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Siiq, rinviata la sfida in Borsa

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QUOTAZIONI

Siiq, rinviata la sfida in Borsa

  • –di Paola Dezza

Le Siiq italiane in Borsa non decollano. Senza troppi di giri di parole è questa l’amara verità che il sistema immobiliare italiano deve digerire. Ma ancora più utile sarebbe affrontare una riflessione, seguita si spera da azioni pratiche, per capire quali sono i nodi da sciogliere.

A settembre, cambiate alcune regole, le nuove Siiq sulla carta sembravano portare con sè l’opportunità di fare ripartire il segmento immobiliare di Borsa, destinato a un lento quanto inesorabile declino. Oggi alla luce dei due ultimi rinvii al nuovo anno da parte di Coima Res e di Idea real estate e del tentativo fallito di Sorgente Res, arrivata fino alla Ipo ma costretta a ritirarsi per mancanza di richieste sufficienti, e prima ancora di Domus Italia, non si può più basare il proprio giudizio su casi singoli. Positiva è, invece, la notizia di Aedes che diventerà Siiq dal primo gennaio 2016. A riprova che la formula in sè è appetibile.

Se è vero che una influenza non da poco possono averla i mercati e la loro sensibilità a qualsiasi evento di natura economica ma anche geopolitica, bisogna ammettere che a oggi questa non può essere l’unica causa di rinvii e ritiri.

A dispetto di un mercato europeo che in Borsa sta andando bene, come ha evidenziato l’ultimo report sul settore a opera di Credit Suisse, che sottolinea come il settore quotato europeo abbia performato meglio di Asia e Stati Uniti, grazie soprattutto alla buona performance di Spagna e Germania nel penultimo quarter. L’Italia non partecipa alla festa. Esclusa anche per via della scarsa capitalizzazione del segmento immobiliare in Borsa, due miliardi di euro circa, ma anche per motivi relativi a una trasparenza da migliorare.

In alcuni dei casi relativi al mancato sbarco delle Siiq a Piazza Affari ha pesato senz’altro il conflitto di interesse tra la nuova società costituita e il gruppo che l’ha realizzata. Nel caso di Sorgente Res per esempio non è bastato che Valter Mainetti si impegnasse a rimettere le cariche ricoperte nella Sgr dopo la quotazione della Siiq, nella quale sarebbe stato presidente. Secondo qualche esperto lo stesso discorso del conflitto di interessi si può avanzare per Manfredi Catella a capo di Coima Res. Il gruppo De Agostini ha, invece, scelto per la quotanda Idea real estate un manager non legato alla società, Alessandro Pasquarelli in qualità di amministratore delegato arrivato da Euromilano.

«Le regole per il funzionamento della macchina sono da tutti giudicate competitive ed efficienti - spiega Giuseppe Andrea Giannantonio, partner dello studio Chiomenti ed esperto di materia fiscale -. Il conflitto di interesse è un argomento sul tavolo, figlio del fatto che veniamo da un mondo in cui fino a poco tempo fa le Siiq non esistevano ed esistevano invece soltanto i fondi immobiliari. I professionisti necessariamente arrivano da quel settore ed è normale che ci si trovi in una prima fase in un momento di transizione».

Ma questo è un nodo che non piace agli analisti. «I motivi dell’insuccesso delle Siiq in Italia sono sostanzialmente tre - spiega al Sole24 Ore Henri Quadrelli, senior analyst real estate presso Société Générale a Parigi -. Innanzitutto governance e conflitto di interesse. Questo primo motivo è spesso legato alla costituzione delle Siiq, nate tutte finora da fondi immobiliari. Questo significa che la strategia di gestione resta legata ai fondi. La Siiq, infatti, non ha sempre saputo dimostrare l’indipendenza del management rispetto alla struttura dei fondi sia sotto il profilo dell’attribuzione degli asset al patrimonio della quotanda sia in termini di gestione del portafoglio». Come dire che è troppo facile cadere nel rischio di trasferire asset dai fondi alle Siiq per motivi che esulano dalla validità degli immobili stessi. «Il secondo problema delle Siiq sono le valutazioni - continua Quadrelli - gli yield sono bassi, bisogna invece considerare che ci troviamo in Italia, un Paese ritenuto periferico e dove quindi l’apprezzamento del rischio è più alto di altri Paesi. Il 5% di yield considerato in media rischia di essere troppo contenuto per essere attrattivo». Ultimo motivo, ma non di minore importanza, è quello relativo al track record dei manager e alla pipeline degli investimenti. «Le Siiq italiane hanno scelto di andare sul mercato a raccogliere capitali per fare investimenti, senza però dare indicazioni dettagliate sulla natura degli acquisti - sottolinea l’intervistato -. Gli aumenti di capitale sono importanti, da 500 milioni a un miliardo di euro, e dovrebbero essere corredati da dettagli molto circoscritti. Anche il track record del management, in generale, non è risultato soddisfacente per come presentato». Un conto è gestire fondi, un altro è gestire una società quotata e rapportarsi all’ambiente finanziario internazionale.

Sono da escludere, invece, problemi legati alla liquidità del mercato italiano o allo scarso interesse degli investitori per il real estate del nostro Paese, che invece risulta decisamente appetibile in questa fase. I problemi sono legati proprio alla modalità di costituzione delle Siiq e a come si sono presentate al mercato. «Un ennesimo nodo è legato agli stipendi dei manager del real estate in Italia - dice un altro analista - decisamente elevati rispetto alla media europea».

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