Grazie soprattutto all’arrivo degli assistenti vocali di Google e Amazon, il mercato italiano della smart home nel 2018 registra un balzo del 52% a quota 380 milioni di euro. Investimenti di comunicazione e marketing «senza precedenti» hanno spinto – secondo il report Smart Home dell'Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano presentato oggi – le vendite degli altri oggetti connessi, «soprattutto legati al riscaldamento e all’illuminazione».
Il trend di crescita del mercato italiano – si legge in una nota – è «paragonabile o addirittura superiore a quello dei principali Paesi europei, anche se in termini assoluti il divario da colmare è ancora ampio». L’Italia batte infatti solo la Spagna (300 milioni di euro, +59%); ben diversi sono i numeri di Germania (1,8 miliardi, +39%), Regno Unito (1,7 miliardi, +39%) e Francia (800 milioni, +47%).
La quota maggiore di mercato è legata alle soluzioni per la sicurezza, che valgono 130 milioni (35% del totale). In seconda posizione gli smart home speaker, che oltre a generare vendite per 60 milioni (16% del mercato), hanno direttamente o indirettamente trainato buona parte della crescita complessiva. Di poco inferiori le vendite degli elettrodomestici (fra cui spiccano le lavatrici), pari a 55 milioni (14% del totale). Caldaie, termostati e condizionatori connessi per la gestione del riscaldamento e della climatizzazione incidono per il 12% del mercato (circa 45 milioni), con un incremento dovuto alla crescente integrazione con gli assistenti vocali e alla possibilità per il consumatore di ottenere benefici importanti in termini di risparmio energetico e comfort. Tra le rimanenti soluzioni spiccano con una crescita del +50% le soluzioni per la gestione dell'illuminazione (lampadine connesse).
Il 59% degli italiani ha sentito parlare almeno una volta di casa intelligente e il 41% possiede almeno un oggetto smart, con le soluzioni per sicurezza (come sensori per porte e finestre) in prima posizione. «Un ruolo importante continua a essere giocato dalle startup che sviluppano soluzioni di “casa connessa”: si moltiplicano le collaborazioni con i grandi player e continuano a crescere i finanziamenti erogati dagli investitori istituzionali. Sono 141 le nuove imprese censite a livello internazionale, di cui 102 finanziate, per un totale di 1,5 miliardi di dollari di investimenti raccolti».
Si consolida la diffusione di oggetti smart, presenti nel 41% delle abitazioni (+3%), anche se una buona fetta degli utenti non usa ancora le funzionalità avanzate di
questi oggetti (42%), soprattutto a causa della scarsa utilità percepita (per il 41% è poco utile, il 34% non ne ha l'esigenza)
e a volte per l’eccessiva complessità del prodotto (14%). Chi invece non possiede oggetti connessi non ne sente il bisogno
(41%), li considera troppo futuristici (19%), non ne comprende appieno i benefici (12%) o non ne ha ma sentito parlare (8%).
Nonostante la buona crescita del mercato, sono ancora pochi i consumatori che si dichiarano interessati ad acquistare prodotti
per la Smart Home in futuro, poco più di uno su tre (35%), e fra questi il solo il 10% prevede di comprare nei prossimi dodici
mesi, mentre il 25% entro tre anni.
«Nonostante i grandi passi in avanti, rimangono ancora numerose barriere da superare – commenta Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio IoT –. In primo luogo la comunicazione ai consumatori delle reali potenzialità di utilizzo degli oggetti smart. Bisogna poi lavorare sulla formazione degli addetti all’installazione e alla vendita, spesso non in grado di fornire un adeguato supporto all’utente, e sull’offerta di servizi di valore abilitati dagli oggetti connessi. Un’ulteriore sfida per le aziende nel 2019 sarà valorizzare l'enorme mole di dati messi a disposizione dagli oggetti smart e dalle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e al tempo stesso gestire temi fondamentali come privacy e cyber security, in cima alle preoccupazioni degli utenti che possiedono o hanno intenzione di acquistare soluzioni per la casa intelligente».
Le tecnologie IoT per la comunicazione degli oggetti smart in casa– sottolinea il Report – «sono ancora molto eterogenee, ma iniziano a emergere alcuni segnali di parziale convergenza». Le diversità sono spesso dovute alla molteplicità di requisiti applicativi richiesti dai diversi oggetti connessi. «L’interoperabilità apre grandi opportunità in termini di esperienza d’uso e casi realizzabili ed è la chiave del successo della Smart Home come sistema e non come insieme di singoli oggetti indipendenti – commenta Antonio Capone, responsabile scientifico dell’Osservatorio IoT –. La strada per raggiungere questo obiettivo è ancora lunga e complessa, ma si stanno delineando alcune alternative promettenti, come la creazione di consorzi impegnati nella definizione di nuovi ecosistemi applicativi di integrazione».
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