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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2012 alle ore 08:10.

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Ancora oggi, la privatizzazione o dismissione di Stoà è un miraggio e l'ipotesi di vendita di tutto il capitale detenuto dal Comune alla Camera di commercio - e a ipotetici privati - appare su un binario morto. Anzi, l'ente camerale guidato da Maurizio Maddaloni pare mal digerire l'acquisizione della spa vesuviana. Di soci privati, poi, non se ne vede l'ombra. Sempre che la Martello non intenda battere un colpo e provare la scalata.
I misteri che avvolgono la società fondata nel 1988, con l'obiettivo di sviluppare e diffondere cultura d'impresa attraverso l'alta formazione, la ricerca e la consulenza alle imprese sul modello delle più importanti business school del mondo (una mission accentuata solo idealmente durante il periodo di regno di Antonio Bassolino e del suo spin doctor Mauro Calise che vollero coinvolgere le università campane nella spa) sono comunque numerosi. La maggior parte dei quali ruotano intorno alla figura di Enrico Cardillo, classe '49 nativo di Prata Sannita, per una vita padre e padrone della Uil in Campania, laureato in Economia e commercio con 105/110, prima professore di matematica applicata presso istituti superiori, poi ricercatore in Urbanistica, Analisi dei Sistemi Urbani, Pianificazione Territoriale Urbanistica presso la facoltà di Architettura. Non sarà un caso che dunque al fianco dell'incarico di direttore generale della Stoà dal primo dicembre 2008, Cardillo assommi anche quello di responsabile ad interim della direzione Territorio e Pubblica Amministrazione. Che probabilmente significa assommare al compenso da direttore generale (anche questo singolarmente misterioso per una spa tutto sommata a capitale pubblico, sebbene si vociferi essere di poco superiore ai 100mila euro) e ai premi di produzione, anche quello da direttore Territorio e Pa.

Proprio la nomina a dg di Cardillo, comunque è stata al centro di interpretazioni controverse. Ma i fatti sono i fatti. L'ex sindacalista annuncia il 28 novembre 2008, quando a Napoli già s'ode un tintinnio di manette per un'inchiesta su un mega appalto pubblico mai andato in porto (ma che gli provocò il 17 dicembre successivo un arresto prima del proscioglimento), l'addio all'esecutivo cittadino, commentando: «Ho sempre pensato che la politica fosse, per me, un impegno a tempo determinato». A tempo indeterminato è, invece, l'impegno di direttore generale di Stoà che l'ormai ex assessore al Bilancio raccoglie esattamente il primo dicembre 2008, tre giorni dopo. All'epoca unico contratto a tempo indeterminato del centro d'eccellenza sulla ventina di unità in organico. Presidente di Stoà in quel periodo è Mario Aldo Colantonio, a capo della sezione lavoro del Tribunale di Napoli dal '99 al 2004, anni nei quali sicuramente avrà avuto modo di conoscere, tra l'altro, il civilista Oreste Cardillo, esperto di diritto del lavoro (e in anni recenti commissario liquidatore di Hydrogest, ma questa è un'altra storia) e fratello del sindacalista Enrico.

L'obiettivo di una poltrona di vertice come buen retiro dopo l'impegno sindacale e politico, Cardillo l'ha costruito comunque per tempo. La dimostrazione - già segnalata dal dorso Sud del Sole 24 Ore del 10 ottobre 2009 - sta in una serie di delibere assunte dalla giunta Iervolino con Cardillo ancora saldamente vero sindaco-ombra della città. Qualche esempio? Con la delibera 299 del 18 febbraio 2008 palazzo San Giacomo destina 3,5 milioni per l'«allestimento comprensivo di arredi, impianti e attrezzature per la nuova sede dell'istituto di studi Stoà». Una nuova sede da affiancare alla prestigiosa Villa Campolieto? Esatto. Niente meno che nel Reale Albergo dei Poveri, capolavoro del barocco napoletano commissionato da re Carlo III all'architetto Ferdinando Fuga.

Una scelta cui danno impulso la successiva delibera 396 del 4 marzo 2008 contenente la "Dichiarazione di immediata eseguibilità" del progetto, nonché la delibera 1.441 del 30 ottobre dello stesso anno, pochi giorni prima dell'addio di Cardillo, mentre già le voci di arresto si diffondevano, con annessa "Modifica delle fonti di finanziamento". D'altra parte il Reale Albergo dei Poveri è una location prestigiosa: non a caso per il suo recupero nel 2004 Palazzo San Giacomo ha varato una sofisticata operazione di finanza creativa, emettendo Boc per 39 milioni. Neanche a dirlo l'ideatore fu il già assessore Cardillo.
Questa la storia. E il futuro? Probabilmente sta nella complessa possibilità di vendita di Stoà. Una "dismission impossible" scherzano a palazzo San Giacomo. Da una parte un'articolata offerta di corsi formativi molto costosi e a fatica riempiti e portati avanti. Soprattutto, destinati non al mercato ma a clienti "amici" che non pagano, come le municipalizzate del Comune di Napoli (crediti superiori a 853 mila euro nel bilancio del 2011) e lo stesso Comune (crediti per oltre 2 milioni), e che difficilmente pagheranno in futuro.

Corsi che in alcuni casi, hanno fatto gridare allo scandalo come per il programma di formazione pensato appositamente per l'Anm (l'azienda dei trasporti di Napoli) sia per il costo (430mila euro, ben sopra il tetto dei 180mila stabilito dal Comune) sia per i possibili legami tra alcuni esponenti del management della partecipata per la mobilità e lo stesso Cardillo. Oppure quelli per giardinieri e fognatori dell'Arin: triste destino per una business school che nei primi anni Novanta collaborava con il Mit di Boston. Dall'altra, una situazione disastrosa dei bilanci di Stoà. A fronte di un compenso da 54mila euro lordi per il presidente attuale Salvatore D'Amato e di 15mila per il vicepresidente Luigi Mascilli Migliorini (gli altri due componenti del cda, Maddaloni e Giuseppe Cantillo non percepiscono nulla), Stoà, che non ha neppure un contratto di servizio con il Comune di Napoli, ha chiuso il 2011 con quasi 354mila euro di perdite, 18 dipendenti, un costo del personale da più di 1,2 milioni, a cui si aggiungono i 700 mila per le prestazioni dei "consulenti didattici" mentre i ricavi crollano del 30 per cento. Una situazione fotografata in pochissime righe dalla relazione di Rendiconto 2011 del Collegio dei revisori dei conti: «Gli indici esposti - spiegano i revisori - evidenziano un livello di redditività negativo….Le negative performance aziendali nell'ultimo triennio (cioè quello di direzione Cardillo, ndr) inducono il Collegio ad invitare l'amministrazione a porre in essere le dovute ed approfondite valutazioni e analisi al fine di verificare la sussistenza, ai sensi e per gli effetti della Legge 244/2007 (finanziaria 2008), dei requisiti per riconoscere la effettiva finalità istituzionale di pubblico interesse di detto organismo partecipato e ad accelerare la procedura i dismissione di tale partecipazione». Più chiaro di così…

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