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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 07:20.

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La crisi nasce dalle differenze di costi e produttività tra Nord e Sud d'Europa. Dal 1999 si è poco a poco creato un delta del 20-25%. Ma il gap di produttività, formato in tredici anni, non è colmabile in uno o due. Le retribuzioni sono vischiose: i contratti non sono modificabili prima di date scadenze, varie categorie protette bloccano riduzioni forti in tempi brevi. Non solo. Insieme ai costi, calano i redditi. Si blocca il sistema bancario: è difficile dare credito a clienti in calo di reddito lordo e ancor più (date le maggiori tasse) di reddito disponibile e risparmio.

Parte un circolo vizioso: meno redditi e consumi, più tasse, meno risparmio, credito e produzione. Nonostante le maggiori aliquote d'imposta, il calo del Pil ostacola fortemente la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil.
Nei Paesi in difficoltà le tradizionali leve macroeconomiche sono oggi inefficaci. È bloccata la leva fiscale: maggiori spese pubbliche e riduzioni di imposte non sono finanziabili, se non a tassi troppo onerosi. Anzi proprio per tenere sotto controllo il debito le politiche fiscali sono restrittive. È bloccata la leva monetaria: in un'economia depressa è possibile espandere la circolazione monetaria senza seri impatti inflattivi. Ma l'Eurozona include Paesi in difficoltà e Paesi vicini al pieno impiego: un aumento di circolazione produrrebbe inflazione al nord.
Come strumento di rilancio si propongono i Ccf (Certificati di Credito Fiscale). Essi
- verrebbero erogati a residenti del Paese emittente;
- sono utilizzabili non subito, bensì in un futuro prossimo (es. due anni dopo l'emissione) per pagare tasse o altri oneri dovuti allo stato emittente;

- sono negoziabili dal percettore in anticipo rispetto alla data di utilizzabilità. La monetizzazione avverrà con uno sconto di mercato (es. 5% annuo) che si avvicinerà a zero con l'approssimarsi dell'utilizzo.
In primo luogo i Ccf saranno erogati a lavoratori e imprese per ridurre l'impatto dei contributi sociali (il cuneo fiscale). In Italia i costi di lavoro totali 2012 sono stimati in 985 miliardi (818 nel settore privato, 167 nel pubblico), i contributi in 216. Si propone di erogare Ccf pari al 70% dei contributi (salvo quelli pagati da datori di lavoro pubblici: sarebbe una partita di giro).
Occupati e datori di lavoro versano i contributi in euro come oggi (quindi nessun deficit di cassa per lo Stato). L'onere è però ridotto dall'erogazione a loro favore di Ccf. Le erogazioni annue di Ccf sarebbero 134 miliardi, il che abbatte del 16% il costo del lavoro nel settore privato a parità di reddito netto (non si considera il settore pubblico, che produce per lo più servizi non soggetti a import-export). Questo attenua fortemente la differenza di costo del lavoro per unità di prodotto tra Italia e Germania (20% circa) e quindi la causa della crisi: l'impossibilità di compensarla variando i cambi.

Per esempio, un dipendente con retribuzione di 50mila euro annui ne percepisce (al netto di tasse e contributi) 32mila; il costo totale per l'azienda è 61.500. I Ccf aumentano il reddito netto di 2.800 euro e riducono il costo azienda di 5.600 euro.
Un ulteriore utilizzo può essere il sostegno alle fasce di popolazione disagiate. Per esempio Ccf per 21 miliardi erogati alla metà della popolazione (30 milioni) in posizione economica più debole: 700 euro annui a persona (2.800 per famiglia di quattro persone). Ciò finché l'economia non torna alla normalità, per esempio due anni.
In questo modo i Ccf cambiano lo scenario. L'intervento vale 155 miliardi, 10% del Pil, implica maggiori redditi e capacità di spesa, e riduce il costo del lavoro. È plausibile un recupero del Pil di pari ordine di grandezza, che lo riporta al suo livello potenziale. Se l'effetto è distribuito su tre anni, a fine 2015 il rapporto debito/Pil cala a 106%. Miglioramento ancora più rilevante perché ottenuto non in un contesto depresso, bensì di produzione e occupazione in crescita.

I Ccf rendono virtuosa l'austerità. Maggiori tasse e minore spesa riducono domanda e produzione. L'austerità migliora il deficit pubblico a parità di reddito ma comprime quest'ultimo. I due effetti in larga parte si elidono; e alla finanza pubblica in difficoltà si aggiunge la caduta di Pil e consumi.
Con i Ccf a fronte del drenaggio di euro lo Stato eroga un'attività finanziaria ed evita la caduta di redditi e ricchezza; o se è già avvenuta (com'è oggi) li rilancia. L'austerità permette di raccogliere euro e consolidare le finanze pubbliche, mentre l'erogazione di Ccf evita la depressione del Pil.
I Ccf saranno poi utilizzati nel futuro prossimo (due anni) per pagamenti allo Stato: matureranno quando la ripresa avrà prodotto una significativa crescita del gettito, compensando l'utilizzo dei Ccf.
Marco Cattaneo è presidente di Cpi Private Equity

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