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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2012 alle ore 08:15.

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I percorsi non potranno essere standardizzati, né gestiti a livello centralizzato, ma la spinta riformatrice dovrà essere la stessa, per dare maggiore capacità di sviluppo all'intera industria europea. La crisi ha mostrato che un settore industriale fortemente interconnesso è la sfida da raccogliere per incrementare il valore aggiunto reale. In Europa, la manifattura occupa il 35% della forza lavoro e per ogni impiego nel settore industriale si realizzano mediamente due posti di lavoro in impieghi di alta qualità nei servizi. Nell'automotive - per esempio - per ogni occupato diretto se ne generano 5 nei settori a valle.

L'industria ha contribuito notevolmente allo sviluppo qualitativo e quantitativo del Vecchio Continente, creando innovazione - la spesa in ricerca e sviluppo industriale è più della metà della spesa in ricerca in Europa - soluzioni e prodotti pronti a recepire le esigenze di mercati in continua evoluzione. E questo sarà maggiormente vero per il futuro, sempre più orientato verso le energie rinnovabili, l'ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse naturali, le sfide del cambiamento climatico e le aumentate necessità di mobilità e comunicazione.
Per tutte queste ragioni, i piani di crescita hanno innanzitutto bisogno di maggiori risorse e di un forte programma di stimolo che non può essere finanziato da nuovo debito, ma da una riallocazione più mirata e incisiva dei fondi strutturali da destinare al settore industriale. Fondi che, tra oggi e la fine del 2013, metteranno a disposizione risorse per 232 miliardi di euro, di cui 4 non ancora allocati e quindi disponibili. Fondi che hanno dimostrato di funzionare.

Basta guardare alla Polonia, un Paese che sta crescendo a livelli considerevoli anche in virtù del fatto che ha ricevuto una quota di fondi strutturali maggiore di ogni altro Paese europeo.
Dovranno arrivare, al contempo, nuove risorse anche da una tassazione delle transazioni finanziarie che, così come proposto dalla Commissione Ue, potrebbe generare risorse per 55 miliardi di euro l'anno. Di tassazione sulle rendite finanziarie si discute da mesi e sarà probabilmente assai difficile imporla a tutti. Ma un approccio coordinato tra i Paesi pronti a percorrere questa strada è necessario venga affrontato subito. Germania, Italia, Belgio, Francia, Portogallo e Spagna si sono già dichiarati disponibili e hanno maggiori opportunità di coordinarsi tra loro per definire come spendere le risorse derivanti da questa tassazione.

Migliorare le condizioni per il rinnovamento industriale. Solo un'azione che coinvolga in modo trasversale i Paesi e i diversi strumenti a favore del mercato può creare le condizioni per un rinnovamento industriale. E questo può essere fatto in diverse aree:

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