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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2011 alle ore 11:40.
L'ultima modifica è del 20 giugno 2011 alle ore 13:49.

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Guarda caso, oggi, a quasi un anno e mezzo dal collocamento, lo strutturato Bpm ha perso almeno metà del suo valore e la banca sta cercando, in extremis, di intervenire migliorando i termini contrattuali della conversione. Si può dire, banalmente, che si sta verificando lo scenario a suo tempo valutato come il più probabile.

Che cosa sarebbe stato comunicato all'investitore se si fosse seguito il secondo approccio, quello oggi proposto dalla Consob? Ebbene, che nello scenario "sfavorevole" il rendimento alla scadenza del titolo strutturato verrebbe presentato come negativo con perdita del -7% (ma all'anno), nello scenario "neutrale" positivo del +2,71% e nello scenario "favorevole" positivo del +6,75%. Ma, si noti bene, niente si dice delle probabilità dei tre scenari. È così verosimile che l'investitore li legga come equiprobabili. Ma nella realtà non è così: la probabilità di perdita (scenario sfavorevole) è più che doppia rispetto alla probabilità di rendimento positivo.

Di fronte a questi dati, l'ultima cosa che verrebbe in mente è eliminare il prospetto a 3 pilastri dall'informativa per il comune risparmiatore. Eppure questo è quanto sembra stiano facendo le autorità preposte, in Italia come in Europa. Non è una buona idea. La strategia di come rivelare il rischio deve essere decisa dal regolatore: lasciar scegliere gli scenari è come se il regolatore imponesse ai produttori di sigarette di riportare nel pacchetto che il fumo fa male, ma li lasciasse poi liberi di aggiungere a che cosa. Cosa credete che accadrebbe se il produttore di sigarette potesse scegliere come comunicare la rischiosità del prodotto che vende? Lascerebbe il teschio o lo sostituirebbe con una gola arrossata?

Nel caso dei prodotti finanziari rivelare la distribuzione di probabilità dei rendimenti non impone nessun costo aggiuntivo all'emittente: quella distribuzione è infatti indispensabile per stabilire il prezzo del prodotto finanziario, proprio perché prezzo e misurazione del rischio sono l'uno la faccia dell'altro. Poiché ogni emittente deve saper prezzare un prodotto, è anche in grado di darne una valutazione in termini di rischio. Per di più alla lunga gli intermediari potrebbero anche beneficiarne: rivelare la rischiosità dei loro prodotti in modo ambiguo, come accade con l'approccio "what if", sarà fonte di controversie ex post che potranno mettere a rischio la loro stessa reputazione. Se di questo aspetto gli intermediari non si curano direttamente non può non preoccuparsene il regolatore.

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