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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2012 alle ore 16:30.

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Se fosse la vecchia Iri, gli amministratori avrebbero dovuto rendere conto politicamente delle condizioni di favore offerte alle Fondazioni per investire (un 3% reale senza rischio per 6 anni e poi, quando le Fondazioni erano costrette a scegliere tra pagare il conguaglio ed uscire, una dilazione al pagamento del conguaglio). Sarebbero condizioni difficili da giustificare agli elettori, perché rappresentano un trasferimento di ricchezza dal Sud al Nord (i depositi postali sono in proporzione più presenti al Sud delle Fondazioni Bancarie). Se fosse invece una banca privata, i manager dovrebbero rendere conto agli azionisti di questo trasferimento. Trattandosi di un partenariato tra pubblico e privato, i suoi manager sembrano godere di molta più libertà di azione.

Se fosse una banca qualsiasi, è ragionevole pensare che la Banca d'Italia chiederebbe alla Cdp di aumentare il proprio patrimonio. «Non si gioca d'azzardo con i soldi dei depositanti assicurati dallo stato» va ripetendo l'ex governatore della Fed Paul Volcker. E questo dovrebbe valere a maggior ragione per la Cdp, che gestisce soldi assicurati dagli ignari contribuenti. Ma, grazie alla sua natura quasi pubblica, la Cdp sembra avere maggiore flessibilità. Anche in questo la Cdp per certi versi ricorda Fannie Mae, cui il governo americano permise di operare con un capitale molto al di sotto di ogni ragionevole livello prudenziale. Con la crisi immobiliare Fannie Mae non fu più in grado di pagare le proprie garanzie sui crediti immobiliari e dovette essere salvata dalla stato (ovvero dai contribuenti) ad un costo che finora è di 180 miliardi di dollari, ma sta ancora salendo. Sia chiaro: non c'e' motivo di credere che la Cdp presenti i medesimi rischi, ma non e' prudente ignorare quelli che la Cdp sta assumendosi.

Ad una ballerina che gli proponeva di avere un figlio insieme affinché avesse la bellezza di lei e l'intelligenza di lui, il commediografo inglese George Bernard Shaw rispose di no: c'era il rischio il figlio avesse la bellezza di lui e l'intelligenza della ballerina. Lo stesso vale per la Cdp. Invece di avere l'efficienza del settore privato e gli obiettivi sociali del pubblico, rischia di avere gli obiettivi sociali del settore privato e l'efficienza del settore pubblico. A differenza dell'Iri la Cdp non riceve fondi di dotazione. Seppure meno visibile, il sussidio statale non è inferiore: un ridotto costo del credito. Ridotto perché il deposito postale ha sempre avuto dei tassi molto bassi, ma anche perché è garantito dallo stato. Anche se non viene contabilizzato come una uscita, prima o poi il costo di questa garanzia viene pagata. E' giusto che la Cdp distribuisca questo sussidio pagato dai contribuenti a chi gli pare?

Invece di destinare i soldi dei depositanti in incerti progetti di politica industriale, la Cdp dovrebbe impegnarsi a fare quello che lo Stato non riesce a fare: pagare i suoi debiti alle imprese, a partire dai crediti Iva. Non è solo immorale, ma anche economicamente devastante che lo Stato non paghi i suoi debiti. Questi debiti non pagati causano la morte di molte imprese ed impediscono a molte altre di investire e crescere. Da Tremonti a Monti, tutti i governi sostengono che non è possibile fare emergere questo debito sommerso perché aggraverebbe la situazione del nostro debito pubblico. Ma visto che la Cdp può artificialmente ridurre il debito pubblico comprando beni dello stato, perché non usare questo beneficio contabile per far emergere del debito sommerso e pagare alle imprese i loro crediti? La Cdp gia' lo fa in piccola parte, ma questa dovrebbe essere una delle sue missioni principali. Questa è la miglior politica industriale che questo governo possa fare.

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