L'Italia ha ratificato sia la Convenzione Unesco che Unidroit e ha trasposto la Direttiva Europea 2014/60.Ora con la risoluzione del Parlamento Europeo del gennaio 2019 si auspica una svolta in senso etico del mercato dell'arte
internazionale. Abbiamo chiesto a Marina Schneider, Senior Legal Officer e Treaty Depositary di Unidroit (The International Institute for
the Unification of Private Law)quali gli effetti per il mercato italiano?
La risoluzione individua due situazioni, una passata (beni sottratti durante l'Olocausto) e una presente (i saccheggi dei
siti archeologici in Media Oriente). Per la prima situazione, la Convenzione Unidroit non si può applicare (salvo se lo Stato
che ha ratificato decida di applicarla retroattivamente), ma il Parlamento europeo chiede di trovare soluzioni basate sulla
suddetta Convenzione. Per il presente, sicuramente non crediamo che ci sia un'assenza di normativa uniforme di diritto privato
(!). Esiste con la Convenzione Unidroit, ma se gli Stati non prendono la decisione di ratificare, è inutile. Certo il Parlamento
invita gli Stati a ratificare. Sennò, con quale strumento legislativo il Parlamento pensa di arrivare a questa normativa uniforme?
È prevista la creazione di nuovi archivi pubblici o privati contenenti informazioni sull'identificazione e l'ubicazione delle
opere d'arte e la mappatura delle banche dati esistenti di beni culturali riconducibili ad un database centrale, accessibile
e aggiornato: questi registri - che minacciano la privacy degli attori del mercato come pensa che verranno accolti? Sono necessari?
Non credo che questi registri siano una minaccia per la privacy degli attori del mercato, dipende come e dove saranno tenuti.
L'identificazione del bene è fondamentale ai fini della restituzione e troppi proprietari privati ancora non hanno un'elenco/archivio/inventario
delle loro opere. Va fatto, a beneficio loro in caso di furto. La tenuta di registri delle transazioni sarebbe un obbligo
per gli Stati che hanno ratificato la Convenzione Unesco del 1970, ma quanti di questi 138 Stati lo hanno fatto? Pochi.
Quali saranno i frutti concreti di questa risoluzione?
La Risoluzione non è molto innovativa nelle proposte che riprendono strumenti messi in atto da diverse Organizzazioni (Unesco, Interpol, Unidroit, Icom, …) e forse non realmente applicate dagli Stati, malgrado gli obblighi. Ci sembra più importante che il Parlamento cerchi
di insistere sul fatto che gli Stati debbano ratificare le convenzioni esistenti ed applicarle correttamente a livello nazionale.
Elaborare norme (ancora più se uniformi) è un processo difficile e lungo e il futuro regolamento comunitario sulle importazioni
dei beni culturali, appena approvato dal Parlamento europeo lo scorso 12 marzo con una netta maggioranza (590 favorevoli,
58 contrari e 13 astensioni), è un recente esempio. Formalmente, anche il Consiglio dei ministri deve approvare (probabilmente
a maggio), poi il regolamento verrà pubblicato nella «Gazzetta ufficiale dell'UE» ed entrerà in vigore 20 giorni dopo (sono
gli articoli 15 e 16 del regolamento). Tuttavia, l'articolo 3 (divieto generale di introdurre beni culturali illeciti) si
applicherà solo 18 mesi dopo, perché gli Stati membri hanno bisogno di tempo per inserire questa clausola nel diritto penale
nazionale. Il sistema elettronico (articolo 9) necessario per le licenze d'importazione (articolo 4) e per le dichiarazioni
dell'importatore (articolo 5) sarà pronto al più tardi entro sei anni perché la Commissione europea ha bisogno di tempo per
istituirlo. Pertanto, tali dichiarazioni saranno obbligatorie solo sei anni dopo l'entrata in vigore del regolamento! Nel
frattempo, gli Stati membri possono continuare i propri sistemi e/o avere un sistema transitorio che sarebbe nazionale.
