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Perché la guerra in Yemen tocca anche il nostro mercato dell'arte

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il saccheggio dei beni culturali

Perché la guerra in Yemen tocca anche il nostro mercato dell'arte

Old City of Sana'a, Yemen, World Heritage site © UNESCO/F. Bandarin
Old City of Sana'a, Yemen, World Heritage site © UNESCO/F. Bandarin

Il medio oriente è una delle regioni più complesse al mondo dove attualmente due paesi rivali, l'Arabia Saudita e l'Iran combattono indirettamente su più fronti: quello iracheno, siriano, e, da quattro anni, si scontrano in territorio yemenita. In Yemen, dal 2015, quando Abdrabbuh Mansur Hadi, sciita, con un atto di imperio decise di mantenere illegalmente il potere, l'ex presidente Ali Abdullah Saleh, appoggiato dall'Arabia Saudita – a sua volta armata dagli Stati Uniti, si è ribellato dando inizio alla guerra civile.

Old City of Sana'a, Yemen, World Heritage site © UNESCO/F. Bandarin

L'Iran per ragioni religiose si è schierato con Hadi e i ribelli Houthi e continua a fronteggiare i sauditi tramite un modus bellandi definito in inglese come “proxy warfare”, una sorta di “guerra per procura”. Dopo quattro anni di scontri civili, i report delle Nazioni Unitecondannano le “sofferenze inumane” patite dalla popolazione yemenita con decine di migliaia di morti, milioni di scomparsi, epidemie di colera e città con accesso all'acqua un giorno su venti. Dopo il bombardamento dell'unico porto ancora accessibile per l'approvvigionamento di viveri, il Word Food Programme parla di “insicurezza alimentare” che si traduce in 45% del paese malnutrito e 54% che vive in povertà. Dal 2015, tre dei quattro siti yemeniti eletti “Patrimonio UNESCO” (il quarto è un sito naturale) sono passati nella lista dei siti in pericolo che rischiano di essere declassati.
Crocevia politico e culturale tra Arabia, Africa dell'Est e l'oceano indiano, bagnato dalle piogge torrenziali dei monsoni, lo Yemen è stato culla delle grandi civiltà islamite e patria di innumerevoli dinastie che per secoli si sono contese la penisola. Che siano moschee medievali, antiche costruzioni idriche (diga di Maʾrib, II millennio a.C.), pergamene o rovine dell'epoca coloniale, ognuna delle civiltà di passaggio ha lasciato tracce in questa terra.
Secondo il Wall Street Journal, le distruzioni del patrimonio yemenita hanno ricevuto scarsa attenzione mediatica. Mentre il mondo guarda altrove le librerie del paese vengono sventrate e gli antichi manoscritti sono trafugati ed esportati illegalmente. Ad allarmare i ricercatori è anche la distruzione e la scomparsa degli antichi manoscritti Zaydis - una poco conosciuta branca dell'islam sciita che risale al secolo VIII –che si trovano sparsi in piccole librerie e musei in giro per il paese. Sempre secondo il WSJ, sarebbe da mettere in sicurezza anche uno dei frammenti del corano unico al mondo conosciuto come il frammento del Corano di Sana'a, perché rinvenuto all'interno della Grande Moschea della città omonima nel 1972. Questo frammento presenterebbe una versione del Corano “apocrifa”, ossia diversa da quella (canonica) attualmente attestata.
Per fermare la diaspora degli oggetti yemeniti illegalmente esportati, il 1° febbraio 2018, l'ICOM ha rilasciato la Red List degli oggetti yemeniti a rischio di traffico illecito. Anche l'UNESCO si sta muovendo per sensibilizzare i mercati e dal 2015 è impegnato in un Piano di Emergenza per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Yemenita. Ai collezionisti di arte mediorientale va inoltre ricordato che essendo lo Yemen, come già l'Italia, Stato Contraente della Convenzione de L'Aia del 1954 sulla Protezione dei Beni Culturali durante i Conflitti Armati e del suo primo Protocollo (sempre del 1954) ogni incauto acquisto è soggetto a restituzione (o risarcimento) considerando che il primo protocollo dell'Aia prevede “la restituzione, al termine delle ostilità, all'autorità competente del territorio prima occupato, dei beni culturali che … sono stati esportati contrariamente ai principi” del primo paragrafo del Protocollo, ossia durante il conflitto.
Mentre l'Europa potrà contare sul nuovoRegolamento sull'importazione dei beni culturali(approvato il 12 marzo 2019) per impedire che i mercati siano invasi da beni come quelli yemeniti di provenienza illecita attraverso il rafforzamento dei controlli alla dogana. Gli Stati Uniti sembrano avere dato inizio ai negoziati con lo Yemen per la firma di un accordo bilaterale sotto l'ombrello del Cultural Property Implementation Act (CPIA). In questa ambage, pendente la messa in moto del regolamento europeo, per ogni collezionista che volesse acquistare beni di provenienza yemenita la strategia da adottare è, per citare il giudice della Corte Suprema dello stato di New York, “caveat emptor al quadrato”.

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