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ADR e Arte: caso Indiana, il giudice dice sì all’arbitrato

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ADR e Arte: caso Indiana, il giudice dice sì all’arbitrato

Inverno 1971, la scultura di Robert Indiana viene posizionata tra la Fifith Avenue e la sessantesima strada
Inverno 1971, la scultura di Robert Indiana viene posizionata tra la Fifith Avenue e la sessantesima strada

Mentre in Europa ci si interroga sul ruolo dell'arbitrato nelle controversie aventi ad oggetto beni d'arte, la battaglia legale sulle spoglie dell'artista PopRobert Indianaautore della scultura “LOVE” si trova davanti ad un bivio e potrebbe essere trasferita in sede arbitrale (Alternative Dispute Resolution, ADR). A contendersi un'eredità di decine di milioni di dollari in opere d'arte e proprietà sono la Morgan Art Foundation (MAF), che nel maggio scorso ha intentato un procedimento legale contro il beneficiario istituito dal testamento, Jamie Thomas e l'American Image Art(AIA) di Michael McKenzie, per contraffazione e conseguente commercio di opere contraffatte, e contro James W. Brannan, legale rappresentante del patrimonio del defunto Robert Indiana, per la proprietà di alcuni diritti d'autore. A sua volta l'AIA avrebbe agito con un'azione di accertamento della proprietà dei diritti controversi e conseguente ingiustificato arricchimento (royalties non pagate) contro Brannan.

L'AIA sostiene, infatti, che con un contratto stipulato con Indiana nel 2008 gli venivano ceduti i diritti d'autore e di riproduzione di specifiche opere dell'artista. Se tale domanda, pregiudiziale rispetto alla domanda principale, venisse accolta con relativo accertamento della titolarità dei diritti d'autore in capo a Thomas e Brannan verrebbe conseguentemente meno anche la pretesa di parte attrice, MAF.
Chi sono le parti? La parte attrice MAF, rappresentata in giudizio dall'avvocato Luke Nikas, dello studio Quinn Emanuel, (uno dei fondatori della Court of Arbitration for Art istituita presso la Corte arbitrale de L'Aja) dagli anni ’90 è impegnata nella tutela e promozione dell'immagine di Indiana, mediante una strategia di “educazione” del mercato che prevedeva il coinvolgimento dei grandi musei. A tal fine, nel 1999, Indiana ha ceduto i diritti d'autore e i diritti di sfruttamento dei propri marchi a MAF in cambio del 50% del reddito netto ricevuto dalla riproduzione, promozione e vendita delle opere. In forza di tale accordo MAF ha promosso la retrospettiva dell'artista: “Robert Indiana: Beyond Love” al Whitney Museum (2013) con conseguente incremento delle quotazioni dell'artista e del valore delle royalties pagabili.
I convenuti sono Jamie L. Thomas, rappresentato dall'avvocato Susan Kohlman, fido collaboratore di Indiana, del quale si è preso cura negli ultimi anni della sua vita trascorsi in eremitaggio nella remota isola di Vinalhaven (Maine, US) e l'American Image Art (AIA) di Michael McKenzie, che si è occupata della riproduzione delle opere dietro ordine di Thomas.
Tra i convenuti in giudizio figura anche il rappresentante legale del patrimonio di Indiana, James Brannan, difeso in giudizio da Dennis Tracey di Hogan Lovells.

La vicenda processuale. Nel corso dell'udienza di comparizione delle parti davanti alla Southern District Court di New York, il 23 luglio scorso, i convenuti si sono opposti alle domande di parte attrice e hanno agito per ottenere il mancato pagamento delle royalties spettanti in relazione alla vendita di alcune opere di Indiana.
Quando la giurisdizione della corte newyorchese sembrava ormai stabilita, il procedimento ha preso una piega inattesa. Il 7 settembre, James Brannan per l'eredità, ha sollevato un'eccezione di arbitrato in forza di una clausola compromissoria, contenuta nel contratto sottoscritto dalle parti nel 2008 e scoperta solo successivamente all'avvio del procedimento quando è stata rinvenuta una versione completamente leggibile del contratto.
Rilevata la mancata opposizione da parte di AIA, ed in ossequio al tradizionale favor della giurisprudenza statunitense per l'arbitrato (“Federal policy favors dispute resolution by arbitration”), il giudice Analisa Torres, con ordinanza del 9 ottobre scorso, ha rimesso le parti davanti agli arbitri e ha sospeso il procedimento giudiziale limitatamente alle domande pendenti tra Brannan e AIA. Il giudice si è, invece, riservato sulla seconda questione, relativa all'estensione della medesima clausola compromissoria alla domanda principale avanzata da MAF nei confronti di tutte le controparti.
La mancata contestazione di AIA all'eccezione di arbitrato, pur destando qualche perplessità, è un indice del crescente interesse del mondo dell'arte per il procedimento arbitrale. Necessità di risolvere rapidamente controversie tipicamente internazionali prevenendo la formazione di giudicati contrastanti; elevata specializzazione richiesta agli addetti ai lavori; esigenze di confidenzialità e riservatezza a tutela del mantenimento delle buone relazioni tra le parti; ampia discrezionalità nell'individuazione della sede e della legge applicabile; facilità di circolazione ed esecuzione della decisione: sono questi i tradizionali vantaggi dell'arbitrato internazionale che sembrano tagliati su misura per le esigenze del mondo dell'arte.

Per gli operatori del settore questa non è una novità, come dimostrano i numerosi eventi organizzati in materia per la sensibilizzazione del mondo dell'arbitrato alle tematiche dell'arte. Tra i più recenti si segnalano la conferenza internazionale Art & Alternative Dispute tenutasi a Roma lo scorso 12 ottobre, organizzata dalla Associazione Italiana per l'Arbitrato e dalGerman Arbitration Institute (DIS) e la conferenza del ciclo “Arte e Diritto”, sul tema “Privati, istituzioni ed imprese nell'arte” organizzata dalla Camera Arbitrale di Venezia, lo scorso 19 ottobre.

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