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La modernità Medardo Rosso raccontata da Sharon Hecker

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La modernità Medardo Rosso raccontata da Sharon Hecker

Medardo Rosso. Impression d’omnibus, 1884-1887, low
Medardo Rosso. Impression d’omnibus, 1884-1887, low

“A me, nell'arte, interessa soprattutto far dimenticare la materia”. Se non avessimo nella nostra mente una limpida immagine delle sculture di Medardo Rosso (Torino, 1859 - Milano, 1928), le parole da lui pronunciate, da sole, basterebbero a formarci un'idea del suo lavoro e della sua ricerca. Nella più antica fotografia giunta sino a noi dell'atelier milanese dello scultore, datata 1883, troviamo allineate su basi e plinti di altezze diverse, alcuni dei soggetti più celebri delle sue sculture, realizzati in materiali vari come il bronzo il gesso e la cera. Si tratta di figure umili e anti-eroiche, prese dalla “vie moderne”, o, più precisamente, dalla vita di tutti i giorni, dai cui trapelano stati d'animo, passeggeri e fugaci, che lasciano traccia nell'espressione dei volti. Ecco che a colpo d'occhio riconosciamo in questa fumosa immagine in bianco e nero, scattata dall'artista stesso, le forme sfocate e sfaldate dell'”Allucinato” (1881), della “Ruffiana” (1883) , del “Birichino” (1882) e della “Portinaia” (1883-1884).

Medardo nacque a Torno il 21 giugno 1858, alla vigilia dell'Unità d'Italia. All'età di 18 anni, nel 1877, si trasferì nella moderna e progressista Milano insieme alla fami-glia, dove avrà modo di entrare in contatto con l'ambiente della Scapigliatura.

Ma il capoluogo lombardo presto gli andrà stretto e come molti artisti geniali, refrat-tari alle regole e alle convenzioni, cercherà nel milieu culturale bohémien parigino la via per affermarsi, attraverso lavori sempre più innovativi, caratterizzati da forme sfaldate, evanescenti, frutto delle ricerche sull'impressione ottica e sugli effetti della luce sulle superfici scultoree, che lo porteranno ad essere riconosciuto nei primi anni del Novecento come il padre della scultura moderna.

Lavorando su piccola scala, Rosso renderà la più statica e pesante delle arti un pro-dotto facilmente trasportabile. Plasmando teste minute e piccole, arrivando addirittura a modellare e fondere le proprie sculture con tecniche impressionistiche persino più estreme di quelle di Auguste Rodin, Medardo Rosso diventerà il punto di riferimento di grandi maestri come Umberto Boccioni, influenzando anche la generazione di ar-tisti del secondo dopoguerra come Luciano Fabro, Giuseppe Penone, Marisa Merz e Giovanni Anselmo.

Oggi le sculture di Rosso trovano spazio in oltre cento musei e collezioni di tutto il mondo.ArtEconomy24 ha intervistato Sharon Hecker , una delle massime esperte di Medardo Rosso, spe-cializzata in storia dell'arte italiana moderna e contemporanea, autrice del saggio fre-sco di stampa intitolato “Un monumento al momento. Medardo Rosso e le origini della scultura contemporanea” (Johan & Levi editore ), che permette al lettore di en-trare in modo esclusivo nella vivo del contesto artistico internazionale in cui ha ope-rato questo maestro cosmopolita, e affacciarsi sulla soglia del suo atelier, osservando-lo al lavoro.

Quali caratteristiche rendono l'opera di Medardo Rosso così moderna tanto che ancora oggi molti artisti contemporanei riconoscono in lui un precursore?

Rosso ha anticipato numerosi aspetti dell'arte moderna e contemporanea, soprattutto nel suo approccio aperto e sperimentale. E' stato il primo scultore a contestare i pilastri tradizionali della scultura, fino a quel momento eroica, isolata e atemporale.

Grazie a Rosso, la scultura diventerà anche non-monumentale, non-eroica, non-isolata, messa in relazione con la luce e lo spazio che la circonda e in relazione con il tempo. Cosi Rosso ha aperto la porta agli altri come Henry Moore e Tony Cragg. Nel suo modo radicale di ripensare la superficie liscia e perfetta della scultura, Rosso ha anticipato numerosi scultori come Giacometti, Cragg e Penone; anni prima di Pol-lock e l'Action Painting, Rosso faceva delle performance mostrando la fusione dei bronzi. L'intensità del carico emotivo e psicologico dei suoi soggetti si troveranno nelle testine di Marisa Merz. La scelta bizzarra di Rosso di collocare nel 1904 le sue opere nelle sale d'esposizione che era dedicate ad altri artisti, o di creare delle ripro-duzioni di sculture famose del passato firmate anche con il suo nome, dovrebbero es-sere lette come strategie concettuali innovative che mettono in questione la nozione di autore e d'identità, anticipando cosi Duchamp e persino le appropriazioni del passato di Cindy Sherman.

