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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2013 alle ore 09:02.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2013 alle ore 09:55.

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Il principio enunciato non è una semplice questione di teoria. È prassi. Si legga a questo proposito l'ultima relazione annuale della Banca d'Italia: "Il divario negativo di capitalizzazione dei nostri intermediari rispetto alla media europea, scesa a circa 2 punti percentuali, riflette in ampia misura le massicce ricapitalizzazioni bancarie effettuate con fondi pubblici in altri paesi. Lo scorso dicembre il sostegno dello Stato alle banche ammontava all'1,8% del Pil in Germania, al 4,3% in Belgio, al 5,1% nei Paesi Bassi, al 5,5% in Spagna, al 40% in Irlanda. In Italia l'analoga quota è pari allo 0,3% includendo gli interventi per il Mps".

Il governatore Visco cita anche l'autorità bancaria europea che raccomanda l'intervento di mezzi patrimoniali pubblici straordinari e temporanei!
L'Italia, quindi, è indietro rispetto agli altri Paesi dell'Eurozona. Basterebbe fare un modesto catching-up dell'1% del Pil (portandoci cioè all'1,3% del Pil, livello molto inferiore a quello della Germania), per risanare il patrimonio delle banche italiane in crisi e rilanciare l'economia con maggiori prestiti. Questo intervento pubblico, che in valori assoluti significherebbe 17-18 miliardi di euro, potrebbe essere gestito costituendo presso la Cassa depositi e prestiti un buffer stock di capitale da investire sotto forma di prestiti subordinati a tassi equiparati al costo medio del debito pubblico.

L'intervento pubblico a sostegno delle banche è una azione impopolare in Italia. Lo è in gran parte perché è stata alimentata in modo miope una campagna contro le banche "speculatrici". Ma i fatti dicono che, a parte casi di malversazione (Mps docet, che però ha ottenuto l'intervento pubblico), le banche italiane non sono state responsabili della crisi attuale. Laddove le banche sono state considerate responsabili, come negli Usa e nel Regno Unito, i governi sono intervenuti pesantemente, addirittura con nazionalizzazioni temporanee.

L'alternativa all'intervento pubblico temporaneo è vendere le banche all'estero. Sarebbero le banche tedesche o francesi, risanate con fondi pubblici, le più quotate a fare shopping di banche italiane. Non si tratta di difendere l'italianità della proprietà banche, bensì di non essere vittime dei propri pregiudizi. Basta vedere come Usa e Regno Unito, Paesi paladini del liberismo economico, sono ricorse alle nazionalizzazioni temporanee delle loro principali banche. Hanno salvato le banche per salvare l'economia. Noi chiediamo all'economia in crisi di salvare le banche.

La miscela composta da più capitale pubblico, più tempo e più flessibilità è fondamentale per ravvivare l'economia italiana. L'importanza dell'intervento pubblico è riconosciuta in Germania, dove accanto alle grandi banche esiste una cintura di piccole e medie banche, ben protette da capitale pubblico in casi di necessità. È quanto meno singolare che proprio in Italia, il Paese prototipo della piccole e medie imprese, sfugga la logica di considerare un obiettivo pubblico mantenere vitale il rapporto fra banche e sviluppo locale.

Pietro Alessandrini e Michele Fratianni sono docenti dell'Università politecnica delle Marche

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