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    sei guru mondiali

    I sei guru del real estate mondiale: ecco come vediamo il mercato italiano

    Gli investitori cercano più stabilità e trasparenza. Per questo puntano sulle grandi città, meglio se di Nazioni politicamente sicure e in crescita

    6/7 Olaf Schmidt, partner e capo del dipartimento Real estate international di Dla Piper: «Italia interessante per gli internazionali. Caccia al retail di lusso, ai portafogli distressed e a immobili nei centri città da riconvertire in alberghi»

    «Quest’anno riusciamo a portare in Italia al Quo Vadis Summit un panel di interlocutori di altissimo livello internazionale, non solo per merito nostro ma perché la percezione del mercato italiano è migliorata - spiega Olaf Schmidt, partner e capo del dipartimento Real estate international di Dla Piper, che organizza l’evento milanese -.  I nostri clienti internazionali ci confermano che l’Italia si inserisce ancora in un contesto di investimento europeo e i valori hanno un margine di crescita per uno o due anni. Tutto questo però in un contesto di incertezze globali forse mai viste prima».

    Perché ritiene che l’Italia sia in questo momento particolarmente interessante?
    Innanzitutto per la sua stessa debolezza, vale a dire l’incapacità di innescare la ripresa quando lo hanno fatto gli altri mercati internazionali, in particolare europei. L’Italia non è ancora uscita dalla crisi a livello immobiliare, nel senso che la ripresa dei valori non solo non si è vista, ma siamo ancora in una fase di ribasso. Siamo in ritardo di almeno due anni rispetto agli altri mercati, il che significa che l’Italia non è al picco o alla fine del ciclo come gli altri Paesi, ma ha ancora davanti un paio d’anni di crescita e di opportunità.

    Cosa interessa agli investitori esteri, in base alla vostra esperienza?
    Il commerciale delle vie del lusso e gli uffici “prime”  sono mercati che già da qualche anno non hanno battute d’arresto e dove i valori vanno verso l’alto. La concorrenza su questo tipo di prodotto non distingue comunque in base alla provenienza degli investitori, tanto che vediamo molto attivi anche i family office italiani, spesso disposti a pagare di più e a scatenare concorrenza.

    A soffrire sono ovviamente le tipologie secondarie e gli asset non prime. Un fermento interessante si sta poi manifestando sugli asset “distressed”, che non sono i i non performing loan. Si tratta di portafogli che arrivano soprattutto da banche, inerenti finanziamenti in leasing, dove in mezzo a un vasto numero di immobili si trovano alcuni gioielli che, comprati a valori adeguati, piacciono agli investitori internazionali. Le banche si sono ormai  adeguate ai valori opportuni per questo tipo di asset e operatori finora rimasti alla finestra si stanno muovendo, soprattutto di matrice Usa.

    Vedete interesse anche per l’alberghiero?
    Sicuramente sì. E con un movimento inatteso. Non solo c’è una ricerca per gli asset destinati al lusso e ai cinque stelle: parallelamente si sta sviluppando la ricerca di immobili per le catene internazionali di tipo budget, alla ricerca di buone location nelle principali città italiane. Nel mirino, sia per il lusso sia per il budget, non tanto edifici già adibiti al turistico, quanto asset da riconvertire e trasformare, principalmente nei centri città.

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