Nel frattempo, quanti oggetti entreranno nell'Unione?
Tanti, anche in modo illecito. Gli Stati europei dovrebbero agire con i mezzi a disposizione e ratificare le Convenzioni ed
applicarle il meglio possibile.
I tribunali italiani usano la Convenzione Unidroit?
Unidroit ha poche informazioni su casi di applicazione dellaConvenzione Unidroit del 1995. La casistica ci indica che sono più i giudici delle corti penali che la usano. È sorprendente visto che la Convenzione
dovrebbe essere applicata in ambito civile. Vediamo anche che spesso il concetto di due diligence della Convenzione viene
applicato dai giudici come “buona fede”, concetto diverso, in quanto la legge di ratifica italiana della Convenzione utilizza
(purtroppo) questo termine.
Il nuovo toolkit Unesco per le Corti avrà un impatto positivo in Italia?
Questo nuovo manuale dovrebbe essere distribuito alla Scuola Superiore della Magistratura sia agli “aspiranti” magistrati
che nell'ambito della formazione permanente. Dovrebbe anche essere diffuso tra gli avvocati perché se il giudice non utilizza
le convenzioni è spesso perché gli avvocati non basano le loro richieste su di esse.
In che modo il riciclaggio di denaro entra negli scambi legati all'arte?
Negli ultimi anni è stato dimostrato che esistono chiari legami tra questa forma di criminalità, la frode fiscale e il riciclaggio
di denaro sporco. La diversificazione del finanziamento delle organizzazioni terroristiche attraverso il commercio di beni
culturali attira l'attenzione anche dei servizi antifrode.
Si hanno delle stime aggiornate del volume del traffico illecito?
Qualsiasi stima dell'entità e della redditività del mercato nero delle opere d'arte saccheggiate, rubate o contrabbandate
è difficile da farsi, ma gli esperti concordano sul fatto che si tratta di una delle grandi attività illegali del mondo, che
vale somme ingenti e attira naturalmente l'interesse della criminalità organizzata.
Si hanno dati certi dell'esistenza di un link tra traffico illecito di beni d'arte e finanziamento del terrorismo?
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nellaRisoluzione 2199 (2015) rileva con preoccupazione che l'EIIL, il Fronte El Nosra e altri individui, gruppi, imprese ed entità associate ad Al-Qaeda generano entrate attraverso il saccheggio e il contrabbando,
direttamente o indirettamente, di beni culturali provenienti da siti archeologici, musei, biblioteche, archivi e altri siti
in Siria e Iraq, che vengono poi utilizzati per finanziare il reclutamento o gli attacchi terroristici. Vi è qualche informazione
nel Monitoring Team sulle modalità quasi burocratiche del commercio illecito organizzato da queste entità (vedere S/2015/739 – 25 September 2015 – Chair's Summary of MT's 2199 Impact Assessment Report.
Unesco, Unidroit, Interpol, Omd (Organizzazione Mondiale delle Dogane), Icom stanno lavorando da anni su progetti comuni o
complementari per rispondere alla chiamata delle Nazioni Unite: Quali sono questi progetti e come approcciano il mercato?
C'è in effetti necessità di un'azione globale che integri strategie multilaterali - Unesco , Interpol, Omd ed altre organizzazioni
internazionali pertinenti (compresa Unidroit) per facilitare l'attuazione delle disposizioni del paragrafo 17 della risoluzione
2199 (che ribadisce le decisioni del paragrafo 7 della risoluzione 1483 sui beni culturali iracheni del 2003) - e le misure
nazionali adottate dagli Stati membri. Ci sono diversi livelli di intervento: 1) dimensione istituzionale e giuridica (Unidroit),
2) scambio e cooperazione, 3) misure operative.
