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Locazioni, a Milano rinnovo dell’accordo per il canone concordato dopo 16 anni

  • –di Dario Aquaro

Dopo 16 anni Milano rinnova l'accordo locale per il canone concordato. La firma dei rappresentanti dei sindacati inquilini (Sunia, Uniat, Conia) e della proprietà edilizia (Uppi, Assoedilizia, Asppi, Appc, Confappi, Confabitare) è arrivata questa mattina nella Sala Giunta di Palazzo Marino, al termine di una trattativa durata 14 mesi. Il testo sostituisce quello finora vigente, datato 5 luglio 1999, «che si è dimostrato inefficace nel proporre un canale alternativo ai contratti di libero mercato», commenta l'assessore alla Casa e Demanio, Daniela Benelli. Il Comune, parte attiva nel sollecitare la revisione del vecchio testo, si augura così di «dare una risposta ad alcune forme di disagio abitativo: quello delle famiglie che pur non avendo i requisiti per accedere all'edilizia popolare, faticano a sostenere i canoni del mercato privato; e quello dei proprietari di moltissimi appartamenti ancora inutilizzati».

Sono individuate dodici “zone urbane omogenee”, che accorpano le varie microzone sulla base di valori di mercato, dotazioni infrastrutturali e tipi edilizi. Nell'ambito di ogni zona è quindi definita la fascia di oscillazione con valori minimi e massimi del canone, suddivisa in tre sub-fasce con riferimento a una lista di elementi oggettivi dell'immobile: dagli impianti tecnologici alle pertinenze, dalla presenza dell'ascensore allo stato manutentivo, alla prossimità di stazioni metropolitane, esercizi commerciali e servizi sociali. Dall'incrocio di zona urbana ed elementi emerge dunque il range entro cui ricade il canone convenzionato da stabilire, che può essere applicato anche a contratti transitori o per studenti universitari. Per la stipula dei contratti, le parti possono naturalmente farsi assistere da una delle associazioni firmatarie dell'accordo.

Rispetto ai numeri dell’Agenzia del Territorio, con i valori di canone disegnati dal nuovo accordo gli inquilini milanesi arriverebbero a risparmiare in media il 30% sulla cifra dell'affitto a prezzo di mercato. E i proprietari? «Affinché il sistema funzioni – osserva il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici – si deve tendere il più possibile a rendere la scelta indifferente da un putno di vista economico. Secondo alcuni nostri calcoli preliminari, tenendo conto delle agevolazioni e a parità di scelta fiscale (tassazione ordinaria o cedolare secca), il differenziale negativo che risulta dall'applicazione dei nuovi valori concordati – rispetto a quelli liberi – è nell'ordine del 13-15 per cento». Ma la via convenzionata potrebbe ridurre i rischi di morosità dell'inquilino (gli sfratti “incolpevoli” hanno raggiunto i 15mila), «che agli occhi dei piccoli proprietari – sottolinea Paolo Giuggioli dell'Uppi – rappresentano il maggior pericolo». La definizione del nuovo accordo potrebbe inoltre spingere gli acquisti di immobili nuovi in classe energetica elevata, che godono della deduzione del 20% se vengono locati per un certo periodo a canoni ridotti.

Le agevolazioni fiscali per i contratti concordati non mancano. A partire dalla possibilità di scegliere la cedolare secca al 10%, che sarà ufficialmente in piedi fino al 2017 ma potrebbe esser prorogata. Il comune di Milano applica poi l'Imu allo 0,65% anziché al 0,96%, e ha messo a disposizione dell'Agenzia sociale per la Locazione risorse per quasi 7 milioni di euro. Risorse destinate ad attivare il Fondo salvasfratti (il proprietario che decide di interrompere una procedura di sfratto per morosità incolpevole e di sottoscrivere con l'inquilino un contratto a canone concordato viene risarcito delle morosità pregresse fino a un massimo di 8mila euro); il Fondo di garanzia (il proprietario che affitta a canone concordato è tutelato fino a 18 mensilità da eventuali inadempienze dell'inquilino, che rientra dal debito concordando un piano con l'Agenzia); il contributo una tantum, rapportato alla durata del contratto e destinato al proprietario che passa al canone concordato).

Sono misure che dovrebbero aiutare a (ri)lanciare questa forma contrattuale, in una città dove gli alloggi in locazione sono circa 178mila, dei quali 70mila sono pubblici (Aler e Comune) e 8mila di grandi proprietà (enti, assicurazioni, immobiliari con oltre 100 alloggi), come ricorda il Sunia. «Sono dunque ben 100mila le famiglie in affitto a libero mercato, e a questo bacino si rivolge l'accordo sottoscritto oggi», dichiara il segretario generale Sunia Milano, Stefano Chiappelli. «Il vecchio accordo locale del '99, un'altra epoca storica, aveva valori troppo distanti e fuori mercato, ed è stato applicato soltanto alle fasce deboli degli inquilini delle grandi proprietà. Attualmente i contratti stipulati con quel testo sono inferiori al 10% del totale. Il nostro auspicio è di raggiungere anche qui i livelli di città come Bologna o Torino dove si è raggiunto il 70 e si va verso l'80 per cento». Il primo passo, dopo 16 anni, è stato fatto.

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