Partiamo dai fatti. All'inizio della scorsa settimana la prima bozza della Legge di bilancio conteneva un paio di interventi di impatto sul mercato dell'arte e in cui, tra l'altro si prefigurava la tassazione delle plusvalenze maturate nelle cessioni di opere d'arte tra privati oltre che alla riduzione dell'aliquota Iva sull'importazione delle opere e sulle vendita da parte degli autori e dei suoi eredi. La prima parte, quella interpretativa dell'art. 67.1.i del TUIR ha gettato immediatamente nel panico collezionisti e operatori di un settore che ha visto il frangente come un assalto alla diligenza. Nella seconda bozza di articolato a metà settimana tutto questo è scomparso. Sempre in settimana il dibattito si è aperto, in modo anche acceso in alcune circostanze. ArtEconomy24 ha chiesto a Franco Broccardi, dottore commercialista esperto di fiscalità dell'arte, partner BBS-Lombard e membro del gruppo di lavoro Economia e Cultura presso il CNDCEC, da dove bisogna ripartire: “Al di là del fatto che parlare di questa proposta specifica è quindi un po' parlare del nulla, visto che al momento non c'è contezza di un nuovo intervento e che la proposta poi ritirata è sembrata raffazzonata, mal scritta e forse in alcuni suoi aspetti perfino illegittima, rimane un punto fondamentale su cui probabilmente sarebbe ora di soffermarsi seriamente: la mancanza di un sistema e di norme che regolino con certezza un mercato grande e fragile e che meriterebbe, date le potenzialità non ancora espresse se non addirittura represse, certezze normative e agevolazioni mirate.
Oggi le cessioni di opere d'arte tra privati sono sottoposte a tassazione?
Il tutto parte da una confusione sulle leggi in cui gli aspetti discrezionali, oltre che una certa dose di sordità selettiva sulle norme, hanno fatto credere che le cessioni di opere d'arte tra privati siano una sorta di prateria in cui correre felici senza il giogo fiscale a frenarci. Ma non è esattamente così. Proprio l'assenza di norme in un campo in cui non è vero che non esiste materia imponibile tout court lascia mano libera alle interpretazioni, al sospetto, a tutto quel modo deleterio di gestire le questioni fiscali. Il dibattito feroce emerso in questi giorni dimostra come il settore necessiti, per la sua crescita, di una riflessione sulle norme e sulla creazione di un sistema coordinato e ispirato alla crescita.
Cosa sarebbe necessario fare?
In particolare, nella creazione di un quadro normativo chiaro a cui dovranno contribuire gli Ordini dei Commercialisti e quello degli Avvocati, il MIBACT e l'Agenzia delle Entrate dovrebbero avere a cuore già alcuni punti entro cui gli operatori del settore possano agire con certezza.
Quali?
La tassazione delle plusvalenze, eventualmente con un metodo di calcolo forfettario e comunque non penalizzante e che abbia ben chiaro il messaggio dell'art 9 della Costituzione, avendo cura di ricomprendere nel quadro anche le minusvalenze in cui collezionisti non poco frequentemente incorrono; agevolazioni per le opere sulle quali abbia manifestato la dichiarazione di interesse bloccandone l'esportazione; un'eventuale detassazione delle plusvalenze reinvestite in altre opere al fine di creare un volano e un incentivo al mercato; un meccanismo premiante per i prestiti destinati a una fruizione pubblica mentre oggi questo è, al contrario, visto dall'Agenzia delle
Entrate come uno dei fattori di valorizzazione che fa presumere un'attività
commerciale ancorché occasionale in caso di rivendita successiva.
E l'Iva?
L'eterna richiesta di diminuzione dell'aliquota Iva sull'importazione delle opere (apparsa fugacemente nella bozza di legge di bilancio) così come una riflessione sulle aliquote sulle operazioni ordinarie che rendono l'Italia un paese
certamente poco attrattivo nel panorama internazionale. Il dibattito è aperto e i tempi stretti.
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