Unidroit ed Unesco lavorano su un piano istituzionale e giuridico proponendo agli Stati un quadro giuridico entro il quale
agire sia sulla prevenzione, che sulla cooperazione e sulla restituzione (su questo punto Unidroit in particolare).
Una strategia efficace per combattere il traffico illecito di beni culturali in tutti i paesi richiede necessariamente un
rafforzamento del quadro istituzionale e legislativo. A complemento delle convenzioni volte a concretizzare la responsabilità
collettiva degli Stati per la protezione reciproca del patrimonio culturale, Unidroit ha elaborato con l'Unesco altre disposizioni
non giuridicamente vincolanti per facilitare l'applicazione delle Convenzioni del 1970 e del 1995 (ma indipendenti) - le Disposizioni
modello che definiscono la proprietà statale dei beni culturali non scoperti.
La formazione è fondamentale (seminari di formazione sulla lotta contro il traffico illecito di beni culturali) e le due organizzazioni
collaborano ad aumentare il numero di Stati che ratificano le convenzioni e ad una migliore applicazione di questi strumenti.
Inoltre, al fine di proteggere il patrimonio culturale, l'Omd incoraggia una cooperazione e partenariati efficaci con altre
organizzazioni internazionali e organismi antifrode per lo scambio di informazioni e il controllo di questa attività illegale.
Per realizzare questa missione, l'Omd si affida all'esperienza e agli sforzi delle amministrazioni doganali dei suoi membri
e degli uffici regionali di collegamento in materia di intelligence (RILO) - Rete RILO. Ha anche sviluppato la piattaforma CENcomm per lo scambio elettronico di informazioni, denominata ARCHEO, gestita dall'Omd, che è un esempio di tale cooperazione. Questa rete, dedicata alla prevenzione delle frodi a danno del patrimonio culturale,
riunisce professionisti ed esperti impegnati nella protezione del patrimonio culturale, facilitando l'identificazione dei
beni sospetti al fine di ottimizzare l'efficace applicazione della legge in questo campo. La cooperazione con le parti interessate
è uno dei principali elementi della risoluzione del Consiglio dell'Omd sul ruolo della dogana nella prevenzione del traffico
illecito di beni culturali, adottata nel luglio 2016. La risoluzione prevede una serie di misure concrete per aiutare la comunità
doganale internazionale a ridurre il traffico di beni culturali. Il testo non solo invita le parti interessate, come gli esperti
del settore e le istituzioni culturali, ad aumentare la loro cooperazione, ma invita anche i paesi ad effettuare un'analisi
per individuare le lacune esistenti nella legislazione e nelle tecniche attuali, al fine ultimo di colmarle. La risoluzione
incoraggia inoltre le amministrazioni doganali a introdurre o rivedere i certificati di esportazione esistenti al fine di
allinearli al modello di certificato di esportazione per i beni culturali creato congiuntamente dall'Unesco e dall'Omd.
Infine, Il 30 novembre 2018 l'Omd ha lanciato il manuale di formazione sulla prevenzione del traffico illecito di beni culturali
(PITCH). Questa nuova pubblicazione è uno strumento specializzato unico nel suo genere che mira a migliorare le conoscenze
e le competenze dei funzionari doganali dispiegati sul campo e accompagna un programma di formazione.
Interpol - Il ruolo del Segretariato generale è principalmente quello di fornire sostegno ai paesi membri e alle loro unità
specializzate in questo campo. Assicura lo scambio di informazioni tra i paesi, riunisce esperti in workshop e conferenze
e fornisce formazione su come combattere il traffico di beni culturali. Quando i paesi forniscono informazioni su oggetti
rubati o trafficati, Interpol li analizza e li inserisce nel database sulle opere d'arte rubate, principale strumento di lotta
contro il traffico di beni culturali di Interpol. Si tratta di un archivio centrale globale in cui sono registrati più di
50.000 oggetti con descrizioni e fotografie. È l'unica banca dati internazionale contenente informazioni certificate dalla
polizia su opere d'arte rubate e scomparse. Gli utenti possono anche affinare la loro ricerca scaricando una fotografia di
qualsiasi oggetto d'arte ed eseguendo un controllo utilizzando il software di corrispondenza immagini. Questa banca dati è
anche uno dei registri internazionali coperti dalla Convenzione Unidroit del 1995, quando si discute il concetto di due diligence.
