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«Lo student housing cambierà l’università in Italia. Ma i prezzi non caleranno»

(Fotogramma)
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Il forte gap che separa l’Italia dagli altri Paesi europei sul fronte dello student housing crea un importante appeal nei confronti degli investitori istituzionali, che stanno iniziando a vedere il nostro Paese come la nuova frontiera in cui investire. «Le opportunità sono evidenti in tutte le grandi città italiane in cui c'è una forte presenza universitaria – spiega Luca Villani, head of professional services di Jll Italia –. A cominciare naturalmente da Milano e Roma, dove i grandi investitori hanno già familiarità per altri tipi di investimenti immobiliari».

In particolare dove vedete, in questo momento, più interesse da parte degli investitori?
Bologna, Firenze e Torino sicuramente, ma registriamo interesse anche su alcune città del Sud, a cominciare da Napoli. Crediamo dunque che ci sarà un'importante concentrazione su Nord e Centro Italia, ma anche sul Sud.

Che tipo di operatori sono interessati allo student housing?
Oltre ai player tradizionali, già presenti in Italia in altri settori, vediamo molto interesse anche da parte di operatori “nuovi” e specializzati, in genere con già un’ampia esperienza in mercati maturi, come il Regno Unito. Mi riferisco a operatori già dotati di una vera e propria piattaforma di investimenti internazionali in student housing, che ora stanno valutando l'ingresso in Italia. Questo condizionerà anche lo sviluppo del mercato, perché andremo sempre più verso contratti di management e sempre meno verso contratti di locazione, che sono quelli che fino a oggi hanno condizionato il mercato nazionale.

Luca Villani, head of professional services di Jll Italia

Secondo lei in prospettiva ci saranno dei cambiamenti per l'utilizzatore finale, cioè lo studente, in termini di costi? Le residenze per studenti diventeranno più accessibili?
Non ci aspettiamo che ci possa essere un abbassamento delle tariffe per le nuove strutture, ma potrebbe esserci un riposizionamento in termini di costi per le strutture più datate o dove il livello di servizio risulta più di tipo tradizionale. I format che gli investitori stanno guardando ora vanno ben oltre il posto in cui dormire o mangiare: si parla di una vera e propria esperienza, che va a creare dinamismo anche nello stesso percorso di studi. In questo senso è difficile che si possa pensare a un abbassamento dei prezzi, perché i servizi saranno di tutt'altro livello qualitativo.

Gli investitori italiani sono attivi nello student housing?
Ci sono già investitori italiani attivi e altri interessati, non solo fondi immobiliari. Lo student housing è visto come una vera e propria asset class di investimento alternativa, molto appetibile anche per chi fa sviluppo, visto che il prodotto manca quasi completamente.

Di che rendimenti parliamo?
Essendo un’asset class nuova non possiamo dare un livello di rendimento assodato, rilevabile da statistiche di mercato, come è per esempio nel settore direzionale. Sicuramente possiamo dire che lo student housing ha una marginalità attesa notevolmente superiore a quella degli uffici, del retail o della logistica. Possiamo pensare a un range tra il 5,5% e il 6,5 per cento.

A oggi a quanto ammontano gli investimenti in student housing in Italia?
Siamo all'1% circa del totale degli investimenti, vale a dire circa 7 milioni di euro nel 2017, contro i 5,4 miliardi del Regno Unito o i 422 milioni della Spagna.

Qual è la variabile chiave, secondo lei, per uno sviluppo reale dello student housing in Italia?
Sicuramente la disponibilità di prodotto. Mi riferisco alla possibilità di identificare aree o edifici che abbiano le caratteristiche e le potenzialità per essere trasformati in studentati. E questo ci porta al tema, noto, della destinazione d'uso, per la quale abbiamo a che fare con una notevole frammentazione normativa a livello geografico in Italia. Questo è un tema fondamentale per un grande investitore, soprattutto uno sviluppatore.
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