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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2013 alle ore 08:39.

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L'onesta ricchezza non può giustificare una rapina dello Stato



P er poter affrontare i debiti più urgenti suggerirei al Governo di chiedere una sorta di prestito ai cittadini, ovvero di trattenere il 5% dei depositi bancari superiori a 50mila euro e il 10%
di quelli oltre i 100mila. Il "prestito" andrebbe chiesto anche ai percettori di pensione, nella seguente misura: 10% da 50mila a 100mila euro, 20% da 100mila a 200mila. Oltre i 200mila il 50 per cento. Per i percettori di stipendio il 10% da 80mila a 150mila, il 15% fino a 400mila e
il 50% oltre i 400mila. I prestiti erogati dai pensionati e dagli stipendiati dovrebbero avere una durata di 6/12 mesi.
Carlo Perillo
Scherzando un po', il movimento "Fare per fermare il declino" potrebbe rivendicare i diritti d'autore, il copyright al Governo Letta. A qualcuno sarà sfuggito o non avrà fatto caso ma il provvedimento politico per cercare di mettere in moto l'economia e per arginare il fenomeno della disoccupazione porta il nome "decreto del fare". A Giannino potrebbero crescere i capelli! Orbene, una domanda politically correct: perché gli italiani alle elezioni politiche di febbraio non hanno votato la linea a-ideologica Giannino/Boldrin espressa chiaramente e inequivocabilmente nel nome (Fare per fermare il declino) e di fatto (i 10 punti programmatici) la quale aveva/ha lo scopo di evitare la catastrofe economica? Per evitare il default servono ancora sacrifici, potature e amputazioni (non quelle alla Monti: tasse, tasse, tasse!). Urge una politica coraggiosa, impopolare, lungimirante, che considera il capitale una risorsa e le risorse un capitale, che vede gli imprenditori non come un gruppo di ladri che evadono le tasse ma coloro i quali mettono in atto intelligenza e creatività.
Sergio Benetti Dueville
Vicenza
La proposta del lettore Perillo mi pare il modo migliore per scatenare la rivoluzione, alla quale mi assocerei convintamente anch'io: per difendere un'idea di libertà, prima che il portafoglio.
A parte l'ovvia considerazione che con un carico fiscale che lambisce o supera il 50%, al cittadino, ancorché benestante, resterebbe ben poco da destinare a prestiti forzosi, rifiuto l'idea che la ricchezza (se conseguita onestamente, va da sé) sia da considerare una colpa che giustifica la rapina da parte dello Stato. Se non c'è incentivo a creare ricchezza, e dunque a godersela, non ci sarà mai sviluppo; se non quello nel quale siamo particolarmente specializzati in Italia, di natura malavitosa o clandestina.
Olof Palme, che non era un liberista sfegatato, diceva che il capitalismo, come le pecore, andava tosato, non soppresso, se non a rischio di non avere più lana. E il compianto Giancarlo Mazzocchi, dall'alto della sua dottrina di economista, diceva che, una volta pagate le tasse, i cittadini sono tutti uguali: e dunque trattamenti punitivi in base al reddito sono ingiustificati.
Più che pensare a nuove corvée fiscali, degne ormai dello sceriffo di Nottingham (compresa la beffa di prosciugare le tasche del contribuente per dargli l'illusione di poter consumare di più grazie al blocco dell'Iva: complimenti anche al centro-destra!), la battaglia da fare resta quella del taglio, non dell'aumento, delle tasse, e della parallela riduzione della spesa, sulla quale nessun governo, nessuna maggioranza, nessun premier si sono rivelati capaci di battere un colpo.
Per questo, senza sposare una posizione partitica, mi ritrovo col lettore Benetti, al cui quesito (retorico?) è facile dare una risposta: le posizioni più liberali non hanno potuto essere messe alla prova per la trappola che Oscar Giannino si è costruito da solo. Ma non dispero affatto che nell'elettorato non cresca la consapevolezza che, oggi più che mai, lo Stato è il problema, non la soluzione.
A proposito di riforme
Tutte le riforme urgenti in programma (elettorale, fiscale, riduzione dei costi della politica e degli sprechi, eccetera) sono state ampiamente già studiate da Commissioni di esperti, per cui – in teoria – dovrebbe essere veloce l'approvazione. Nella pratica vedremo quante altre discussioni, studi e patteggiamenti farà il nuovo governo e se i risultati saranno quelli sperati
dalla maggioranza degli italiani.
Raffaella Brescia
Disoccupazione non solo giovanile
Da quando il Governo Letta si è insediato si parla sempre e solo di disoccupazione con l'enfasi dell'aggettivo "giovanile". Giusto. A patto però che non si dimentichino gli oltre 1,9 milioni di altri lavoratori maturi disoccupati e scoraggiati
(over 40/50/60 anni) che con maggiore difficoltà, faticano a trovare un dignitoso reinserimento lavorativo.
Lettera firmata

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