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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2011 alle ore 08:55.
L'ultima modifica è del 06 giugno 2011 alle ore 08:55.

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Risparmi ridotti e costi sociali elevati
Da tempo la riflessione scientifica evidenzia l'inadeguatezza della spesa per il welfare municipale, pari allo 0,4% del Pil, ben al di sotto della media europea. A mia conoscenza, non esistono altri settori pubblici che siano - allo stesso tempo - tanto sottofinanziati e colpiti in maniera così dura dalle recenti decisioni. Paradossalmente, però, queste ultime assicureranno risparmi ridotti alla finanza pubblica. Infatti, la stessa contrazione di risorse che è ampia per il welfare comunale (almeno il 20% della spesa) fornisce un contributo minimo al complessivo risanamento, poiché il peso del settore sull'insieme del bilancio pubblico è marginale. Elevati, invece, saranno i costi sociali. In numerosi ambiti, infatti, è possibile recuperare risorse senza conseguenze negative per la popolazione, per esempio nella sanità agendo sugli interventi ospedalieri inappropriati e nella previdenza, mettendo in atto correttivi ben mirati. Il welfare comunale, invece, subirà una decurtazione percentualmente alta nonostante gli stanziamenti limitati. I Comuni, di conseguenza, saranno spinti a diminuire la già scarna offerta di servizi e/o ad abbassarne la qualità, con un impatto negativo sulla popolazione. Si tratterà, di ridurre gli esigui interventi contro la povertà, la cui domanda è cresciuta con la crisi, di diminuire la qualità dei nidi e chiuderne alcuni.

Le ragioni che non convincono
Ci sono una serie di argomenti che non convincono. Il primo argomento è che l'Esecutivo voglia ridurre il sistema pubblico di protezione sociale. Non è vero, il settore è stato quasi interamente preservato dai tagli. La spesa pubblica per la protezione sociale ammonta, in Italia, a circa il 27% del Pil, di cui il 26,6% non è stato tagliato, mentre le decurtazioni si sono concentrate sullo 0,4% destinato ai Comuni. Il secondo argomento che non convince è che non ci possiamo permettere il welfare comunale. È falso: la spesa per i servizi comunali - come ricordato - rappresenta una goccia nel mare delle risorse dedicate alla protezione sociale. La verità che negli ultimi 15 anni nessun Esecutivo ha realizzato le riforme necessarie a far uscire le politiche sociali dalla marginalità. Quelli di centro-sinistra, però, vi hanno dedicato più attenzione e risorse.

Il non governo della spesa
In Italia gli Esecutivi hanno una ridotta capacità di prendere decisioni in modo autonomo perché gruppi di pressione e lobby ne condizionano fortemente le scelte, nella distribuzione di nuove risorse così come nella riduzione di quelle esistenti. Accade da sempre e si è verificato in modo acuto con l'attuale maggioranza, che da tempo palesa una scarsa forza politica e una debole definizione di proprie priorità per il Paese. La riduzione degli stanziamenti richiesta dalla crisi è stata, formalmente, realizzata con il criterio dei tagli lineari: tutti i ministeri devono diminuire i propri finanziamenti della medesima percentuale. La logica dei tagli lineari - per non scontentare nessuno si chiede a ogni settore un contributo uguale - costituisce l'antitesi dell'attività politica, che, invece, dovrebbe vedere i rappresentanti eletti dal popolo scegliere le priorità per l'utilizzo delle risorse pubbliche.

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