Aumentano i visitatori dei musei del 7,7% nel 2017 sul 2015, con 27mila presenze in media per ciascuna struttura espositiva. Le città più visitate sono Roma e Firenze, le regioni con il maggior numero di strutture museali (statali, non statali e private) sono Toscana, Emilia Romagna e Lombardia. A fronte della grande attrazione delle nostre istituzioni, soprattutto dei musei di arte antica, calano però gli operatori per numero di visitatori: riducendosi a uno ogni 3.106 visitatori nel 2017 rispetto a uno ogni 2.400 nel 2015. Il Report Istat “I musei, le aree archeologiche e i monumenti in Italia” ha censito 4.889 musei e istituti similari, pubblici e privati, aperti al pubblico. Di questi, 4.026 sono musei, gallerie o collezioni, 293 aree e parchi archeologici e 570 monumenti e complessi monumentali. La fotografia scattata dall’Istat si confronta con quella del 2015, indagine una tantum, che da quest’anno diventerà un appuntamento annuale. La rilevazione sul campo partirà i primi di maggio per concludersi a metà luglio e sarà più estesa interrogando gli enti anche su costi, spese e finanziamenti e verrà pubblicata entro fine anno. Una buona notizia perchè significa monitorare un comparto culturale che ha ricadute anche economiche sui diversi territori.
Ultima rilevazione. Il patrimonio italiano è quantificabile in quasi 5mila istituzioni aperte al pubblico, costituito per la gran parte da strutture di piccole dimensioni, diffuse in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e in grado di mobilitare complessivamente oltre 119 milioni di visitatori in un anno. Le strutture rilevate aperte risultano 4.889 meno delle 4.976 censite nel 2015: come mai? Il terremo ci ha messo lo zampino costringendo alla chiusura molte strutture e poi ci sono stati gli accorpamenti e i traslochi. I dati complessivi dei musei e delle altre strutture espositive a carattere museale hanno registrato, come detto, il massimo storico di 119 milioni di ingressi nel 2017 - di cui 67,1 milioni visitatori paganti (oltre la metà) - così suddivisi: 57,8 milioni i musei, 15,5 milioni le aree archeologiche, 45,8 milioni i monumenti. L'incremento maggiore riguarda i monumenti e le aree archeologiche.
I territori. Quasi la metà del patrimonio museale (46,1%) è localizzata nelle regioni del Nord, il 27,4% al Centro e il 26,4% al Sud e
nelle Isole. Più nel dettaglio, nel Mezzogiorno sono presenti la metà delle aree archeologiche (50,2%), il 30,7% si trova
in Sicilia e Sardegna, mentre nell'Italia settentrionale sono localizzati il 49,2% dei musei e il 36,7% dei monumenti. Le
regioni con più strutture museali (29% del totale) sono Toscana (528), Emilia-Romagna (482) e Lombardia (409). Poco più di
un decimo dei musei complessivamente censiti è concentrato in dieci Comuni (Roma, Firenze, Bologna, Milano, Genova, Torino,
Napoli, Trieste, Venezia e Siena), dove si contano in media 52 musei per ogni città. In particolare, nelle città di Roma,
Firenze e Bologna, capitali del turismo culturale nazionale e internazionale, risiedono quasi 240 istituzioni a carattere
museale.
Museo diffuso. Sono 2.371, uno su tre, i Comuni italiani che ospitano almeno una struttura a carattere museale. È un patrimonio diffuso su tutto il territorio nazionale: 1,6 musei o istituti similari ogni 100 km2 e circa uno ogni 12mila abitanti. Anche i Comuni con meno di 2mila abitanti (il 27,9% del totale dei comuni) accolgono un'ampia percentuale di istituzioni museali (il 16,7%). Alcuni di questi hanno nei loro territori sino a quattro o cinque istituti. Due istituti museali su tre (63,1%) sono di proprietà pubblica e, fra questi, ben 2.067 (il 42,3% del totale) appartengono ai Comuni. I musei e gli altri istituti statali appartenenti al Ministero competente sono solo 478 (9,8% del totale), ma attraggono quasi 53 milioni di visitatori (il 44,3% del totale). Meno della metà degli istituti italiani (47,9%) prevede l'ingresso a pagamento; il 42,3% non ha alcuna entrata derivante dalla vendita dei biglietti. Di questi, solo uno su dieci è un istituto statale.
