto dell'economia per un totale complessivo di 249,8 miliardi di euro. Il testo della nuova legge, infatti, è anche frutto del confronto congiunto tra il pubblico (Anci, Regione Lazio, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Ministero dello Sviluppo Economico, Tavolo di Europa Creativa) e il mondo degli operatori della cultura come Unioncamere /, Symbola http:/, Federculture, Fondazione Fitzcarraldo, fondazioni bancarie e tanti altri partner dei soggetti che fanno impresa culturale.
L'iter. Inizialmente, la proposta di legge si poneva come obiettivo l'individuazione di una nuova categoria di start-up assegnando ad essa specifici incentivi e prevedeva modifiche al testo unico della finanza (D.Lgs n. 58/1998) volte a disciplinare normativamente il fenomeno del crowdfunding; a seguito di vari confronti, la Commissione Bilancio ha eliminato tutta la parte sugli incentivi e agevolazioni. Si tratta di un passo indietro che è stato necessariamente accolto dai sostenitori della proposta per non disperdere il lungo lavoro condotto dal marzo 2016. Dice la deputata Manzi: “avremmo potuto difendere la purezza del testo originario condannandolo però a non giungere mai in quest'Aula o, come abbiamo fatto, accettare comunque la sfida che ci eravamo posti: quella di introdurre nell'ordinamento italiano una definizione giuridica dell'impresa culturale e creativa e di prevedere adeguate forme di sostegno”.
Il nuovo testo di legge, quindi, stabilisce innanzitutto quali sono i requisiti necessari affinché un'impresa possa essere qualificata come culturale e creativa e possa iscriversi nell'elenco tenuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Si tratta di:
•avere per oggetto sociale esclusivo o prevalente l'ideazione la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati. Ai sensi dell'art. 2 del D.lgs. n. 42/2004, il patrimonio culturale italiano è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici;
•avere la sede in Italia, ovvero in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, purché si abbia una sede produttiva, una unità locale o una filiale in Italia;
•svolgere un'attività stabile e continuativa.
Il testo, inoltre, garantisce come misura di agevolazione, la possibilità di chiedere la concessione di beni demaniali dismessi (in particolare caserme e scuole militari inutilizzabili) previo bando pubblico; si tratta di una previsione finalizzata alla costituzione di studi di giovani artisti che ancora non ha trovato piena attuazione.
Ovviamente, c'è ancora molto da fare, ma l'approvazione di questa legge rappresenterebbe un primo passo per portare alla luce un universo di pratiche ancora poco conosciute e, attraverso il riconoscimento giuridico, disciplinare e dare solidità a un settore così complesso ma con grandi possibilità di sviluppo.
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