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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 13:40.

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Internet e social network non sono né il bene né il male, ma il nuovo campo della battaglia per il potereInternet e social network non sono né il bene né il male, ma il nuovo campo della battaglia per il potere

Il pessimismo hi-tech di Morozov è molto efficace nel distruggere i luoghi comuni su internet, ma non va oltre il gigioneggiare intorno alla nuova e indissolubile fede cibernetica. Morozov non offre alternative. Nel suo ragionamento manca una parte propositiva. Non spiega, per esempio, come mai per fermare l'opposizione la prima mossa dei governi dispotici sia sempre quella di bloccare il sistema dei messaggi sms e di sospendere il servizio internet, come è successo in Egitto.

Il pensiero unico dell'intellettuale collettivo illude la comunità occidentale a credere che sia sufficiente firmare una petizione online, condividere su Facebook una campagna politica o retwittare un appello per provocare un cambiamento sociale dall'altra parte del mondo. Le riflessioni di Morozov sono condivise da Malcom Gladwell, il geniale autore del New Yorker, e sono affrontate nella recentissima raccolta di saggi curata dalla filosofa Martha Nussbaum. The offensive internet, tra le altre cose, indaga sulla fallacia dell'idea romantica di internet come zona di libertà.

Mettere in guardia sugli abusi, sulle perversioni e sulle manipolazioni delle rete è doveroso, così come è giusto segnalare quanto le nuove tecnologie abbiano raffinato le attività di censura, di sorveglianza e di propaganda dei regimi dispotici. Ma è altrettanto vero che la rete ha cambiato il paradigma della battaglia politica fornendo alle opposizioni di tutto il mondo un impareggiabile strumento di comunicazione per organizzarsi, informare e chiedere conto al potere delle sue scelte.

Morozov sostiene che questi siano retaggi da Guerra fredda, strumenti politici di un'altra era, categorie che non funzionano più nell'epoca dell'informazione. Promuovere la democrazia via internet, secondo Morozov, è un'illusione perché la rete non è il samiszdat del XXI secolo, non è la scorciatoia per la liberazione dei popoli. Sull'Herald Tribune, l'editorialista Roger Cohen sostiene invece che la libertà di connessione sia uno strumento liberatorio e nel caso specifico della Tunisia anche un dono divino per tutto il mondo arabo.

Le tesi opposte di Morozov e Cohen non convincono in pieno. Far circolare informazioni non è un'arma specifica contro il comunismo, semmai contro tutte le società totalitarie. Twitter e Facebook non sono strumenti a disposizione dei regimi o dei ribelli. Sono il luogo dove si combatte la nuova battaglia, il terreno dove si coltivano le nuove dinamiche di potere. Internet e i social network sono le fotocopiatrici Xerox inviate trent'anni fa oltre la Cortina di ferro e le frequenze radiofoniche di Radio Free Europe durante la guerra fredda. Allo stesso modo possono essere usati in modo pernicioso dagli oppressori, per reprimere la dissidenza con più efficacia. Da soli, però, non sono né il bene né il male. internet è il mezzo, non il messaggio.

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