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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2011 alle ore 07:23.
L'ultima modifica è del 01 novembre 2011 alle ore 08:15.

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Ma cosa ci faceva un liberista come Zingales alla Leopolda, la kermesse di Matteo Renzi, sindaco di Firenze nonché astro nascente del Partito democratico? A chiedermelo sono stati in molti. Rispondendo con una battuta, direi: se la Destra (a parole) liberista ci ha portato monopolio, intervento statale e corruzione non ci resta che sperare nella Sinistra. Ma il tema è ben più profondo e merita più di una battuta.

Alla Leopolda ci sono andato per due motivi.
Il primo riguarda la situazione in cui versa l'Italia. Chiunque ami questo Paese non può non soffrire. Non siamo di fronte a una semplice crisi della finanza pubblica. Siamo di fronte a una disfatta economica, politica, e morale del nostro Paese.

I numeri di questa disfatta li conoscete meglio di me. Da dieci anni l'Italia non cresce. Il 29% dei giovani è disoccupato, il resto percepisce stipendi da fame. Circa otto milioni di italiani vivono al di sotto della soglia di povertà. Il prossimo anno ci attende una pesante recessione, che non può che peggiorare ulteriormente la situazione. Ma la disfatta più grave è che questo Paese ha perso la fiducia nel futuro. Mia figlia, che ha 17 anni ed è cresciuta negli Stati Uniti dove io insegno, dopo un anno passato in Italia mi ha confessato: «Per fortuna che ho l'opportunità di andare all'università negli Stati Uniti. In Italia non c'è futuro».

Io vorrei che i miei figli potessero avere un futuro in Italia. Vorrei che i figli di tutti gli italiani potessero avere un futuro in questo Paese.
La colpa è di tutti noi. Se l'Italia non cresce, se è a rischio di default, è perché la guida, tanto politica che economica, di questo Paese, salvo qualche eccezione, è in mano ai peggiori. Non i mediocri, ma i peggiori. Il nostro Paese si è trasformato in una peggiocrazia o (per usare il termine greco) in una kakistocrazia, il governo dei kakistoi, i pessimi.
La colpa è nostra. Il politologo Giovanni Sartori ama ripetere che i popoli hanno i politici che si meritano. E noi ce li meritiamo, se non altro per ignavia.

Dante Alighieri relega gli ignavi, «coloro che visser senza infamia e senza lodo», nell'Antinferno. La loro colpa è di non aver mai scelto. Scegliere è difficile. Significa prendersi responsabilità. Significa spesso sbagliare. Solo colui che non sceglie non sbaglia mai. Ma non è più tempo per stare alla finestra. Chi non è parte della soluzione (o almeno cerca di esserlo) è parte del problema.

Ma perché sono andato alla Leopolda da Renzi? Perché sembra essere l'unico politico italiano del ventunesimo secolo. Perché non è pro o anti Berlusconi, è post Berlusconi. Perché guarda ai problemi senza preclusioni ideologiche. Perché sembra essere pulito.
Molti italiani hanno perso perfino la capacità di sperare. Traditi da tutti i politici, non si fidano di nessuno. Non fidandosi, però, continuano a delegare il potere. Io non mi arrendo. Voglio ancora sperare. Rimarrò deluso? Forse. Ma preferisco sbagliare che rinunciare.

Il secondo motivo che mi ha portato alla Leopolda è più personale. Riguarda le mie riflessioni sul futuro del liberismo. Già nel libro con Raghuram Rajan (Salvare il capitalismo dai capitalisti) ci eravamo posti il problema della sostenibilità politica del libero mercato. Il libero mercato crea ricchezza, ma crea disuguaglianza. Questa disuguaglianza è sostenibile a due condizioni: che sia giustificata e che non sia eccessiva. Sono in pochi a protestare se Steve Jobs è morto miliardario. Ma se ad arricchirsi è Angelo Mozillo, che ha venduto milioni di mutui subprime con pratiche discutibili, la gente si ribella. E giustamente.

Anche se giustificata, la disuguaglianza può essere eccessiva. Se il 120% della crescita va all'1% della popolazione abbiamo un problema serio. Non solo sociale, ma anche economico. Un mercato competitivo è un mercato in cui nessuno fa extra profitti, ovvero profitti in eccesso rispetto alla remunerazione del rischio del capitale investito. Quindi in un mercato veramente competitivo non può impoverire i molti a beneficio dei pochi. Se è questo il risultato dell'economia di mercato, significa che esistono delle barriere alla competizione. Dobbiamo abbattere queste barriere.

Renzi alla Leopolda ha detto che l'elemento caratterizzante della Sinistra è un desiderio di giustizia sociale. Nella sua visione la giustizia sociale non è egalitarismo, ma uguaglianza delle opportunità. Se questa è la Sinistra, mi ci riconosco facilmente, proprio perché liberista.

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