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Verso una Direttiva Europea per il diritto d'autore

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tutele e mercato digitale

Verso una Direttiva Europea per il diritto d'autore

immagine utilizzabile fino all'approvazione di questa Direttiva
immagine utilizzabile fino all'approvazione di questa Direttiva

Dopo un iter abbastanza travagliato, il 13 febbraio 2019, la Proposta di Direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale è uscita finalmente dalla morsa del “trilogo” (la procedura di consultazione che vede coinvolti il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione) grazie a una proposta di compromesso presentata da Francia e Germania. Il testo finale della nuova Direttiva sul diritto d'autore passa ora al Parlamento europeo, dove uscirà come legge o decadrà se non approvata prima dello scioglimento della camera in vista delle elezioni europee del prossimo maggio.

La Direttiva si inserisce nell'agenda della Digital Single Market Strategy(2015) e nasce dalla volontà politica di adattare le regole attualmente vigenti negli stati dell'Unione a nuove forme di utilizzo delle opere protette. In particolare, la Direttiva intende fornire ai legislatori nazionali strumenti idonei al riequilibrio del disavanzo di valore subito dagli autori e da altri titolari di diritti a fronte di una fruizione e di un utilizzo incontrollato delle proprie opere sul web (c.d. value gap).

Oggi, infatti, chiunque sia dotato di una connessione internet può utilizzare, più o meno inconsapevolmente, materiale protetto messo a disposizione dai motori di ricerca e da piattaforme senza dover pagare: fotografie, musica, video e notizie vengono visualizzati, riprodotti, o scaricati con un solo “click”. All'altro capo di questo tema, ci sono poi quelle opere che compongono il corpus di biblioteche, archivi e collezioni, che lavorano in un sistema di gestione delle licenze eccessivamente complesso e non adeguato al mondo digitale, che ne rendono complessa la conservazione e ne impediscono la piena fruizione, distribuzione e divulgazione online. Come commenta Piero Luigi Fratini, del Programma Europa Creativa dell'Unione Europea ed esperto di diritto d'autore: “secondo uno studio della Fondazione Europeana, il 45% delle collezioni digitali non sono disponibili online per mancanza di licenze. Si parla di un cosiddetto “buco nero”, che riguarda soprattutto le opere culturali del XX secolo con particolare riferimento agli audiovisivi.

Una perdita di patrimonio inaccettabile che richiede interventi concreti, sia a livello comunitario sia nazionale, per agevolare la concessione di licenze che consentano la conclusione di accordi con effetti trans-frontalieri nel mercato unico. Con la nuova Direttiva, che poggia sulla precedente del 2001 (Direttiva 2001/29/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 68/2003), l'Unione Europa ha la possibilità di giocare un ruolo chiave nella tutela del patrimonio artistico e culturale, agendo sul quadro normativo affinché gli ostacoli che oggi esistono tra operatori culturali europei siano ridotti al minimo”.

La Direttiva in fase di approvazione. L'intervento legislativo si ripartisce tre macro-aree: l'utilizzo delle opere nel settore dell'istruzione, l'estrazione di testo e di dati per scopi di ricerca scientifica e la conservazione del patrimonio culturale. Nello specifico, il Titolo II introduce un'eccezione ai diritti di riproduzione e di estrazione dei contenuti digitali se utilizzati dagli istituti per finalità di ricerca, scopi illustrativi o didattici. Gli stessi istituti diventano soggetti ad un'ulteriore eccezione all'art. 5, potendo realizzare copie di qualunque opera o altro materiale permanentemente nelle loro raccolte, in qualsiasi formato o su qualsiasi supporto, al solo fine e nella misura necessaria alla conservazione. Il Titolo III si interessa, invece, dello sfruttamento da parte degli istituti di tutela del patrimonio culturale delle cosiddette opere fuori dal commercio: ossia tutte le opere letterarie, fotografie e contenuti audiovisivi che, pur essendo ancora coperti dai diritti di proprietà intellettuale, non sono accessibili al pubblico attraverso i canali commerciali tradizionali e, ragionevolmente, non ci si può aspettare che lo diventino perché non destinati ad un uso commerciale o con scarso valore commerciale. “Ottenere il consenso per la digitalizzazione delle opere fuori commercio da parte dei singoli titolari dei diritti - spiega Pier Luigi Fratini - costituisce un lavoro enorme a detrimento dei reali obiettivi degli istituti di protezione dei beni culturali. Si pensi, tra gli altri, al caso di collezioni di diari personali come quello curato Archivio diaristico nazionale. Alcuni Stati Membri hanno ovviato a questo limite introducendo all'interno dell'ordinamento strumenti di licenze collettive estese o strumenti di presunzione di rappresentanza, tuttavia la loro applicazione rimane disomogenea e comunque valida solo all'interno del territorio nazionale.” La Proposta di Direttiva interviene anche su questo vuoto normativo, invitando gli Stati Membri ad adottare i meccanismi necessari per estendere il sistema delle licenze alle opere fuori commercio.

