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arte a Venezia

Un programma di performance che sfida convenzioni estetiche, comportamentali e sociali

Ralph Rugoff e Aaron Cesar
Ralph Rugoff e Aaron Cesar

Non è certo una novità quella di trovarsi nel bel mezzo di una performance tra i Giardini e l'Arsenale durante laBiennale di Venezia. Ma la particolarità di questa 58ª edizione è che, oltre alle performance che avverranno nella Mostra e nei singoli padiglioni nazionali, sarà sviluppato un programma ufficiale della Biennale che darà ulteriore spazio a questo mezzo. Meetings on Art – questo il nome del progetto curato da Ralph Rugoff, direttore artistico della Biennale, e Aaron Cezar, direttore e fondatore della londinese Delfina Foundation – interesserà gli spazi circostanti i Giardini, le aree esterne e gli spazi interni, il Teatro alle Tese e il Teatro Piccolo dell'Arsenale. Nei primi e negli ultimi giorni di apertura della Biennale (11-12 maggio e 22-23-24 novembre, qui il programma) si svolgeranno una serie di performance, e per l'intera durata della mostra si terranno incontri e dibattiti con artisti.

Paul Maheke

Gli artisti
Sono 13 le performance del programma Meetings on Art, realizzate da 17 artisti: Alex Baczynski-Jenkins, boychild, Paul Maheke, Nástio Mosquito, Florence Peake & Eve Stainton, Victoria Sin, Zadie Xa, che vedremo nel weekend di apertura; Vivian Caccuri, Cooking Sections, Invernomuto, Paul Maheke & Nkisi, Vivien Sansour e Bo Zheng in quello di chiusura.
Dall'analisi delle presentazioni delle singole performance, emerge chiaramente come il lavoro degli artisti metta in discussione le categorie di pensiero esistenti, spingendoci “a guardare con sospetto a tutte le categorie, i concetti e le soggettività̀ che sono dati per indiscutibili”, come dice Ralph Rugoff a proposito di “May You Live In Interesting Times”. Aaron Cezar, che abbiamo intervistato su Meetings on Art, ci racconta come sono stati selezionati gli artisti: “Ralph Rugoff ed io volevamo riunire una serie di opere performative che avrebbero portato le idee della Mostra all'esterno e negli spazi circostanti della Biennale, animando i Giardini e le aree di passaggio, gli 'spazi intermedi'. Avendo in mente questo, ci siamo rivolti ad artisti le cui pratiche hanno messo alla prova le convenzioni estetiche, comportamentali e sociali. Le performance che verranno presentate nell'ambito di Meetings on Art interrogano la politica dell'identità, comprese le idee di nazionalità, genere e intersezionalità. Considerano l'architettura della rappresentazione e il modo in cui il linguaggio, articolato attraverso il corpo e la voce, può riaffermare o rifiutare le convenzioni”.

Chi finanzia il programma
Le tredici performance e la serie di incontri con artisti (tra cui, ad esempio, Lara Favaretto, Dominique Gonzales-Foerster, Tomàs Saraceno) sono co-prodotte dalla Biennale di Venezia e dalla Delfina Foundation. Anche in questa occasione, si è rivelato fondamentale l'appoggio economico delle istituzioni esterne e delle gallerie che sostengono i singoli artisti. Tanto più che si tratta di performance, un mercato poco sviluppato. Il programma Meetings on Art è sostenuto dall'Arts Council England, ente di finanziamento pubblico per l'arte e la cultura “che desiderava programmi che riflettessero vitalità e diversità della scena artistica della performance in Inghilterra, che è veramente globale nelle sue prospettive, nonostante la situazione con Brexit”, dice Aaron Cezar.
Oltre ai finanziamenti dell'Art Council England, hanno collaborato al progetto un certo numero di mecenati e fondazioni, che hanno contribuito a coprire i costi. Tra questi, figurano l'European ArtEast Foundation, che sostiene l'arte visiva dall'Europa dell'Est attraverso progetti internazionali; l'Instituto Inclusartizdi Rio de Janeiro, che promuovere l'educazione e la cultura e lo scambio culturale. Ulteriori apporti finanziari sono arrivati dalla High Commission of Canada; Spring Workshop, organizzazione culturale con sede a Hong Kong; l'avvocata londinese Razwana Akram; la collezionista Francise Chang; e la Delfina Foundation's Network of Asia-Pacific Patrons.
Tra le gallerie che rappresentano i singoli artisti vi sono le londinesi Bosse & Baum, Carlos/Ishikawa e Union Pacific; Galería Agustina Ferreyra, Città del Messico;Galerie Sultana, Parigi; la taiwanese Chi-Wen Gallery e l'angolana Jahmek Contemporary Art. Non tutti gli artisti hanno gallerie commerciali. Per questo motivo, sottolinea Aaron Cezar, era importante avere altri finanziamenti: “I costi della performance art possono essere piuttosto alti, date le spese di manodopera e di produzione e più lunga è la durata o il lavoro, maggiori sono i costi del lavoro ogni giorno”.
Esemplifica l'impegno nella produzione da parte di una galleria verso un suo artista Guillaume Sultana, della Galeria Sultana di Parigi, che sostiene Paul Maheke (1985, Brive-la-Gaillarde, France), autore della performance «Seeking After the Fully Grown Dancer *deep within* (2016-2018)», “un assolo di danza in cui si intrecciano il linguaggio e movimenti improvvisati; parlo al pubblico mentre eseguo una tecnica di ballo chiamata Authentic Movement” – ci dice l'artista. Il lavoro è parte della collezione della Walker art Gallery Liverpool, a cui la Galeria Sultana, che rappresenta l'artista dal 2016, lo ha venduto nel 2018 (prezzo per le istituzioni: 5.000 €; quotazioni dell'artista: performance da 5.000 €, sculture: 2.500-10.000 €, installazioni: 15.000-30.000 €, video da 5.000 €). “C'è un contratto di vendita che comprende le condizioni, come e chi può eseguire la performance. Siamo felici di averlo venduto perché è un lavoro molto rappresentativo di Paul, ed è una performance che normalmente ha un mercato molto limitato”, aggiunge Guillaume Sultana. Per Venezia la galleria ha contribuito alle spese per circa 2.000 € (voli e sistemazione dell'artista). Il compenso di Maheke e la produzione del suono della performance sono corrisposti, invece, dalla Delfina Foundation e dall'Arts Council England.