Polarizzazione. In un contesto complessivamente caratterizzato da un'offerta e da una domanda estremamente polarizzate, le 20 strutture museali italiane di maggiore attrazione arrivano a realizzare in totale oltre 43 milioni di ingressi all'anno e sono monumenti di rilevanza internazionale e vanno dal Pantheon, all'Anfiteatro Flavio, dal Vittoriano e al Museo di Castel Sant'Angelo a Roma, dalla Galleria degli Uffizi e il Corridoio Vasariano alla Galleria dell'Accademia e musei degli strumenti musicali a Firenze, dal Museo di Capodimonte a Napoli, a Palazzo Ducale a Venezia, alla Venaria Reale e il Museo Egizio a Torino, ma anche in centri urbani di minore dimensione demografica come Pompei, Siena, Pisa, Caserta, Trieste, Agrigento e Verona. Sebbene rappresentino meno dell'1% delle istituzioni censite, in esse si concentra più di un terzo (36,3%) del pubblico dei visitatori, di cui quasi la metà paganti (20,8 milioni). Solo tre sono aree archeologiche (gli Scavi di Pompei, il Foro romano e Palatino di Roma e il Parco archeologico e paesaggistico della valle dei templi di Agrigento), gli altri si equi-ripartiscono tra musei e monumenti. Nei 12 istituti statali operano più di 2mila addetti: in media 107 addetti per istituto, tra questi 2 sono volontari e 3 operatori del servizio civile nazionale. Tre quarti delle strutture hanno un sito web dedicato e dispongono di un servizio di biglietteria online mentre il 65% (48% la media italiana) ha un proprio account sui social media. Le grandi strutture museali italiane hanno dunque colto appieno le potenzialità offerte dal web e dai social network. Solo cinque delle 20 strutture considerate non è ancora dotata di un sistema per il conteggio dei visitatori (tornelli conta passaggi o altri sistemi conta persone, registri obbligatori per le firme, ecc.). La larga maggioranza (85%) ha svolto attività di ricerca e didattico-educativa, l'80% ha organizzato eventi per il pubblico allestendo esposizioni e mostre temporanee, richiamando un totale di 71,3 milioni di persone, il 75% ha affittato i propri locali e/o degli spazi per eventi e/o manifestazioni private. Nove strutture su 10 hanno ottenuto, nel 2017, proventi derivanti da servizi aggiuntivi al pubblico, attraverso bookshop, prestiti di opere, affitti, concessioni, royalties, ecc.; il 65% ha ricevuto finanziamenti pubblici e la metà finanziamenti da privati.
Network. Cresce la capacità delle istituzioni museali di organizzarsi in rete, per promuovere sinergie attraverso l'integrazione
di risorse e servizi e per conseguire vantaggi in termini di visibilità ed efficienza. In Italia il 42,5% degli istituti aderisce
a reti o sistemi museali organizzati, che comprendono altri
musei o istituti, al fine di condividere risorse umane, tecnologiche e/o finanziarie. La diffusione dei sistemi museali varia
però considerevolmente da una regione all'altra: aderiscono a tali organizzazioni in rete oltre la metà dei musei e istituti
similari di Toscana, Umbria, Lazio, Emilia-Romagna e meno di un terzo di quelli situati in Valle d'Aosta, Calabria e Abruzzo.
La propensione a “fare sistema” sembra una peculiarità dei musei pubblici (72,6%), anche se sta
crescendo anche in quelli privati. Se quasi la metà degli istituti (47,2%) è dotato di un regolamento o di uno statuto che
disciplina l'organizzazione interna, solo due musei su dieci dispongono di una “Carta servizi” nella quale sono esplicitate
le finalità, i servizi offerti, i fattori di qualità adottati, nonché i doveri dell'amministrazione, le forme di tutela dei
diritti degli utenti e le modalità di reclamo. I soggetti pubblici che ne dichiarano l'adozione sono oltre l'80%, mentre tra
i privati le carte dei servizi sono presenti solo nel 14,5% delle istituzioni.
