Il Sole 24 Ore
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La nuova Cina cerca un'anima «green»


È diventata una priorità di politica nazionale, al pari del riequilibrio dei fattori di crescita e di una transizione economica verso una crescita meno spettacolare e più sostenibile, anche sul fronte ambientale. Che l'aria nelle grandi città cinesi sia irrespirabile è cosa nota da decenni. Che il suo livello di inquinamento - con una concentrazione di polveri sottili in alcuni centri del Nord quasi 10 volte superiore ai livelli di tolleranza - sia prossimo al punto di non ritorno è invece una paura più recente. Pechino si è affrettata a confutare la conclusioni di uno studio internazionale secondo il quale gli abitanti del Nord della Cina vivono in media cinque anni e mezzo in meno rispetto ai loro connazionali del Sud proprio a causa dell'inquinamento atmosferico. Ma ha ben presente la gravità della situazione e soprattutto la crescente sensibilità, in materia, dell'opinione pubblica.
Proprio in questi giorni le autorità del Guangdong hanno fermato il progetto per la costruzione di un impianto per l'arricchimento dell'uranio dopo le proteste della popolazione. Demagogia? Probabilmente, ma anche la consapevolezza di dover correre ai ripari e far rientrare il risanamento ambientale nell'equazione del nuovo modello economico. Molte città stanno mettendo a punto misure per limitare l'utilizzo - e in alcuni casi addirittura di scoraggiare l'acquisto - di automobili, mentre sono in arrivo sanzioni severissime per le aziende più inquinanti. Anche questa è la nuova Cina del rallentamento, preoccupata della qualità di vita che le metropoli potranno offrire ai 250 milioni di cinesi in arrivo dalla campagne nei prossimi anni.