Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 08:19.

My24

Le riforme che non si sono fatte quando il premier e la maggioranza erano in sintonia con il Paese, ora sono ancora più difficili. La verità è che un pezzo alla volta, anno dopo anno e mese dopo mese, Berlusconi si è mangiato il credito che aveva nella società e fra i suoi stessi elettori. È accaduto non per i complotti dei media, ma per i suoi gravi e reiterati errori. In troppi casi gli esponenti della maggioranza sembravano vivere in un mondo a parte, incapaci di comprendere quello che si muoveva appena sotto la superficie di un'Italia angosciata. Ancora un paio di mesi fa Umberto Bossi, un leader a cui non aveva mai fatto difetto la lucidità, andava dicendo: «Abbiamo quasi in pugno l'Italia». Non stupisce che la Lega abbia seguito Berlusconi nel disastro e, anzi, abbia pagato talvolta il prezzo più salato.

A questo punto, è vero che non ci sono alternative di governo a portata di mano. Ma questo non significa che si possa andare avanti come se nulla fosse: promettendo le solite riforme, con le consuete formule retoriche, e magari operando un bel rimpasto (persino sotto forma di un esecutivo Berlusconi-bis). È comprensibile che il premier voglia lasciarsi alle spalle l'apocalisse del 30 maggio e si sforzi di riprendere la navigazione. Il tentativo di rimuovere le realtà spiacevoli fa parte dell'animo umano e qui si tratta di un uomo di quasi 75 anni che è sulla scena da 17 e che non si rassegna al ritiro. Tuttavia Berlusconi commetterebbe un errore se si affidasse alle rassicurazioni di Bossi. Certo, il Carroccio è prudente e non farà colpi di testa, tanto più che il gruppo dirigente condivide importanti quote di potere alle quali nessuno rinuncia a cuor leggero.

Tuttavia la Lega è oggi un partito percorso da forti tensioni interne, specchio di una base disorientata. A sua volta il Pdl è un agglomerato di gruppi e correnti interne che guardano con disappunto al leader invincibile che all'improvviso scopre il sapore acre della sconfitta. Non una sconfitta risicata e rimediabile come nel 1996 o ancora nel 2006, entrambe le volte a opera di Romano Prodi: no, il collasso di ieri parla di una stagione che si sta chiudendo e di un'altra indecifrabile e inesplorata che si profila all'orizzonte.

Se questa è la realtà, farsi coraggio gli uni con gli altri non sarà sufficiente. Quando i grandi movimenti d'opinione si manifestano, quasi mai sono regolabili con gli strumenti del piccolo cabotaggio politico. Richiedono invece colpi d'ala e cambi di passo. Vedremo se questo Governo e il suo capo sono in grado di avere idee, ma c'è da dubitarne. Mancano le risorse economiche e ormai manca anche un saldo tessuto politico.

La logica vorrebbe che Berlusconi si preparasse a compiere una sola mossa: avviare seriamente e in tempi abbastanza brevi la sua successione. Il tema fino a ieri era tabù, naturalmente, ma adesso qualcosa dovrà cambiare. Già il ministro Frattini parla di «primarie per scegliere i candidati del Pdl»: è un primo passo che può aprire la strada verso ben altri mutamenti. L'unica speranza per la rigenerazione del centrodestra - e magari per il recupero di Casini e di un pezzo di mondo moderato - coincide con il processo di successione a Berlusconi. Il quale, è bene dirlo, dopo i risultati di ieri sera non potrebbe più presentarsi alle elezioni del 2013 (magari anticipate di un anno se, come è facile prevedere, il Governo dimostrerà di non avere gambe per concludere il biennio).

Viceversa, se mancherà un'iniziativa chiara e si cederà alla tentazione del piccolo cabotaggio, del «vivacchiare» alla giornata, c'è da credere che la Lega prenderà le sue contromisure, con l'obiettivo di marcare la propria autonomia e ritrovare l'identità perduta. In quel caso la fine del «berlusconismo» non sarà un processo guidato, bensì una rischiosa lacerazione.

Shopping24

Dai nostri archivi