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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2011 alle ore 06:43.

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La cattiva notizia è che non abbiamo ancora ben compreso quando prenderà forma questo potenziale di convergenza, o quali siano le politiche adatte a generare una crescita autonoma.

Anche i casi d'indubbio successo sono stati oggetto d'interpretazioni contrastanti. Alcuni attribuiscono il miracolo economico asiatico alla maggiore libertà dei mercati, altri credono sia merito degli interventi da parte dello Stato. Troppe accelerazioni a livello di crescita si sono alla fine concluse con un nulla di fatto. Gli ottimisti sono convinti che questa volta sia diverso. Credono che le riforme degli anni 90 – migliore politica macroeconomica, maggiore apertura e democrazia – abbiano messo il mondo in via di sviluppo sulla via della crescita sostenuta. Un recente report rilasciato da Citigroup prevede, per esempio, una rapida crescita nei Paesi poveri con una popolazione giovane. Io preferisco essere cauto nel leggere i segnali. Meritano sicuramente un plauso il divieto di attuare politiche inflazionistiche e il miglioramento della governance in numerosi Paesi in via di sviluppo. In generale, tali progressi facilitano la resistenza dell'economia agli shock e prevengono il collasso economico.

Per rilanciare e sostenere una rapida crescita occorre qualcosa in più: politiche orientate alla produzione che stimolino il cambiamento strutturale in atto e incentivino l'occupazione nelle nuove attività economiche. Una crescita che fa leva sugli afflussi di capitale o sui boom delle materie prime avrà vita breve. Una crescita sostenuta necessita, infatti, di una serie d'incentivi tesi a incoraggiare gli investimenti privati nei nuovi settori, con un grado di corruzione minimo e con un'adeguata competenza. Come dimostra la storia, il gruppo di Paesi in grado di realizzare tutto questo resterà esiguo. Se da un lato potrebbero aver luogo minori collassi economici grazie alla migliore gestione macroeconomica, una crescita elevata resterà con buona probabilità episodica ed eccezionale. In media, le performance potrebbero essere in qualche modo migliori che in passato, senza però raggiungere i livelli straordinari tanto attesi dagli ottimisti.

Il grande dilemma dell'economia mondiale è capire se i Paesi avanzati in difficoltà economica saranno in grado di fare spazio ai Paesi in via di sviluppo che evidenziano una rapida crescita, le cui performance dipenderanno soprattutto dalle ingerenze nel manifatturiero e nei servizi, di tradizionale dominio dei Paesi ricchi. Le conseguenze sull'occupazione nei Paesi avanzati potrebbero essere problematiche, soprattutto se si considera l'esistente carenza di lavori ben pagati. I conflitti sociali potrebbero divenire inevitabili, mettendo a rischio la spinta politica verso un'economia aperta. La maggiore convergenza nell'economia globale post-crisi appare inevitabile. Ma un ampio rovesciamento delle fortune dei Paesi ricchi e poveri non sembra né probabile a livello economico, né fattibile a livello politico.
(Traduzione di Simona Polverino)
© PROJECT SYNDICATE, 2011
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