Paul Maheke

Che cosa aspettarsi l'11 e 12 maggio
Nei giorni inaugurali vedremo due tipi di lavori: performance di artisti che utilizzano costumi e strumenti, come quelle di Zadie Xa e Nástio Mosquito, e performance che si concentrano sul corpo e sul movimento, esplorando idee che comprendono affetto e autenticità, come quelle di boychild, Florence Peake & Eve Stainton e Paul Maheke.
Le prime due performance di sabato 11 maggio consistono in due parate. Nástio Mosquito – già presente a Venezia nel 2015 con un progetto alla Nuova Icona in collaborazione con l'Ikon Gallery di Birmingham – indagherà la tangibilità dei sogni individuali in relazione al nostro stato mentale collettivo con la parata No.One.Gives.A.Mosquito's.Ass.About.Our.Performance (con il supporto di Jahmek Contemporary e Razwana Akram); Zadie Xa (sostenuto dall'High Commission of Canada, Agustina Ferreyra, Union Pacific e la Delfina Foundation's Network of Asia-Pacific Patrons) con Grandmother Mago esplorerà identità multiple, storie di finzioni familiari e la trasmissione della conoscenza ancestrale attraverso strutture sociali matrilineari.
L'artista performativa statunitense boychild (supportata da Spring Workshop e dalla galleria Carlos/Ishikawa), nota per le sue esibizioni in discoteche e locali di musica in Europa e Stati Uniti, condurrà la «Untitled Hand Dance. Florence Peake & Eve Stainton», che nel loro lavoro indagano le ecologie simbiotiche e il senso lesbo omosessuale attraverso pratiche di movimento somatico e coreografico, in Apparition Apparition (sostenuto da Bosse & Baum Gallery, Raven Row Gallery, Nikki Tomlinson, Martin Hargreaves, IntraGalactic Arts Collective Sweden, The Place) esploreranno la nozione di materialità e la natura dei nostri sé fisici/corporei nel contesto della devastazione ecologica.

Qualche anticipazione sulle performance di novembre
È ancora presto per avere un quadro preciso delle performance che si terranno a novembre, ad oggi in via di definizione. L'unico artista/collettivo italiano chiamato a prendere parte al programma è Invernomuto (Pinksummer Contemporary Art; quotazioni: da 1.500 € per i lavori più piccoli, 8mila per le sculture e le fotografie, fino ai 20mila per i video), che abbiamo visto lo scorso anno a Manifesta12 a Palermo con «Black Med», una piattaforma online e una serie di azioni live e musicali al Teatro Garibaldi. Alla scorsa Manifesta – e poi anche al Parco Arte Vivente a Torino – abbiamo incontrato anche il lavoro dell'artista, scrittore e insegnante Zheng Bo, impegnato nell'arte socialmente ed ecologicamente impegnata.
Sono previste anche residenze presso la Delfina Foundation. È il caso della scrittrice, produttrice e fotografa palestinese Vivien Sansour: “Sono ancora nella fase preliminare della preparazione del mio lavoro per Venezia. Farò una residenza artistica presso la Delfina Foundation a partire dalla prossima settimana per sei settimane, dove lavorerò con il curatore Aaron Cezar per sviluppare la mia performance. Il mio lavoro si concentra sulle piante e la cultura alimentare come un modo per capire e riconnettersi al nostro mondo interiore e ai suoi paesaggi mutevoli”. Sansour ha già lavorato in Italia con gli agricoltori della Pianura Padana, nel tentativo di recuperare i loro semi di cimelio tra cui una vecchia varietà di grano chiamata Autonomia. “Spero di includere parte di quel lavoro nella mia opera a Venezia”, conclude.

Il mercato della performance a Londra
Questa collaborazione tra la Biennale di Venezia e la Delfina Foundation potrebbe dunque rivelarsi piuttosto interessante. La fondazione ha sede in una città, Londra, che presenta una scena vivace rispetto a questo mezzo. “Negli ultimi anni – dice Aaron Cezar – la performance art è stata sviluppata e supportata da organizzazioni dedicate tra cui laLive Art Development Agency, il Block Universe festival e il festival Art Night London. Le organizzazioni, concentrandosi in particolare sulle performance, aiutano gli artisti a sostenere le commissioni, oltre a portare la performance artistica al pubblico attraverso eventi e festival. LaTate è stata un leader in termini di presentazione museale delle performance. The Tanks, aperto nel 2016, offre uno spazio unico. Più recentemente, hanno inscenato un'opera di Anne Imhof che ha vinto il Leone d'oro nell'ultima Biennale di Venezia del 2017, una performance duratura. La Tate ha anche acquisito opere di artisti performativi per la sua collezione. Lentamente tali azioni stanno spingendo il mercato commerciale verso le performance”.

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