Interpol analizza le nuove tendenze nel furto di opere d'arte, come la proliferazione di opere d'arte contraffatte, false
o falsificate, o l'uso di Internet per vendere opere di dubbia provenienza. Interpol incoraggia e consiglia i paesi che non
dispongono di unità di polizia specializzata in materia di beni culturali o di banche dati nazionali sui beni rubati, al fine
di rafforzare la rete globale.
Tutte queste iniziative sono anche a favore del mercato in quanto il concetto di “due diligence” elaborato dall'Unidroit aiuta
il mercato a capire come agire prima di comprare (art. 4(4)), e la banca dati dell'Interpol è accessibile ai dealers che dovrebbero
sistematicamente consultarla prima di comprare un oggetto per sapere se è stato rubato. Le statistiche dell'Interpol sembrano
indicare che tali consultazioni sono ancora poche. Le Red Lists dell'ICOM sono anche molto utili al mercato per capire quali sono le categorie di oggetti maggiormente a rischio di traffico.
L'Unesco, con un finanziamento dell'Unione europea, ha sviluppato un programma di capacity building “Engaging the European
art market in the fight against the illicit trafficking of cultural property” con una conferenza a Parigi nel marzo 2018 ed
ormai un corso online (MOOC) accessibile a tutti. Unidroit ha sviluppato le formazioni (con l'Unesco) per i collezionisti
in particolare nei paesi del Golfo dove nuove collezioni si stanno creando.
Tutte queste iniziative vanno ad aiutare le associazioni professionali e gli operatori del mercato dell'antiquariato su norme
minime in materia, tra altre cose, di certificazione della provenienza e di obbligo di due diligence differenziata.
Che effetti hanno avuto nel medio-breve termine?
Molte categorie di professionisti (agenti di dogana, poliziotti, ma anche collezionisti e mercanti) informate sul fenomeno
del traffico illecito di beni culturali e formate agli strumenti per combatterlo.
Quali saranno i risultati nel lungo termine?
Una maggiore cooperazione internazionale in materia soprattutto di scambi di dati ed informazioni. Una maggiore prevenzione
ed un comportamento di venditori ed acquirenti più “consapevole e responsabile”.
Ad oggi sono 45 gli Stati che hanno ratificato la Convenzione Unidroit. In passato le lobby degli antiquari francesi e svizzeri
si erano fortemente opposte alla ratifica. Oggi, la Direttiva Europea 2014/60 che ricalca la Convenzione Unidroit(per i beni
illecitamente esportati) trasposta nel diritto francese, la Risoluzione del Parlamento Europeo di gennaio 2019, il rapporto
commissionato da Macron che analizza la fattibilità della restituzione dei beni coloniali…: ci sono speranze che il mercato
dell'arte francese si rassegni al cambiamento dei tempi e la Francia ratifichi Unidroit?
Sono diventati 46! Tutte le iniziative legislative in materia da quando la Convenzione UNIDROIT del 1995 è stata adottata
si basano su questo strumento, il che suggerisce che le soluzioni sono le uniche possibili, forse la Convenzione è arrivata
“presto”. I lavori futuri della Commissione europea (Risoluzione del 2019) “utilizzeranno” anche loro la Convenzione. La reazione
del mercato è stata allora molto forte cosi da bloccare il processo di ratifica in Francia già avviato (l'Assemblée Nationale
ha votato la legge di ratifica nel gennaio del 2002 ma il testo non è mai arrivato finora al Senato). Ciò dimostra la forza
di tale lobby e del mercato. allora “spaventato” da nuove norme che in realtà non facevano altro che rendere obbligatorie
regole che la professione si era già data da tempo con i codici di deontologia (verificare la provenienza degli oggetti).
