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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 09:00.
L'ultima modifica è del 17 marzo 2011 alle ore 09:19.

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Obama di Libia non piace ai liberalObama di Libia non piace ai liberal

Anche Lega araba vuole la no-fly zone. Per una volta e con tutte le contraddizioni, l'Europa sembra più decisa. Obama ha minacciato Gheddafi di un processo alla Corte penale internazionale, ma in attesa dei dossier giuridici il colonnello schiaccia l'opposizione e marcia verso Bengasi. Gli analisti americani spiegano che se Gheddafi dovesse riconquistare la Cirenaica il messaggio sarebbe chiaro per gli autocrati mediorientali e devastante per le speranze democratiche della regione: la repressione paga, l'assenza di leadership Usa fa male.

Obama non vuole un altro intervento in Medio Oriente, non è certo dell'esito, non si fida dei ribelli (uno studio che circola in ambienti obamiani mostra che i libici della Cirenaica sono il gruppo nazionale che ha fornito più uomini alla jihad antiamericana in Iraq). Hillary Clinton ha incontrato uno dei leader dell'opposizione libica. Non c'è subbio che prima o poi Obama sarà costretto ad agire, a meno che non sia troppo tardi.

Al mondo liberal non basta. Un paio di giorni fa il New York Times ha accusato Obama anche di ripercorrere le pericolose strade di Bush non solo per Guantanamo ancora aperto o per la detenzione senza processo e a tempo indeterminato di alcuni prigionieri di Al Qaeda, ma anche per il trattamento ai limiti della tortura del soldato Bradley Manning, accusato di aver passato i cable riservati a WikiLeaks. Non solo. Obama ha anche costretto alle dimissioni il vice di Hillary Clinton, PJ Crowley, perché aveva criticato pubblicamente le condizioni di detenzione di Manning.

Uno dei più accesi polemisti d'America, Christopher Hitchens, è tra i più duri con Obama. Su Slate ha cominciato chiedendosi se per caso Obama fosse segretamente svizzero, con il suo strano atteggiamento cinico e neutrale nei confronti delle rivolte democratiche. Hitchens ha scritto che Obama «manca di coraggio e di principi», che la sua risposta alla crisi libica «è patetica e vergognosamente inadeguata». Lo studioso dei movimenti democratici Larry Diamond, pur riconoscendo meriti al presidente, suggerisce su New Republic che il tempo sta scadendo non solo per prendere una decisione sulla Libia, ma anche per il giudizio che la storia darà sulla sua presidenza. Leon Wieseltier, icona del giornalismo culturale liberal, su New Republic ha definito «una disgrazia» la politica di Obama, addirittura «stupida, triste e indecente». L'esperto di cose mediorientali Christopher Dickey, grande critico delle politiche bushiane sulle pagine di Newsweek, ha scritto che «Obama sta sacrificando i suoi stessi ideali e anche la sicurezza dell'America».
Gli esempi sono moltissimi. Urge un'Operazione Sadaqa, "amicizia" in arabo, a Tripoli.
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