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I mille giorni del Polo del ‘900

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torino tra memoria e futuro

I mille giorni del Polo del ‘900

L'istituzione culturale torinese che si occupa dello studio del Novecento è entrata nel suo quarto anno di attività. Aperto nel 2016 presso i Quartieri Militari Juvarriani di Torino, il Polo del ‘900 oggi accoglie al suo interno un museo, un cinema, sale espositive, aule didattiche, sale conferenza e, soprattutto, una biblioteca che ospita gli archivi storici delle 19 istituzioni culturali che lo abitano. Al Polo del ‘900, infatti, convivono19 Enti, che seppur mantenendo la propria autonomia, sono inseriti in un contesto di co-progettazione negli ambiti della ricerca, della divulgazione e della promozione dei valori del Novecento in un dialogo costante con i cittadini.
Proprio questo particolare modello di gestione partecipata, gli è valso lo scorso marzo la vittoria della IX edizione delpremio Cultura di Gestione promosso da Federculture, che nelle motivazioni della scelta ha evidenziato: “il modello di coinvolgimento dei pubblici in una visione culturale finalizzata a mettere in relazione lo straordinario patrimonio storico del secolo scorso con le istanze del presente, generando nuovo capitale creativo e culturale”. Della sua costituzione e del suo ruolo nel dibattito culturale contemporaneo abbiamo parlato con Alessandro Bollo, direttore del Polo.

Come nasce il Polo del ‘900? Qual è la sua mission?
Il Polo nasce a Torino con l'obiettivo di recuperare l'area urbana circostante ai Palazzi settecenteschi di San Celso e San Daniele, un intervento supportato dalla Compagnia di San Paolo (CSP) con un investimento di circa 6.500.000 €. Per volontà della Città di Torino e della Regione Piemonte, oltre che della Compagnia di San Paolo, il progetto ha però subito mirato a obiettivi ben più ambiziosi, volendo creare un luogo fisico aperto a tutta la società civile, dove potersi confrontare sui temi della democrazia e della cittadinanza. In più di 8.000 mq, il Polo del ‘900 oggi accoglie un museo, un cinema, sale espositive, aule didattiche, sale conferenza e soprattutto una biblioteca che ospita gli archivi storici delle 19 istituzioni culturali che lo abitano. Dal 2018, infatti, anche i loro patrimoni librari sono stati messi a sistema e oggi costituiscono un unico grande archivio integrato e consultabile fisicamente nella sala lettura del Polo o su 9CentRo, la piattaforma digitale pensata proprio per rendere questi documenti accessibili a persone che non sono mai entrate in un archivio, e che conserva nella sostanza 9 km di materiale fisico per un totale di oltre 100.000 documenti digitali.

Quali sono gli aspetti di novità nel modello culturale e gestionale di questo istituzione?
Da un punto di vista amministrativo, il Polo è una fondazione di partecipazione pubblico-privata fondata dalla Città di Torino, dalla Regione Piemonte e dalla Compagnia di San Paolo, che annualmente contribuiscono alle spese per l'attività ordinaria per un totale di 1.200.000 €. Il Polo è, di fatto, la prima istituzione italiana a riunire e coordinare sotto lo stesso tetto altri 19 Enti culturali che, oltre ad avere la loro sede fisicamente all'interno del Polo, ne utilizzano anche i servizi, le funzioni comuni e la comunicazione integrata. Di contro, essi partecipano all'attività della Fondazione attraverso il loro lavoro di ricerca e di progettazione orientata a sviluppare approcci inusuali di audience engagement, spesso innovando in termini di linguaggi e di formato. Questa integrazione da una parte serve a sostenere economicamente il Polo, circa il 30% del budget proviene da questa affiliazione, dall'altra funziona chiaramente da moltiplicatore di pubblici e di iniziative.
Come operazione, il Polo del ‘900 è una sfida unica perché oltre a mettere in connessione il passato con il presente, aprendo alla cittadinanza temi che solitamente sono di stretto appannaggio di ricercatori e studiosi, sollecita tutte le dimensioni sfidanti del dibattito culturale contemporaneo: governance pubblico-privato, piattaforme abilitanti e collaborative, sperimentazione nell'ambito della co-progettazione, modelli innovativi di partecipazione culturale e audience development.

