La caccia al rendimento è la sfida che fondi immobiliari e Reit hanno portato avanti nel 2016, puntando a offrire ai propri investitori ritorni mediamente superiori rispetto agli altri strumenti di investimento. In un’epoca in cui sono ancora poche le asset class in grado di assicurare rendimenti positivi.
La garanzia del rendimento dei fondi si basa su una rendita derivante da flussi di locazione - che possono essere messi a repentaglio da eventuali disdette - e le variazioni del cash flow sono guidate da fattori generalmente poco volatili, come incentivi, imposte sugli immobili e spese di manutenzione.
Secondo il consueto rapporto di Scenari Immobiliari sul comparto presentato ieri a Milano, il 2016 si è chiuso con un patrimonio (che raggruppa fondi quotati, non quotati, Reit) di 2.620 miliardi di euro, in aumento del 2,7% rispetto al 2015. Non ci sono variazioni nella tipologia di strumenti e il 77% del patrimonio rimane saldamente in mano ai Reit.
«Tra i fondi immobiliari la larga maggioranza è composta da veicoli non quotati, mentre i fondi quotati restano una minoranza, in Italia come nel resto del mondo, poiché subiscono più pesantemente gli effetti delle congiunture economiche negative e gli andamenti borsistici» recita il report.
Il patrimonio in Europa è pari a 950 miliardi e qui sono operativi oltre 1.700 veicoli (+5,6% rispetto all’anno scorso). I volumi in Europa restano pari al 36% del patrimonio globale. Il 62% della superficie del patrimonio dei fondi è localizzata in Europa occidentale, il 21% in Canada e Stati Uniti, il 12% nell’Europa orientale e il 5% nei Paesi extra-europei. In Italia il patrimonio dei fondi immobiliari dovrebbe raggiungere 50 miliardi di euro a fine anno, dai 48 miliardi registrati a fine 2016 (+4% circa).
L’operazione in corso da parte dell’italiana Prelios Sgr, che cerca un partner di maggioranza, è in linea con il trend mondiale che vede un sempre maggiore consolidamento del settore, con un crescente interesse da parte dei grandi operatori globali verso l’acquisizione di quote di altri soggetti e sinergie sempre maggiori tra Reit e fondi immobiliari, fondi pensione e assicurazioni. Il processo di graduale consolidamento punta a mantenere elevate masse gestite, un buon livello di liquidità e a ridurre la leva, che ha un impatto diretto sul rendimento complessivo. La complessa situazione macroeconomica impone ai gestori cautela nelle scelte di investimento, che va mixata alla ricerca di rendimenti interessanti. «Il driver continua a essere rappresentato dalla qualità, ma con una maggiore propensione al rischio non solo da parte degli investitori opportunistici, ma anche di quelli long-term. La forte concorrenza sui trophy asset nelle città più importanti, oltre al calo dei rendimenti per queste tipologie di prodotto, spinge una parte della domanda a rivolgere l’attenzione verso immobili secondari» sottolinea l’analisi.
In crescita anche l’interesse per i progetti di sviluppo, con riferimento soprattutto alla ristrutturazione e rigenerazione urbana. Un trend che accomuna l’Italia al resto d’Europa, anche se nel nostro Paese lo sviluppo puro è ripartito lentamente. Numerosi sono invece i casi di riqualificazione a 360 gradi che mantengono solo la facciata dell’edificio. Di questa tipologia ci sono numerosi esempi, soprattutto nei centri delle grandi città. È il caso di Milano con la riqualificazione di Piazza Cordusio. Qui i cinesi di Fosun, gli americani di Hines e di Blackstone e prima di loro investitori italiani hanno completamente cambiato il volto degli edifici di proprietà.
Si cercano, invece, ma già da tempo, nuove asset class di investimento che sposino un elevato rendimento a un rischio più consistente. Si tratta di case per anziani e per studenti, abitazioni per categorie speciali ma anche case di cura, cliniche e ospedali.
Restano comunque ancora gli uffici la prima asset class di investimento, come dimostra la competizione che si scatena sugli oggetti più interessante nel centro delle capitali più ricercate. In Europa il 42% del patrimonio è investito infatti in uffici, il 24% nel commerciale, il 16% nel residenziale. Sul fronte retail si ricercano format innovativi, i centri commerciali del futuro sono all’interno delle aree urbane con un ampio bacino d’utenza o dotati di un elevato numero di servizi. «La logistica è un settore ciclico, con un maggiore livello di rischiosità essendo strettamente legato al trend economico, ma il rischio è compensato da rendimenti mediamente più alti» dicono da Scenari Immobiliari.
E le previsioni? Nel 2017 sarà ancora più evidente la carenza di offerta, soprattutto nelle top location, che continueranno a rappresentare il focus degli investitori in cerca di un basso livello di rischio.
© Riproduzione riservata