Non solo le piazze intese nel senso tradizionale del termine: spazi aperti, con panchine e aiuole, luoghi di aggregazione per la comunità. Ma un pensiero nuovo, per recuperare aree a uso pubblico, anche in quei luoghi che – tradizionalmente – sarebbero deputati a un utilizzo “privato”.
Vale per i grandi edifici dismessi, trasformabili in veri e propri polmoni che potrebbero dare respiro allo sviluppo di nuove attività e che, invece, spesso giacciono abbandonati ai margini del tessuto urbano abitato. Così come vale per le scuole, «nuove piazze della città diffusa», come le definisce Maria Alessandra Segantini di C+S Architects, studio che da tempo sta lavorando proprio sul tema dell’inversione del rapporto fra porzioni di spazio da riservare a un uso esclusivo e metrature da restituire alla fruizione collettiva. Non solo negli edifici scolastici, ma anche in quelli che ospitano ospedali o depuratori o musei, pubblici e privati.
Recuperare, progettare e gestire lo spazio pubblico sarà – da domani 25 maggio a sabato, a Roma – anche il tema di una Biennale, promossa dal Consiglio nazionale degli architetti insieme all'Istituto Nazionale di Urbanistica (e la sua sezione laziale), dall’Ordine degli architetti di Roma e dal Dipartimento di Architettura dell'Università Roma Tre, con la collaborazione di UN Habitat e di Anci. L'evento, che taglia nel 2017 il traguardo della quarta edizione, si svolge all’ex Mattatoio di Testaccio (Dipartimento Architettura di Roma Tre a Piazza Orazio Giustiniani 4).
Molti i progetti che saranno presentati fra quelli che hanno risposto alla call “Fare spazi pubblici” lanciata nel dicembre scorso. Fra le altre, spiccano le esperienze promosse dal programma europeo Urbact III, principale strumento comunitario dedicato alla promozione dello sviluppo urbano sostenibile: saranno presentate il 26 maggio alle 10. «Sono decine le città italiane che proprio attraverso Urbact stanno sperimentando azioni di governance partecipata nei contesti urbani – spiega Simone d'Antonio del National urbact point dell'Anci –. Città di piccole, medie e grandi dimensioni, che si confrontano con le stesse sfide e che, grazie alla Biennale, avranno occasione di mettere in rete opportunità e nodi da sciogliere».
Ecco qualche esempio. A Napoli, città capofila del network europeo 2nd Chance per la riconversione dei grandi spazi urbani in nuovi hub a servizio del territorio, è in corso la riqualificazione partecipata dell’ex Ospedale Militare, situato nella zona dei Quartieri Spagnoli. Secondo l'ultima proposta in arrivo dal basso, circa 20mila metri quadrati di territorio (la metà strutture coperte e la metà scoperte) potranno trasformarsi in laboratori di artigianato tradizionale e digitale ed essere inserite in un'area a parco, dove atterreranno anche altri servizi, fra cui ostelli e strutture ricettive per i Giovani.
Lo stesso percorso - nell'ambito del medesimo progetto - lo sta affrontando Genova con la facoltà urbanistica della propria università. Altra esperienza, quella di Piacenza, che in rete con altre città europee sta lavorando con il network Maps sul tema della riqualificazione delle aree militari. Le tre aree individuate sono il Laboratorio Pontieri (acquisito il 24 ottobre 2016 dallo Stato), all'interno delle mura centrali della città, l'ex proiettificio Pertite e Caserma Lusignani, entrambe in zona periferica. Per riconvertirle, si sta pensando a un people mover, un'infrastruttura leggera e sostenibile, che le colleghi alla stazione e le renda così luoghi d'interesse per far nascere rispettivamente uno spazio di aggregazione sociale, culturale e sportivo; un hub di agricoltura biologica, per la produzione a chilometro zero e un centro di ricerca e innovazione su nuovi modelli dell'abitare.
Il Comune di Casoria sta lavorando (con grandi metropoli europee da Barcellona a Vienna, a Oslo) al rilancio della propria cintura urbana nell'ambito del network SubUrban: un programma che, a partire dalla collaborazione con scuole e cittadini, punta alla restituzione alla città del Parco Michelangelo. E, più avanti nel tempo, alla riattivazione di edifici dismessi, come l'ex fabbrica chimica abbandonata di Rhodiatoce.
Attenzione sarà anche dedicata al racconto di esperienze di laboratori urbani: installazioni temporanee e non solo. Fra i casi, che verranno esaminati sempre venerdì mattina, il cantiere civico di San Giovanni in Valdarno (in provincia di Arezzo), dove a maggio (durerà fino a fine anno) l'amministrazione, con l'Università e insieme a associazioni del territorio e imprenditori locali, ha dato il via a un progetto fisico (e non solo) di riallestimento e animazione dello spazio pubblico. A Trento, un collettivo di associazioni locali ha invece operato per “Idee al Bersaglio”, un processo di rigenerazione temporanea di un'area abbandonata del quartiere Piedicastello, che ha visto prima una pulizia e bonifica dei luoghi e poi l'inserimento di una serie di “orti” verticali costruiti con materiale di riciclo.
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