La scultura intitolata “Madame X”(1896), realizzata in cera e gesso, dalla for-ma pura ed essenziale, donata nel 1914 dallo stesso scultore alla Galleria d'arte Internazionale di Cà Pesaro, sembra aver anticipato i lavori di Costantin Bran-cusi come “Sleeping muse” del 1908-1909.

Per quanto riguarda “Madame X”, la questione delle date è affascinante e complessa: è probabile che “Madame X” anticipasse “Sleeping Muse” di Brancusi, ma è difficile dimostrare questo fatto perché Rosso non ha mai esposto l'opera prima del 1914, e in quel momento fornisce la data “1896”. E' interessante notare che l'opera di Brancu-si, “Sleeping Muse”, era stata creata nel 1908-09 ed esposta proprio un anno prima dell'opera di Rosso, nel 1913, all'Armory Show. Rosso tendeva a dare date diverse per le stesse opere, con un atteggiamento che richiama il suo senso della fluidità del tempo. Sappiamo che Brancusi aveva visto altre opere di Rosso esposte quando arrivò a Parigi nel 1904, e che le sue prime opere parigine assomigliavano molto alle sculture di Rosso. Penso che non ci sia solo un'anticipazione dell'arte del futuro in “Madame X” ma anche un richiamo al passato — all'arte cicladica, per esempio. Questo mostra come Rosso si muovesse agevolmente indietro e avanti nel tempo, dalle origini dell'arte verso il suo futuro.

Cosa ha portato Medardo Rosso ad ideare sculture spezzate, sfaldate, quasi de-materializzate?

C'è qualcosa di estremamente moderno e contemporaneo ma anche molto antico nelle sue opere frammentate. In uno studio recente pubblicato dalla Fondazione Pulitzer, analizzo il fatto che la fusione del suo “Birichino“ a Torino, per esempio, è solo una maschera. Sembra un coccio archeologico o un detrito scavato, un oggetto che non presenta informazioni complete sulle sue origini o la sua storia, lasciando la possibilità allo spettatore di completarlo con la sua immagi-nazione. Nell' «Enfant au sein», ritratto di una madre che allatta la figlia, Rosso taglia via in modo radicale la testa della madre, ispirando sicuramente Henry Moore per il suo “Suckling Child” (1927). L'opera di Rosso non è più un'immagine sentimentale. Il frammento senza la testa della madre diventa interamente l'esperienza della bam-bina e l'opera acquisisce una qualità quasi astratta come massa materiale amorfa.

Il suo libro è ricco di affascinati e suggestive fotografie scattate dallo stesso scul-tore. Quale ruolo ha avuto la fotografia nel lavoro dell'artista?

La fotografia certamente ha giocato un ruolo importante nel suo processo creativo. Rosso fotografava le sue opere in modo ossessivo, rielaborandole in modi diversi: sfocando, ruotando, tagliando…Luciano Fabro scrive che queste foto appartengono al lavoro difficile dell'atto di guardare che fa parte dell'operato di Rosso. Nonostante l'idea di Rosso di catturare qualcosa in una veloce “impressione” o sguardo, le sue opere in realtà sono frutto di uno sforzo enorme che richiede molta deliberazione.

Rosso non dichiarava le sue fonti di inspirazione. In un capitolo del suo libro viene sottolineata proprio l'impossibilità di definire e classificare lo stile dello scultore. Cosa rende l'artista sfuggente ancora oggi ad ogni tentativo di inqua-dramento?

Questo è precisamente il motivo per cui credo che l'arte di Rosso sia così interessante e così difficile: lui stesso si rifiutò di permettere che la sua arte venisse catturata da un movimento o uno stile unico. Questo gli ha permesso di dare alla sua arte una mo-bilità concettuale veramente innovativa ma allo stesso tempo frustrante per gli studio-si e i curatori che vorrebbero categorizzarlo. Ogni volta che una corrente provava a includerlo — come gli scapigliati o i futuristi — lui negava con veemenza ogni lega-me. Sembrava voler tenere tutto poco fisso, infatti le sue opere riflettono scapigliatu-ra, realismo, impressionismo, simbolismo...e il suo sviluppo artistico mi sembra tutt'altro che lineare. Alla fine Rosso manteneva una posizione transnazionale e cre-deva nel valore dell'umano sopra ogni identificazione nazionale.