Servizi e occupati. Tornando ad osservare l’intero territorio quasi due musei su tre (il 64,7%, presenti soprattutto nelle regioni del Nord) hanno organizzato attività educative e didattiche. Oltre uno su tre (36%) ha realizzato attività di ricerca nel corso dell'anno. Il settore museale italiano ha impiegato complessivamente 38.300 operatori, in media uno ogni 3.106 visitatori (nel 2015 erano 45 mila, uno ogni 2.400 visitatori). Il 58,2% degli istituti ha non più di cinque addetti e solo il 32,7% ne ha più di 10. In un istituto museale su tre (29,1%) prestano la propria opera collaboratori volontari (circa 11 mila in tutto).
Le raccolte. La maggior parte dei musei presenti in Italia espone collezioni di etnografia e antropologia (12,8%), archeologia (12,7%)
e arte antica (12,3%). Aumenta il numero di strutture con raccolte monotematiche di materiali (10%). Oltre a gestire le esposizioni
permanenti di beni e/o collezioni, il 43,7% delle strutture allestisce mostre temporanee che, nel 2017, hanno attratto 18,6
milioni di visitatori. In media ogni museo, area archeologica, complesso monumentale ha organizzato almeno quattro mostre
ed esposizioni temporanee all'anno. Il 48% si sono svolte in strutture di media dimensione, che hanno accolto circa 1,6
milioni di pubblico.
Finanziamenti. In crescita ma non per le piccole strutture. Cresce il numero dei musei che fruisce di contributi e finanziamenti pubblici
- nel 2017 sono il 41,3% dal 32,1% nel 2015 - e di sovvenzioni private (il 24,1% dal 18,5%). Tuttavia, se si considera il
numero di visitatori, le strutture che hanno registrato meno di 1.000 ingressi riescono a beneficiare del sostegno finanziario
pubblico solo nel 27,4% dei casi, contro il 60,3% dei musei che accolgono tra 100mila e 500mila visitatori. Tra le strutture
con più di 1.000 e meno di 10mila visitatori l'anno (il 36% del totale degli istituti), il 28,7% si avvale di finanziamenti
privati (sponsorizzazioni, contributi di fondazioni, donazioni, Art Bonus, ecc.), mentre
il 33,5% riesce a realizzare proventi attraverso servizi aggiuntivi, bookshop, prestiti di opere, affitti, concessioni e royalty,
che invece confluiscono nei bilanci della quasi totalità degli istituti con più di 500mila ingressi (86%). Anche i finanziamenti
privati favoriscono le grandi strutture: ne beneficia infatti la metà di quelle con un flusso di utenti compreso tra i 100
mila e i 500 mila visitatori.
Commenti. “Nelle sue diverse articolazioni il nostro patrimonio culturale è presente in tutte le aree del Paese e come emerge dai numeri è sempre più evidente che la cultura sia uno dei principali asset strategici – ha commentato il Report la senatrice Michela Montevecchi (M5S), vice presidente della Commissione Cultura al Senato, – e un settore da prendere in considerazione molto seriamente soprattutto sul piano occupazionale e di investimenti pubblici, in una fase di stagnazione come quella attuale. Il fatto che il record assoluto per il nostro Paese di oltre 119 milioni di visitatori che nel 2017 si sono concentrati nelle principali città d'arte e nelle aree di maggiore richiamo – prosegue – ci deve far riflettere sulla necessità di pensare ad un modello di sviluppo che metta a sistema l'offerta culturale con le esigenze di sviluppo sostenibile e interessi tutte le aree del nostro territorio. Aprire i luoghi della cultura significa organizzarne la conservazione e la valorizzazione, significa anche restituirli ai cittadini e alle nostre comunità che ritrovano memoria, identità e orgoglio delle proprie origini. Significa salvare il patrimonio dall'incuria e dall'abbandono”.
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