Quali sono state le principali sfide nella fase di startup?
Sicuramente la più grande sfida è stata disegnare un modello di gestione che stimolasse e integrasse le logiche di co-progettazione e un ambiente favorevole alla creazione di economia di scala e competenza. Oggi gli Enti sono 19 (qui l'elenco) , ma per prossimi anni c'è l'intenzione di accoglierne altri sia residenti che non. Da un punto di vista personale, anche per il mio trascorso lavorativo, una delle maggiori soddisfazioni risiede nell'aver costruito un team di lavoro con competenze trasversali e manageriali come solitamente non si trovano nelle istituzioni italiane. Il nostro staff oggi è composto da 14 persone, la maggior parte delle quali sono state reclutate attraverso un meccanismo di distacco parziale dagli Enti stessi che fanno parte del Polo. Questa modalità permette da un lato di sgravare gli Enti delle spese dirette, in quanto il personale è in parte pagato dal Polo, dall'altro di sviluppare preziosi percorsi di empowerment a favore di giovani manager culturali che svilupperanno esperienze e competenze a vantaggio del Polo e degli enti partecipanti di provenienza.

Come si sostiene il Polo?
Attualmente il nostro bilancio si aggira intorno ai 2.000.000 di €: la quota dei tre soci fondatori pari a 1.200.000 € (600.000 dalla Compagnia di San Paolo, 300.000 dalla Città di Torino e 300.000 dalla Regione Piemonte) sommata ai contributi dei 19 Enti, che complessivamente ammontano a 139.000 €. La parte restante arriva da altri ricavi (circa 140.000 €) e da investimenti o progetti straordinari che nel 2018 ammontavano a circa 400.000 €.
Noi, a differenza di un museo, non abbiamo ricavi diretti da attività caratteristica, non facciamo biglietteria e secondo il nostro modello di business attuale i principali servizi sono offerti in un regime di gratuità (biblioteche, archivi, eventi, iniziative); l'unica fonte di reddito accessorio è di fatto rappresentato dagli affitti degli spazi. Per questo motivo sappiamo di dover sviluppare prima possibile un progetto di fundraising articolato e diversificato, che spazi dalle donazioni private alle sponsorizzazioni. Quest'anno abbiamo anche lanciato “I Cento per il ‘900”: un club che riunisce aziende e cittadini privati, che condividono la missione del Polo e desiderano sostenerne la progettualità anche in ottica di Responsabilità Sociale d'Impresa. L'intento del Club è quello di raccogliere 100 sostenitori in tre anni selezionati attraverso auto-candidature o presentazione di altri membri del Club. L'ingresso avviene tramite donazione a partire da 1.000 € per persone fisiche e 10.000 € per persone giuridiche, che possono godere dell'incentivo fiscale previsto dall'Art Bonus, recuperando così il 65% della propria donazione tramite credito d'imposta.

Come si costituisce la programmazione di un Ente così complesso?
Il programma culturale del Polo è, di fatto, espressione delle esperienze e delle molteplicità di voci che lo compongono e che declinano i temi più attuali della nostra società: lavoro, futuro, memoria e impegno civile, diritto e democrazia, innovazione sociale, tecnologia e linguaggi. Nel 2018 abbiamo prodotto e ospitato 648 eventi tra incontri, workshop, spettacoli e attività didattiche per un totale di 67.400 presenze, il 18% in più rispetto al 2017, di cui il 40% è pubblico nuovo e, tra gli aderenti alla membership, il 70% risulta essere under35.
In concreto, ci occupiamo di ricerca, divulgazione culturale e produzione di mostre. Ovviamente ogni iniziativa culturale è coordinata dall'ente di competenza, per esempio l'ISMEL ha coordinato il progetto “Lavoro e partecipazione”, il Centro Studi Primo Levi ha coordinato il progetto “Primo Levi al Plurale” per celebrare il centenario della nascita dello scrittore e l'Unione Culturale Antonicelli il progetto “Polo Presente” per approfondire il sistema dei diritti nella società attuale. Tra le iniziative più riuscite dell'ultimo anno dobbiamo sicuramente citare la mostra “Berlino 89. Muri di ieri e di oggi”, l'iniziativa coordinata dall'Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini a cui hanno partecipato tutti gli enti del Polo e anche altri soggetti esterni come, ad esempio, il Castello di Rivoli. Contemporaneamente il Polo si occupa di formazione per le scuole di ogni ordine e grado, con attività che nel 2018 hanno visto coinvolti oltre 12.000 studenti. Nel 2019, l'attività didattica si è declinata su diverse direttrici: si va da “I linguaggi della contemporaneità”, a cura di Istoreto in collaborazione con laFondazione Scuola della Compagnia di San Paolo, al contest per giovani filmaker “Filmare la Storia” a cura dell'ANCR. Per il Polo, fare didattica significa porsi anche obiettivi di educazione civica, un antidoto straordinario contro l'indifferenza e le varie intolleranze in questo complesso momento socio-politico.

Quali sono gli obiettivi a breve termine?
I prossimi ambiziosi passi avranno a che fare con il processo di riqualificazione dell'area antistante al Polo e con la ricerca di nuovi spazi di ampliamento del centro, sempre con l'obiettivo di costruire un Polo ancora più inclusivo, lavorando in maniera strutturata sul tema dell'audience development anche al di fuori del territorio regionale.

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