La cera per la sua malleabilità è stata utilizzata da sempre dagli artisti. In passato, nel Rinascimento, venne adoperata come medium per la creazione di ritratti. Medardo Rosso la utilizza per via degli effetti che la luce produce sulle superfici sfaldate delle sue sculture. Cosa ha rappresentato questo materiale per il nostro scultore?

Anche se si pensava una volta che Rosso abbia modellato a mano le sue opere, nel 2004 in uno studio con Harvard University, abbiamo dimostrato che non le ha mai modellate: ha fuso le sue sculture in modo seriale sciogliendo la cera e versandola in stampi di gelatina. Quindi non era interessato alla tecnica tradizionale di modellare la cera come nel Rinascimento. Piuttosto era interessato alle modalità con cui lo spetta-tore può percepire le sue cere. (Ne abbiamo discusso con esperti di cera in questo convegno recente: https://www.waxmodellinglondon2017.com).

Ancora oggi diversi artisti contemporanei come Maurizio Cattelan, Bruce Nau-man, Urs Fischer e Berlinde De Bruyckere fanno uso della cera.

Negli ultimi decenni c'è stata una notevole espansione nel linguaggio artistico della cera e nelle sue possibilità espressive. Infatti, come lei nota, c'è una strana transizione dal ruolo tradizionale della cera come materiale per la modellatura meticolosa e il modo più fluido e flessibile con cui viene usata oggi. Penso che nei tempi di Rosso, due tendenze diverse siano emerse con la nascita della scultura moderna alla fine dell'Ottocento: una è iniziata con Degas, con la sua “Piccola ballerina di 14 anni”, esposta nella mostra dell'Impressionismo nel 1881. Degas ha utilizzato il linguaggio tradizionale dell'iperrealismo della cera, ma l'ha trasformato esponendo l'opera in modo audace, in un luogo di arte dell'avanguardia. Questo filone ha portato a opere di oggi come “Long-Haired Cheese” di Gober, l'”Hitler” o il “Papa” di Cattelan (“La Nona ora”). L'altro filone fu utilizzo da Rosso che ha rivoluzionato il modo in cui la cera viene usata e compresa. Anziché promuovere le qualità iperrealistiche, ha speri-mentato l'identità fenomenologica della cera, sfruttandone il potenziale fluido, duttile, mobile e trasformativo, evocandone quindi una risposta poetica nuova nello spet-tatore. Possiamo vedere come questa idea sia stata rielaborata da Beuys, Mario e Ma-risa Merz, Kounellis, come pure in Wolfgang Lai, Anish Kapoor e nella scultura in cera da Urs Fischer della Biennale di qualche anno fa, che letteralmente si scioglie davanti allo spettatore. L'utilizzo della cera di Rosso è molto complesso, quindi—nella sua epoca poteva essere facilmente identificata con la parola “impressione” per-ché ha permesso allo spettatore di immaginare (erroneamente) la mano che affonda nel materiale morbido per formarla. Poteva in realtà anche ricordare le qualità fluide e sognanti del simbolismo, e anche il realismo, come le cere iperrealistiche di Madame Tussauds.

Nel suo saggio scrive che Medardo era solito cambiare i titoli delle sue opere, dando talvolta datazione diverse per le stesse opere. Questo può aver anche creato confusione nel collezionismo delle sue opere?

All'epoca di Rosso, date e titoli fissi avevano meno importanza per i collezionisti. Gli studi recenti dimostrano che il bisogno di stabilire titoli e date nell'arte è iniziato con la crescita del mercato d'arte e la circolazione delle opere, che richiedevano delle eti-chette precise. La questione di quale data e quale titolo mettere diventa sempre un enorme problema quando si fa una mostra su Rosso! Io credo che anche qui, però, Rosso è stato concettualmente molto avanzato: cambiando leggermente date e titoli—ha anche cambiato lingue per i suoi titoli e mescolato lingue e dialetti nei suoi scritti — le sue opere continuano a spostarsi e muoversi — permettendo all'artista di giocare continuamente con concetti di tempo, di spazio e di appartenenza nazionale, tenendo le opere mobili e fluide anche in quel modo. Mi meraviglia sempre l'attenzione che Rosso dedicava a riaggiustare le date e i titoli ogni volta che presentava un'opera in un nuovo contesto.

Lei in un suo studio ha trattato il caso che ha coinvolto la Tate di Londra. Il museo inglese nel 1996, dieci anni dopo l'acquisto, scoprì che la scultura “Grande rieuse” (1891/92) non venne creata mentre l'artista era ancora in vita, ma prodotta successivamente dal figlio dello scultore, Francesco. Tenuto conto anche dei valori di aggiudicazione che le opere di Medardo Rosso hanno rag-giunto nelle aste internazionali, come è possibile stabilire se un'opera è stata creata direttamente dall'artista o se si tratta di una posthumous cast?

