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Connubio tra cinema, architettura e design. Al via il New York festival sulla scia di Venezia e Milano

Da oggi 28 settembre appuntamento a New York per l’Architecture & Design Film Festival. In programma c’è anche la presentazione di “Amare Gio Ponti”, il documentario realizzato dalla Molteni&C che ritrae il promotore ante litteram del design italiano. È ormai consolidato il matrimonio tra cinema, architettura e design, e la tappa nella Grande Mela arriva subito dopo il film festival di Milano, dopo l’iniziativa genovese Zones Portuaires dedicata al cinema e alle città d'acqua, e dopo Venezia, dove è stato presentato tra l'altro il documentario su Rem Koolhaas, realizzato dal figlio Thomas.

È lungo l'elenco delle iniziative dedicate ai film e ai video sul mestiere dell’architetto, sulle città, sui nuovi progetti di sviluppo. «Tutto è nato a Rotterdam con il primo film festival dedicato all’architettura – spiega Giorgio Scianca, critico cinematografico e architetto, autore del volume La Recita dell’architetto, 1523 film e un videogioco –. Il tema ha fatto poi breccia in numerose città, in alcuni casi con un carattere più culturale, in altri strizzando l’occhio al business. In città come Lisbona o Santiago del Cile i temi sociali e meno glamour hanno connotato le diverse edizioni, in altre realtà come gli Stati Uniti l’aspetto economico è rimasto invece predominante».
Il rapporto tra cinema e architettura si è via via intensificato e le centinaia di titoli raccolti nella ricerca di Scianca ne sono una testimonianza tangibile. Quest’anno a Vicenza è stata lanciata anche la prima edizione del premio Dedalo Minosse dedicato al cinema e nel 2018 l’iniziativa non sarà più solo italiana, ma internazionale. «Le storie legate ai progetti e all’architettura possono diventare trame interessanti per il cinema. Il recente documentario su Pietro Portaluppi e l’architettura moderna milanese – spiega a titolo di esempio Scianca – è stato presentato al festival di Locarno: si è scelto un festival del cinema per presentare la prima di questo documentario».

Più in generale il video oggi si sta affermando come uno strumento di lavoro per gli architetti e per i committenti, un potente mezzo di comunicazione. Non mancano i video prodotti direttamente da e per gli architetti e il successo è raccontato in questo caso dalla rassegna proposta da “Architecture Player” promossa da Image di Marco Brizzi, tra i primi in Italia ad accendere un faro sul tema del video per l'architettura, promuovendo un festival a Firenze che si chiamava “Beyond Media”.
«Il video è anche un potente strumento di promozione per le aziende – aggiunge Scianca – che investono appositamente per farsi conoscere». Nella recente commedia di Riccardo Milani, “Scusate se esisto”, ha partecipato attivamente l’azienda Focchi che, per festeggiare il suo centesimo compleanno, ha investito nel cinema italiano con un'operazione di Tax Credit Esterno e Product Placement. Le scene più emblematiche sono state girate a Londra nel cantiere di King's Cross, creando un legame ideale tra eccellenza italiana e vocazione internazionale.

Parlando di cinema e architettura, è inevitabile una riflessione sui tanti mestieri possibili per i professionisti tecnici: nel cosiddetto mondo del cinema di architetti ne lavorano tanti. «È impressionante scoprire quanti tra registi, attori, autori, scenografi, direttori della fotografia arrivano dalle università di architettura del mondo. Un’affinità – dice Scianca - che si è sviluppata fin dalla nascita ormai secolare della settima arte. Con una crescente intensità poi il cinema ha attinto alle storie e ai personaggi della tradizione e della cronaca dell'architettura. Finti studenti, finti giovani promesse, finti affermati professionisti sono entrati a far parte della storia in celluloide».

Non secondaria è la percezione di questa professione attraverso il cinema. «Ci sono almeno cento film, cento storie, che ogni architetto o studente di architettura dovrebbe conoscere (nella gallery alcuni titoli consigliati). Così come con i libri sacri, i maestri, i luoghi da visitare, le architetture da percorrere, i paesaggi urbani e non da immaginare, l'architetto moderno – conclude il critico - dovrebbe vedere le pellicole per le quali è riconosciuto come tale dal grande pubblico».

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