Non è più accettabile che in Francia si dica che non si può ratificare perché la Convenzione è contraria al diritto francese.
Cinquanta proposte francesi per proteggere il patrimonio dell'umanità - Rapporto al Presidente della Repubblica sulla protezione
del patrimonio in situazione di conflitto armato - Novembre 2015)
Il rapporto commissionato da Macron fa riferimento alla ratifica di Unidroit?
Il Rapporto Sarr-Savoy indica che lo squilibrio tra il diritto in vigore nella cerchia degli Stati europei (la Direttiva del 2014), da un lato, e
i principi che il giudice oppone agli Stati non europei (tutela dell'acquirente in buona fede e il principio di territorialità
delle leggi), dall'altro, incide sul futuro delle restituzioni. La compensazione di questo squilibrio e l'elaborazione di
una legge comune di restituzione tra Francia e Africa richiede che la Francia e gli Stati africani interessati ratifichino
la Convenzione Unidroit del 1995 che mette in atto, per il futuro, un meccanismo di restituzione automatica che sarebbe necessario.
Ricorda inoltre che la Convenzione Unesco del 1970, ratificata dalla Francia nel 1997, non ha alcun effetto per quanto riguarda
i beni culturali che si trovano in mani private.
Il Rapporto continua dicendo che “Questa Convenzione è l'unico strumento giuridico in grado di compensare lo squilibrio e
di stabilire un diritto comune di restituzione per garantire la sostenibilità del processo avviato per i beni culturali sequestrati
durante il periodo coloniale. In altre parole, la ratifica della Convenzione Unidroit del 1995 collocherebbe la restituzione
in una prospettiva sostenibile.” Il Rapporto nota infine che gli Stati europei, tra di loro, hanno fissato tale ambizione
infondendo i principi della Convenzione Unidroit del 1995 nella suddetta direttiva europea del 2014 sulla restituzione dei
beni culturali e, pertanto, l'estensione di questi principi a Stati non europei, attraverso la giurisdizione della Convenzione
Unidroit del 1995, non dovrebbe porre alcuna difficoltà.
Invece la Svizzera, dopo la chiusura dei freeport e la novella della legislazione sui beni d'arte, l'introduzione della diligenza
nell'acquisto di beni d'arte… : potrebbe ratificare Unidroit ? Quali freni ancora ci sono?
La Svizzera non ha chiuso i freeport, ne ha modificato la regolamentazione introducendo l'obbligo di dichiarare i beni culturali
al momento della loro importazione, transito o esportazione o del loro stoccaggio in un deposito doganale o un porto franco,
obbligo di inventario elettronico delle merci con nome del proprietario, istituzione nel 2016 di un audit indipendente per
il controllo sistematico di tutti gli oggetti archeologici che entrano nel sito, ecc. Grossi sforzi sono stati fatti. La Svizzera
ha anche sviluppato la legislazione per lottare contro il riciclaggio che incide anche sul mercato d'arte (modifica nel 2016
della legge sul riciclaggio – LBA – del 1997).
La Svizzera non ha ratificato la Convenzione Unidroit del 1995, malgrado il risultato delle consultazioni favorevole nel 1996
, ed il fatto che il Consiglio federale ha ribadito nel 1998 che la Svizzera ha deciso di firmare la Convenzione il 17 giugno
1996 e che non ci sono, dal punto di vista giuridico, impedimenti alla
ratifica. “La Convenzione è compatibile con la Costituzione federale ed i principi di diritto svizzero. Nessun ostacolo di
diritto costituzionale o di diritto privato si oppone alla ratifica”. La decisione di non ratificare 1995 (ma Unesco 1970)
è stata presa a causa della lobby del mercato. Le attività criminali comportano rischi legali, finanziari e di reputazione
per gli operatori del mercato svizzero dell'arte. Purtroppo molti di loro continuano a chiedere una maggiore autoregolamentazione
invece che un regime più obbligatorio (come lo sarebbe la ratifica della Convenzione Unidroit ).
