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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2013 alle ore 08:32.

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Inspiegabilmente, Geithner sostiene poi, dal 2010, che salvare il sistema finanziario è costato pochissimo, meno dell'1% del Pil, e meno di quanto costò la crisi della piccole casse locali degli anni 80. Per poterlo dire, e lo stesso Obama lo ha ripetuto un paio di volte, occorre che si prendano però i soli costi, in parte notevole restituiti dalle banche, della Tarp, la legge di salvataggio del sistema dell'ottobre 2008. Ma c'è molto altro, uscito dalle casse del Tesoro e soprattutto della Fed. E alla fine lo stato delle finanze federali, metro più credibile hanno sempre sostenuto Simon Johnson e altri, dello sforzo sostenuto, sta a dimostrarlo. Sono calcoli complessi, ma se si sommano le perdite delle casse pubbliche e private, si arriva a costi simili a quelli sostenuti per la Seconda guerra mondiale, oltre 3 mila miliardi di oggi.

Chi volesse un efficace ed autorevole giudizio, sintetico e critico, potrebbe rivedersi l'intervista concessa a Bill Moyers da John Reed, ex co-presidente di Citigroup fino al 2000, oggi presidente del Mit di Boston (mettere bill moyers john reed youtube su Google, esiste anche il transcript, o testo scritto). Vale un volume su Wall Street e Washington.
Sheila Bair, ex presidente della Fdic, uno dei maggiori enti federali di controllo bancario, e personaggio di incontestabile prestigio, nel suo libro di memorie sugli anni 2006-2011 (Bull by the horns. Fighting to save Main Street from Wall Street and Wall Street from itself), attribuisce a Geithner due responsabilità. La prima è di avere portato al Tesoro la logica e gli interessi di Wall Street, identificati erroneamente con gli interessi del paese. E dice che quando seppe della volontà di Obama di nominarlo ministro, fu "un pugno allo stomaco".

Lei e altri si battevano per un incarico all'anziano Paul Volcker. La seconda responsabilità è, secondo la Bair, di avere adottato il modello giapponese, coprire cioè il più possibile perdite e responsabilità con il manto e la casse pubblici, lasciare troppi banchieri al loro posto, infliggere multe ma nessun procedimento penale (furono circa 800 invece dopo la crisi degli anni 80), e chiedere al paese e non, almeno in parte, agli obbligazionisti, di saldare il conto. Del resto, che conto se la spesa alla fine è stata così piccola?
Riavviare l'equilibrio in un debito federale che Geithner trovò a meno di 11 mila miliardi e lascia a oltre 16mila - il vero prezzo della crisi - è ora compito di Jacob Lew. L'assetto del sistema poteva cambiare nei primi mesi del 2009, quando i banchieri erano terrorizzati, e come Volcker avrebbe fatto. Geithner ha scelto diversamente. Le nuove regole, la legge Dodd-Frank, ci sono o ci saranno, complesse, spesso inefficaci, e in gran parte scritte da Wall Street stessa. In Europa, tutto sommato, si è fatto e si sta facendo di meglio, nonostante tutto. Il lavoro per il financial deepening è eseguito. Ora, con le casse federali provate e ansimanti, tocca al paese raccogliere, con Lew, l'eredità.

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