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Valutazione immobiliari, il rebus dei compensi dei periti e il rischio delle stime «gonfiate»

  • –di Adriano Lovera

I compensi da elargire ai periti immobiliari e le corrette valutazioni del prezzo, quando l'immobile finisce all'asta, fanno discutere. Il tema è tecnico, ma in realtà riguarda l'intero mercato. Da un lato, perché da queste procedure dipende la possibilità per il mondo bancario di rientrare dei crediti incagliati (sia che il recupero venga fatto direttamente, sia che se ne occupi un attore esterno come la discussa bad bank). Dall'altro, perché gli immobili che dai Tribunali ritornano sul mercato sono spesso bisognosi di ristrutturazioni, attività vitali per l'edilizia oggi che la costruzione del nuovo va ancora a rilento.

La legge, modificata nel 2015, starebbe per cambiare ancora. Ma la novità in arrivo incontra le critiche di una parte degli operatori. Tutto è iniziato l’estate scorsa, quando è entrata in vigore l'ultima riforma dei fallimenti (legge 132/2015) che apportava un cambiamento importante: il compenso per l'esperto che redige la perizia oggi viene calcolato sulla base del prezzo finale di vendita, mentre da sempre la parcella era legata al prezzo di stima ottenuto dal perito, cifra che esprime il valore di mercato potenziale del bene ma che può differire molto da quella finale di aggiudicazione, cui si arriva spesso dopo numerosi ribassi. Una norma che non è mai piaciuta ai periti, perché finisce per penalizzare la parcella senza rispecchiare a dovere il lavoro svolto.
La riforma, inoltre, impone che al perito possa essere concesso un acconto non superiore al 50% (calcolato sulla stima) e il saldo solo a vendita effettuata, altra condizione che rischia di dilatare troppo i tempi di pagamento.

Ora sembra che sia stata trovata una quadra. Un gruppo di lavoro congiunto tra ministero della Giustizia e Rete delle professioni tecniche (rappresentata dal presidente del Consiglio Nazionale dei Geometri-Cngegl, Maurizio Savoncelli) ha messo a punto una correzione: l'onorario dell'esperto verrebbe legato al prezzo effettivo di vendita solo quando questo risulti più basso di oltre il 35% rispetto alla stima, altrimenti rimane legato al parametro tradizionale. Detto in altri termini, se il perito esagera e “gonfia” la perizia per guadagnare di più, il meccanismo interviene per riallineare i due valori e pagarlo di conseguenza. In tutti i casi, però, la parcella resta proporzionata alla perizia trascorsi 12 mesi dalla messa in asta (resta fermo, invece, il divieto di acconti superiori al 50% prima della vendita). Quest'ipotesi di modifica è stata inserita in un emendamento al Ddl concorrenza (n.47.0.11 a firma di Massimo Caleo) e sarà calendarizzata prossimamente.

L'emendamento non va però giù a E-Valuations, associazione di categoria che riunisce alcune centinaia di valutatori tra geometri, ingegneri e architetti. «Si otterrebbe esattamente l'effetto opposto a quello sperato – argomenta il segretario generale Sandro Ghirardini –. Il perito, infatti, sarebbe indotto a sovrastimare il bene, così da allontanare i potenziali compratori alle prime aste, allungare i tempi e far scattare quella soglia dei 12 mesi che gli assicuri il pagamento legato alla stima prodotta. Se ragionassi in termini corporativi, sarei anche d'accordo. Ma come cittadino, mi pare un autogol».

Oltre al tema del compenso, poi, c'è anche quello della certificazione professionale e delle metodologie da seguire per giungere a valutazioni corrette. Il mondo bancario, in riferimento agli immobili ipotecati a garanzia dei prestiti, si è mosso dotandosi di una autoregolamentazione (Linee guida Abi sulle valutazioni) che non impone, ma almeno consiglia agli istituti, di avvalersi di professionisti dotati di certificazioni riconosciute (norme Uni o qualifica REV/Tegova). Mentre i periti del Tribunale sono scelti dai giudici seguendo criteri consolidati, ossia la semplice iscrizione a un Ordine o Albo professionale (ma in realtà basta anche l'iscrizione al ruolo di agente immobiliare). «Visto che il legislatore mette mano alla materia, potrebbe cogliere l'opportunità per innalzare davvero la qualità del settore – conclude Ghirardini –. Come associazione proponiamo che i periti utilizzati dai Tribunali debbano essere certificati da norme Uni e che il loro compenso (come già avviene, per legge, quando l'incarico arriva dai fondi di investimento) sia slegato una volta per tutte dai tempi, dal prezzo e dall'esito della vendita. Solo così, nell'interesse di tutte le parti coinvolte, possiamo garantire imparzialità. Siamo in contatto con alcuni esponenti politici e speriamo che questo testo diventi un vero emendamento».

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