La questione delle fusioni postume — quello che ho chiamato in un saggio recente “l'afterlife della scultura” — è una delle più complesse e interessanti per gli studiosi. Si pone comunque una questione diversa per la scultura rispetto alla pittura, dove possiamo dire solo “vero” o “falso”, o fatto dalla mano dell'artista o no, perché le fu-sioni possono essere riprodotte da una fonderia utilizzando i modelli creati dell'artista anche dopo la sua morte. Ogni scultore è diverso e bisogna considerare i casi uno per uno. Nel caso di Rosso, ha fuso molte delle sue opere personalmente, ma ha anche autorizzato delle fusioni postume fatte da altri e ci sono delle fusioni che non erano autorizzate. La parola “postuma” è menzionata raramente senza disagio.

Parole come ‘qualità', ‘originalità' e ‘autenticità' comportano un giudizio di valore. Devono essere definite in modo più cauto, con più nuance. Questo è un problema enorme per la storia dell'arte, il mercato e persino la legge — abbiamo bisogno di nuovi modi per pensare, lavorare ed etichettare questi oggetti, parole che descrivano che cosa sono e in quale modo si distinguono da fusioni fatte durante la vita dell'artista. Sto organizzando un convegno sulle fusioni postume nella scultura in collaborazione con la Catalogue Raisonné Scholars Association che si terrà a New York a maggio, dove coinvolgeremo studiosi di scultura moderna e contemporanea, mercanti, case d'aste, collezionisti, artisti e avvocati dell'arte. Speriamo che vengano elaborate nuove idee sull'argomento.

Importanti musei e gallerie straniere in questi ultimi anni hanno dedicato mostre ed esposizioni allo scultore torinese. Anche il mercato delle opere dell'artista sembra in ascesa. A settembre a New York, Sotheby's ha venduto una scultura da tavolo in cera e gesso, “Enfant Juif”, concepita nel 1893 e prodotta nel 1923, per 250mila dollari rispetto alla valutazione di 80mila -120mila. Nel 2016, invece, un'”Enfant jiuf”, que-sta volta in bronzo, con una tiratura di 6 esemplari, è stato aggiudicato dalla casa d'aste Sant'Agostino per 390mila euro: un buon prezzo di realizzo, anche se sotto la stima, probabilmente eccessiva indicata in catalogo di 400-600mila.

Dott.ssa Hecker, in qualità di esperta dello scultore e curatrice di mostre le è ca-pitato di imbattersi in opere contraffatte? Esiste un catalogo ragionato affidabile dello scultore?

Si, ho visto dei falsi — per esempio, delle opere realizzate in materiali che non sem-brano quelli utilizzati da Rosso, oppure dove la forma della fusione non corrisponde ai suoi modelli. C'è un catalogo ragionato, un contributo importante, pubblicato nel 2009.

Come possono difendersi i collezionisti? Quale consiglio possiamo dare?

I collezionisti cercano certezze, spesso hanno difficoltà ad accettare che la storia dell'arte, come la scienza, sia una disciplina fluida e organica. Le opinioni e decisioni sull'attribuzione e sull'autenticità non sono sempre certezze assolute. Il motto oggi è “caveat emptor”, il compratore stia in guardia! Come ogni oggetto d'arte sul merca-to, la chiave è un'attenta “due diligente”. Per analizzare a fondo la questione, ho con-dotto uno studio con un'equipe di storici dell'arte, conservatori, conservation scien-tists, ed esperti della storia della tecnica della scultura su numerose fusioni dello stes-so soggetto di Rosso, “Bambino ebreo”. Abbiamo preso dei campioni di cera per iniziare a creare un database, e abbiamo utilizzato la scannerizzazione 3D per creare uno studio comparativo delle forme di ogni fusione. È un primo passo che potrà essere aggiornato nel tempo. E' impor-tante che chi compra le opere di Rosso sia educato ai suoi processi. La rac-comandazione di oggi per i collezionisti è il metodo dello “sgabello con 3 gambe”: i collezionisti dovrebbero ricevere (a) gli esiti di uno studio stilistico comparativo ragionato con delle prove dimostrabili; (b) risultati di prove scientifiche, e (c) una ricerca sulla catena di provenienza dell'opera fino all'artista, accompagnata da almeno una prova esterna verificabile, come, quando possibile, un documento risalente alla vita dell'artista. Ma anche se un compratore segue tutti questi passaggi, vale la pena ricordare che gli storici dell'arte possono cambiare idea nel tempo, con l'emergere di nuovi dati, o per il fatto che le prove che sembravano affidabili non necessariamente portano sempre alle certezze assolute.

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