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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2013 alle ore 07:15.

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Il presidente Ciampi sottolinea che egli si accinge ad esercitare null'altro che una sua prerogativa costituzionale, fondata su motivazioni di carattere esclusivamente giuridico e alla quale, pertanto, non può essere attribuita nessuna valenza politica e meno ancora di parte. Gifuni evidenzia che Ciampi già da settembre aveva manifestato le sue perplessità e non comprende la sorpresa del presidente del Consiglio. Il presidente Berlusconi ribadisce di non condividere tale impostazione e conferma di considerare il rinvio alle Camere della legge Gasparri come "atto di guerra" nei confronti del governo e in particolare del presidente del Consiglio, proprietario di Mediaset, impresa che ne sarà gravemente danneggiata. Il presidente Ciampi fa rilevare al presidente Berlusconi che questa sua ultima affermazione rappresenta una conferma eclatante del conflitto di interessi esistente tra l'uomo di governo e il proprietario di una grande impresa la quale, tra l'altro, esercita la sua attività sulla base di appositi atti di concessione e/o autorizzazione statali».

E ancora, in una nota di appendice: «Telefonata di Berlusconi a Gifuni che chiede di insistere affinché Ciampi non ponga in atto il suo proposito. I suoi sono scatenati contro il Quirinale al punto che ha dovuto allontanarli dal suo studio. Gifuni riferirà, ma a suo avviso la decisione del presidente Ciampi è ormai irrevocabile. Alle 20.00 Gasparri accoglie con grande rispetto la decisione del capo dello Stato: sono uomo delle istituzioni. Il presidente della Repubblica mostra grande apprezzamento per la ineccepibile posizione istituzionale assunta dal ministro Gasparri».

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