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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2012 alle ore 08:02.

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Infine, per non violare gli obiettivi annuali, un piano di riforma economica radicale, per esempio il taglio secco delle tasse o l'aumento della spesa, dovrebbe essere spalmato su diversi anni. Al limite su più di una legislatura. Ma questa lunga durata crea un problema di credibilità per qualsiasi politica ideologizzata, perché la riforma rischierebbe di essere revocata al primo cambio di maggioranza o perdita di consenso del governo. Per questa ragione in Europa c'è una certa tendenza a preferire "grandi coalizioni" nei Paesi indebitati in cui sono necessari ampi piani di riforma.
In caso di un governo recalcitrante, la Commissione farebbe scattare un "programma di partnership" che in realtà mette sotto stretta sorveglianza la politica del Paese e richiede un piano dettagliato di riforme strutturali. Ma non erano molte di queste forme di sorveglianza già in vigore in passato e senza efficacia? Sì, ma ora i mercati sono molto più allerta. I Paesi partner poi hanno un'arma nucleare in mano: qualsiasi Paese aderente al Trattato può portare un altro Paese, che sospetta di violare gli accordi, di fronte alla Corte di Giustizia Ue. Dato il livello di populismo in Europa in materia di rigore fiscale altrui, non è improbabile che questo clamoroso processo pubblico al Paese deviante avvenga davvero. In fondo è stata sufficiente un po' di pressione, informale ma pubblica, di Berlino nelle scorse settimane per far finire la Francia tra i Paesi fragili.

Il prossimo governo avrà dunque un forte controllo dall'esterno, nessun margine fiscale e nessuna possibilità di far leva su ideologie radicali. Privo di risorse fiscali, con la politica monetaria gestita solo a livello europeo e con le riforme strutturali che richiedono tempo per dare effetti, il prossimo governo potrà puntare soprattutto su un clima più cooperativo in Europa che consenta di realizzare politiche di sviluppo, di spostare l'attività economica italiana sui settori esportatori e di uscire dalla spirale debito-deflazione che sta contagiando anche i Paesi più solidi.
Tuttavia per influenzare la politica economica europea un governo deve essere credibile a Bruxelles. E per essere credibile a Bruxelles deve condurre politiche credibili a casa. Se per esempio Hollande avesse oggi un pareggio di bilancio, sarebbe politicamente più forte di una Merkel a termine di legislatura. Alla fine dunque un governo post-Monti dovrebbe comportarsi più o meno allo stesso modo del governo attuale. La campagna elettorale sarà condotta polemicamente pro o contro l'agenda Monti, ma in realtà qualsiasi sarà il prossimo governo rischia di avere ancor meno margine di manovra di quello attuale, dovendo costruire da zero la propria credibilità europea.

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