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Smart house: fino al 2020 investimenti annui per almeno 2 miliardi per la domotica energetica

  • –di Dario Aquaro

Le soluzioni “smart” per la gestione dell’energia negli edifici dischiudono in Italia un potenziale di mercato teorico di circa 590 miliardi di euro, calcolato su edifici esistenti e nuovi (in fase di costruzione) che potrebbero esser resi intelligenti nel periodo 2016-2020. Si tratta di un potenziale ascrivibile per quasi il 97% (572 miliardi) agli edifici residenziali esistenti, a causa dell'elevato numero di abitazioni che ancora oggi presentano livelli di domotica “nulli” e agli alti costi di investimento richiesti.
Ma osservando la convenienza economica, il grado di maturità tecnologica delle soluzioni e la sua possibile evoluzione nel corso dei cinque anni, e considerando il parere degli operatori circa le probabili fasce di penetrazione, lo scenario di diffusione atteso al 2020 si attesta tra i 9,3 e 17 miliardi di euro. Che significa un volume d'affari medio annuo di circa 1,9-3,4 miliardi.

L'analisi arriva dall'ultimo report dell'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, presentato a Milano il 3 dicembre, da cui emerge come sia ancora lunga, in ambito residenziale, la strada per giungere a un compiuto panorama di “intelligent building”. Vale a dire edifici dove gli impianti sono gestiti in maniera integrata e automatizzata, grazie a infrastrutture di supervisione e controllo che consentono di massimizzare il risparmio energetico, il comfort e la sicurezza degli occupanti. E che allo stesso modo possono garantire l'integrazione con la rete elettrica.

La gestione energetica e i diversi livelli di “intelligenza”
Sono dunque tre le macro-categorie domotiche presenti all'interno di un intelligent building: “energy” (impianti di illuminazione, di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria, per il controllo dei carichi, per la produzione e l'accumulo di energia in loco); “entertainment” (impianti per la gestione e il controllo di apparecchi multimediali audio-video); “safety&security” (impianti per la prevenzione e gestione dei rischi per l'incolumità e la sicurezza degli occupanti).

Il lavoro degli esperti del Politecnico si concentra sull'aspetto energetico, disegnando cinque archetipi di edificio, con un crescente livello di complessità definito dal numero degli impianti intelligenti e dalla loro capacità di integrazione. Ne risulta una scala che va dalla “semplice” automazione di singoli impianti (illuminazione; climatizzazione,; controllo carichi/elettrodomestici) all'automazione di gruppi di impianti, fino ad arrivare alla gestione integrata che rappresenta il vero esempio di “edificio intelligente”. A questo livello può seguire un'ulteriore evoluzione, che contempla anche la presenza di impianti per la produzione e l'accumulo di energia in loco , nell'ottica di un futuro ruolo dell'edificio quale nodo della Smart grid.

La convenienza degli investimenti in ambito residenziale
Qual è allora la sostenibilità economica di questi archetipi? Quanto è conveniente realizzarli in ambito residenziale? Per capirlo, si è presa ad esempio un’abitazione di 90mq, con consumi elettrici tra 2.500 e 4mila kWh (dai 600 ai 900 euro all’anno, ndr) e termici tra 10mila e 16mila kWh (tra i 1.600 e i 2.500 euro anui). Guardando il tasso di rendimento annuo e il tempo di pay-back degli investimenti, e confrontandoli con i rispettivi valori soglia (4% e 4-6 anni) ritenuti accettabili. Mentre per la stima dei risparmi attesi si è richiamato quanto previsto dalla norma tecnica Uni En 15232 (“prestazione energetica degli edifici”), che valuta l'impatto della building automation. Il quadro nazionale - sottolinea il report – è infatti piuttosto evoluto dal punto di vista normativo, pur se appare meno avanzato quanto ad obblighi «ed incentivi (con particolare riferimento ai Titoli di Efficienza Energetica) che presentano rilevanti limiti all'utilizzo».

Dalle simulazioni risulta che in ambito residenziale tutti i tipi di intervento analizzati (cioè tutti i livelli di “intelligenza”) raggiungono la sostenibilità economica, se stimati in termini di rendimento. Ma nonostante si ripaghino entro la vita utile dei sistemi implementati, gli investimenti mostrano tempi di ritorno superiori alle soglie, per effetto del forte costo iniziale da sostenere. Il discorso cambia però quando - sugli edifici esistenti - si considerano le detrazioni fiscali Irpef per ristrutturazioni (50%): perché «gli economics - si legge nello studio - migliorano in maniera sensibile, raggiungendo in alcuni casi la soglia minima prevista per l'investimento residenziale». Come ad esempio nel caso della gestione domotica dell’impianto termico, per cui è prevista una soglia intorno ai 6 anni.
E gli incentivi fanno sentire il loro peso anche sull'archetipo “ulteriore”: quello che, oltre alla gestione integrata, comprende anche un impianto fotovoltaico e un sistema di storage (batterie). E che di base non raggiungerebbe mai valori di sostenibilità economica accettabili. Grazie alle agevolazioni fiscali (che la legge di Stabilità in fase di approvazione proroga anche per il 2016, senza modifiche), il tasso di rendimento per gli edifici esistenti diventa invece pari al 10%, «a testimonianza della rilevanza di questo strumento incentivante per la promozione, almeno nel breve periodo, dell'intelligent building in ambito residenziale».

Gli scenari di diffusione attesa
Il volume d'affari medio-annuo atteso fra il 2016 e il 2020 corre - come detto – da 1,9 a 3,4 miliardi di euro. Esiste però «un trend decrescente del grado di penetrazione atteso in ciascuno scenario al crescere del livello di pervasività dell'intelligenza», conclude il report. Si passa infatti da una penetrazione del 19% (per la minor intelligenza) ad una del 9% (per l'intelligenza massima). Per due motivi: «una maggior convenienza economica negli scenari a bassa intelligenza, con particolare riferimento all'ambito residenziale» e «un maggior grado di maturità tecnologica, che riduce le barriere all'adozione da parte del cliente finale».

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