Sarà la prima casa plurifamiliare certificata Passivhaus nel Sud Italia. È frutto di una precisa scelta di un costruttore di Putignano (Bari) che, dopo aver impostato un progetto tradizionale, ha deciso di virare verso una soluzione più innovativa. La struttura è in mattoni, isolata con 16 centimetri di involucro in Eps, a cui sono stati associati impianti ad alta efficienza. Risultato: l’immobile ha un fabbisogno termico annuo di riscaldamento pari a 15 KhW/h al mq. Cioè un consumo di circa 1,5 litri di gasolio (200 euro per 100 mq) , circa un terzo rispetto a una casa in Classe C.
Il protocollo Passivhaus è nato nel 1988 da una collaborazione tra l’Università di Lund in Svezia e l’Istituto per l’ambiente e l’edilizia in Germania e le prime abitazioni certificate sono state costruite a Darmstadt nel 1990. A rilasciare il sigillo sono i 50 certificatori accreditati in tutto il mondo dal Passivhaus Institut. Non c’è vincolo di territorialità: per questo nel nostro Paese possono rilasciare il sigillo anche realtà estere. Ai certificatori devono far riferimento i progettisti che sviluppano edifici seguendo i canoni dello standard.
Oggi siamo oltre le 40mila unità con il bollino: la maggior parte in Germania ed Austria, ma anche in Italia il numero è in
aumento. Sono almeno 50 i progetti validati sul nostro territorio e altrettanti quelli in corso di certificazione.
I costi per ottenere la targa variano tra i 15 e 2,5 euro/mq in base alla superficie dell’edificio (dai 70 ai 2mila mq). Per la progettazione e la relativa certificazione occorre presentare gli output del software di calcolo Phpp: questo è
distribuito in Italia solo da Zephir, istituto fondato da Francesco Nesi nel 2011 a Pergine Valsugana (Tn) e che il 24 novembre
a Riva del Garda organizza la sesta Conferenza Nazionale Passivhaus dal titolo “Città Resilienti: una responsabilità sociale”.
Ha una licenza per la certificazione riconosciuta dall’istituto tedesco anche Energy Plus Project, creata da Marco Filippi.
Il tema su cui si sta più lavorando oggi è l’allineamento fra prestazione e prezzo. «Zephir– spiega Nesi – ha tradotto in concreto il concetto di Passivhaus, diciamo così, low-cost. Con il supporto di calcoli energetici ed economici possiamo dimostrare che Passivhaus non solo rispetta i criteri nZEB (consumo energetico vicino allo zero, nda) richiesti dalla legge, ma è la progettazione più cost-effective in termini di Life cycle cost analisys in ogni zona d'Italia». Un esempio? A Civezzano (Tn), nel 2013, un asilo è stato costruito senza “extra-costi” e ora è una struttura con spese molto contenute (stimate in 2 euro/mq/anno).
«Ciò che più affascina del concetto Passivhaus è l’aver messo l’essere umano al centro delle attenzioni progettuali – aggiunge Filippi –. I maggiori sforzi in termini di attenzione ai dettagli (ponti termici, tenuta all’aria e ventilazione meccanica) sono tutti indirizzati al soddisfacimento del comfort interno, inteso come la combinazione di benessere termo-igrometrico, benessere acustico e qualità dell’aria. Ciò che a una superficiale analisi potrebbe sembrare un rigido standard energetico cela un’attenzione alla vita che raramente si ritrova in uno standard di progettazione».
Gli standard sono due: Passivhaus per la nuova costruzione ed EnerPHit per la ristrutturazione, introdotto nel 2010. Le classi tre: Classic, Plus e Premium (in funzione della quota di rinnovabili installate in situ). I criteri Passivhaus mappano l’edificio in base a una serie di parametri: fabbisogno termico per riscaldamento annuo, carico termico (cioè la potenza che occorre fornire all’edificio nel giorno più sfavorevole, non necessariamente il più freddo, dell’anno), fabbisogno frigorifero per raffrescamento e deumidificazione, tenuta all’aria e fabbisogno di energia primaria (cioè la somma di tutta l’energia richiesta dall’immobile, non solo per caldo e freddo, ma anche ad esempio per gli elettrodomestici).
I criteri si applicano a tutti i climi del mondo. Per le ristrutturazioni, a livello mondiale sono state definite 7 zone climatiche (4 di queste sono presenti sul territorio italiano): il sigillo si ottiene tenendo in considerazione i limiti imposti dall’area in cui l’edificio è inserito oltre a quelli fisici e strutturali. Esistono due metodi per certificare EnerPHit. Quello “per componenti”, che pur garantendo la salubrità e il comfort abitativo non pone nessun limite al fabbisogno complessivo del fabbricato, specificando altresì limiti sulla qualità energetica dei singoli componenti; e il “metodo standard”, che prevede il raggiungimento di indici energetici meno stringenti di quelli previsti per il nuovo.
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