Pomo della discordia di questo testo legislativo è senza dubbio il Titolo IV contenente una serie di misure volte al miglioramento del mercato digitale a favore degli autori e dei produttori di contenuti. Nello specifico l'articolo 11, erroneamente noto come link tax, protegge le pubblicazioni di carattere giornalistico da usi digitali non autorizzati. Il professor Giuseppe Mazziotti, docente di diritto della proprietà intellettuale presso il Trinity College Dubline EU Fulbright Scholar della New York University, chiarisce: “l'Articolo 11 crea un nuovo diritto a favore degli editori di notizie e contenuti di carattere giornalistico di breve durata (2 anni dalla pubblicazione). Per la Commissione europea e il parlamento, è un diritto che rafforza il potere contrattuale gli editori in un momento di grave crisi industriale, incoraggiando e semplificando la conclusione di licenze con aggregatori di contenuti e altri servizi digitali, per esempio i portali di notizie o le reti sociali che traggono profitto dall'uso commerciale di notizie senza autorizzazione. Nella versione finale, la direttiva dovrebbe garantire anche ai giornalisti, i cui diritti d'autore sui propri scritti restano intatti, una quota dei proventi supplementari ottenuti dagli editori. Non è, come comunemente si pensa, un diritto legato ai soli link o all'uso di brevi frammenti di testo ma, più in generale, alla pubblicazione online di contenuti”.

Il braccio di ferro sui contenuti. L'altro argomento di discussione, che ha fatto infuriare le potenti lobby della Silicon Valley, è l'Articolo 13l. Questo pone l'obbligo ai prestatori di servizi della società dell'informazione che offrono pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti (Facebook, YouTube, Instagram, Vimeo e altre reti sociali) di negoziare accordi per l'uso di tali opere con i legittimi titolari dei diritti, per lungo tempo dimenticati. In base al comma secondo dell'Articolo 13 spetta ai prestatori di servizi istituire meccanismi di reclamo e ricorso da mettere a disposizione degli utenti in caso di controversie. “L'articolo 13 – precisa Giuseppe Mazziotti – chiarisce con grave ritardo che la messa a disposizione di materiali caricati e condivisi dagli utenti su piattaforme digitali devono ritenersi una forma di comunicazione al pubblico da parte delle stesse piattaforme. Su di esse peserà quindi l'onere di concludere licenze con i titolari di diritti sui contenuti caricati e di dimostrare di aver fatto del proprio meglio, mediante le tecnologie e le banche dati attualmente disponibili, per evitare di offrire al pubblico contenuti non autorizzati e remunerati. La Direttiva intende così riequilibrare i rapporti tra le grandi piattaforme e i titolari dei diritti d'autore, obbligando al tempo stesso i produttori di contenuti e i beneficiari di licenze, quali le piattaforme digitali, a garantire a autori e artisti una remunerazione equa e trasparente, anche attraverso la mediazione di società di gestione collettiva, per esempio la Siae in Italia”.
Nonostante la fiera opposizione delle grandi piattaforme digitali, che in questi giorni sperano in cambiamenti last minute, le piccole piattaforme, gli artisti e l'accademia hanno salutato con favore lo sblocco della Direttiva dall'impasse procedurale in cui era costretta dal settembre scorso. La direttiva in via di approvazione, oltre a creare un compromesso a vantaggio della produzione letteraria e artistica, si pone in netta contrapposizione con il Digital Millenium Copyright Act of 1998 (“DMCA”) vigente negli Stati Uniti, che continua, invece, a garantire un'ampia immunità a favore delle piattaforme digitali e delle aziende high-tech più in generale, considerate più rilevanti delle industrie creative.

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