È vero che la Svizzera ha inserito diversi aspetti della Convenzione Unidroit del 1995 nella legge di applicazione della Convenzione
Unesco del 1970 ratificata nel 2003 (LTBC del 2005). La Svizzera ha scelto (come gli Stati Uniti) la via dell'accordo bilaterale
per le restituzioni di oggetti ben definiti ma spesso con disposizioni meno favorevoli di quelle della Convenzione Unidroit
(sulla buona fede, i tempi di prescrizione delle azioni, etc…).
Per la ratifica, freni sul piano giuridico non ce ne sono (vedere Consiglio federale), la Svizzera potrebbe ratificare la
Convenzione Unidroit senza molti cambiamenti nel suo sistema, dovrebbe dimostrare al mercato che già applica la maggior parte
delle regole della Convenzione.
In Belgio l'anno scorso un progetto parlamentare aveva preso in considerazione la ratifica della Convezione. Il mercato antiquario/old
master è molto vivo in Belgio: come si è evoluta la situazione? Ci sono speranze che il Belgio ratifichi?
Il Consiglio dei ministri del Belgio ha approvato il 16 novembre 2018 un progetto di legge di attuazione della Convenzione
Unesco del 1970 (finalmente!!) sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio degli Stati che hanno
ratificato la Convenzione Unesco del 1970. Il sistema belga è complicato (Stato federale) e poiché la Convenzione è un “accordo
misto” ai sensi del diritto belga, essa contiene disposizioni che rientrano nella competenza delle entità federate (Comunità
e Regioni) e altre che rientrano nella competenza dello Stato federale. Di conseguenza, il dossier ha subito una lunga fase
di preparazione a causa del gran numero di soggetti interessati. Questo progetto di legge è un recepimento parziale, limitato
alle giurisdizioni federali ed, in particolare, recepisce gli articoli 3, 7 e 8 della Convenzione.
Il progetto è già stato trasmesso al Consiglio di Stato, che ha emesso il suo parere il 9 gennaio 2019 e l'auspicio è che
il Segretario di Stato per la politica scientifica possa ripresentare il testo in Parlamento durante questa legislatura (elezioni
federali belghe - 26 maggio 2019).
Una Commissione del Senato belga ha adottato un rapporto il 15 giugno 2018 con una raccomandazione (su 100) di riesaminare
la possibilità per il Belgio di aderire alla Convenzione Unidroit . Subito, un avvocato che lavora con il mercato ha pubblicato
un articolo per ricordare i pericoli, secondo il suo parere, che il Belgio correrebbe se lo facesse. Gli argomenti sono sempre
quelli della non compatibilità della Convenzione con i diritti interni dei paesi (falsa affermazione) ed ignorando completamente
cosa è il diritto uniforme e perché è l'unica soluzione equa.
UN General Assembly – Resolution December 2018. La resolution così conclude: “Decides to include in the provisional agenda
of its seventy-sixth session the item entitled “Return or restitution of cultural property to the countries”. Ha idea di cosa
ci sarà nell'agenda 2019 dell'Assemblea generale dell'Onu?
L'Assemblea Generale delle NU adotta tale risoluzione ogni due anni dal 1972 (Resolution 3026 A (XXVII) of 18 December 1972)
(tre anni questa volta dall'ultima risoluzione a causa della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2347 del 2017) e questa
frase appare in ogni risoluzione per indicare che l'AG vuole continuare a seguire questa materia e valutare ogni due anni
quello che è stato fatto.
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