Quando il martello di Jussi Pylkkänen, Christie's Global President, è sceso su 90.312.500 dollari con il “Ritratto di artista” di David Hockney si è liquefatto anche il primato di Jeff Koons. Dal 2013, quando “Ballon Dog” venne battuto per 58,4 milioni di dollari, fino ad oggi, Jeff Koons è stato l'indiscusso artista vivente più costoso della storia. Mentre il mondo dell'arte si volta ad osservare il grande sconfitto dell'asta di giovedì 15 novembre, Koons sembra impegnato in ben altre questioni. Jeff Koons, definito dagli avvocati dell'arte newyorchesi “una vera gioia” per tutte le succulente questioni giuridiche che è capace di far insorgere, negli ultimi anni sembra rimbalzare da un'aula di tribunale all'altra.
La giustizia. L'ultima sconfitta risale alla scorsa settimana e riguarda l'opera “Fait D'Hiver“ (valore 4.297.000 dollari nel 2007), che è - a detta dell'avvocato di controparte - una “imitazione servile” della famosa
campagna pubblicitaria di Franck Davidovici per il marchio di abbigliamento Naf-Naf. La condanna per il plagio chiude la contesa giudiziaria che andava avanti dal 2014, ma “Fait D'Hiver” non è l'unica opera
della serie “Banality” ad aver trascinato Koons in tribunale.
Il ciclo “Banality”, del 1988, è una critica alla mancanza di originalità delle opere d'arte contemporanee: è l'ammissione
di colpa di un artista annoiato e consapevole che non sarà capace di produrre nulla che non sia già stato creato e quindi
si appropria dell'altrui. Ad ispirare l'artista di “Ballon Dog” sarebbe stato un lungo viaggio in Europa nel corso del quale
Koons ha raccolto le giuste “ispirazioni” per le sue opere banali. E in tutti questi anni sembra che l'artista non abbia fatto
altro che attendere l'ennesima disputa legale non appena la fonte di “ispirazione” veniva svelata. Dopo la condanna di plagio
per “String of Puppies” (in tre copie, valore 367.000, dollari 1988), caso di scuola, costata a Koons 375.000 dollari di risarcimenti compensatori
e 2,5 milioni di dollari di danni punitivi, Koons ha deciso di risolvere in via stragiudiziale le successive tre dispute che
riguardavano altrettante tre opere della serie: “Wild Boy and Puppy” (valore 1.875.750 dollari, 2001) e “Pink Panther” (valore 16.882.500 dollari, 2011), per l'uso non consentito delle immagini, rispettivamente, di Odie di Garfield e la Pantera
Rosa e Ushering in “Banality“ (valore 1875.750 dollari, 2001) contro la fotografa Barbara Campbell.
La condanna per Naked” (valore 5.765.000 dollari, 2016), la statuetta in porcellana ritraente due bambini, anch'essa parte della serie “Banality”,
che copia la fotografia “Enfants” del 1975 dall'artista francese Jean-François Bauret, è arrivata lo scorso anno da parte del giudice francese.
Fanno da corollario ai casi di diritto d'autore, cause di altro genere che vedono coinvolto l'artista americano per ritardi
nella produzione (Koons ha fama di essere un maniaco della precisione). Dall'aprile scorso Jeff Koons e Larry Gagosian (titolare della galleria Gagosian) sono stati citati in giudizio dal collezionista, Steven Tananbaum, chief investment officer del GoldenTree Asset Management LP, per ritardi e mancata consegna di tre sculture per cui erano già state versate caparra e saldo.
Erede del ready-made. Da un artista imprevedibile come Koons ci si aspetterebbe che tutti questi viaggi in tribunale siano in fin dei conti voluti, come una forma di pubblicità, anche a danno della sua produzione. I giudici anno dopo anno sembrano più inclini a comprendere le esigenze del post-modernismo, figlio del ready-made che si incentra sul dogma dell'appropriazione del “già prodotto”. Nonostante i giudici americani ripetano a sé stessi, come un mantra, le parole del giudice Oliver Holmes per cui sarebbe pericolosissimo per persone educate unicamente al diritto esprimere giudizi estetici su opere d'arte, continuano a prendersela con Jeff Koons, che si presenta ai loro occhi più come un uomo d'affari di Wall Street (dove peraltro ha lavorato per sei anni!) che come un artista. La vittoria di Jeff Koons in Blanch v. Koons dell'ottobre del 2006 (per “un paio di piedi” copiati alla pubblicitaria Andrea Blanch e riprodotti in “Niagara” ) sembrava aver invertito il trend giudiziario ostile all'artista, ma con la sconfitta della scorsa settimana la testa di Jeff Koons torna ad essere una di quelle più volute sul piatto dalla giustizia americana e francese.
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