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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2013 alle ore 07:12.

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Tali modelli semplificati suggerivano quindi politiche che sembravano aver successo, finché la struttura di sostegno cominciò a cedere. E i cedimenti si verificarono perché tale struttura veniva schiacciata dal comportamento del gregge, plasmato dalle politiche in modi che solo ora iniziamo a comprendere. Allora perché non lasciare che siano i fatti, piuttosto che la teoria, a guidare le strategie economiche? Purtroppo è difficile stabilire con certezza il nesso causale tra due fattori. Se l'alto debito nazionale è associato a una lenta crescita economica, è il debito eccessivo a impedire la crescita o è piuttosto la lentezza nella crescita che porta i paesi ad accumulare più debito?
Più di un econometrista ha fatto carriera individuando un metodo brillante per stabilire l'esatto rapporto causa-effetto. Purtroppo molti di questi metodi non sono applicabili alle questioni cruciali con cui i decisori economici devono confrontarsi. Così i fatti non ci dicono davvero se un paese pesantemente indebitato dovrebbe ripagare il debito oppure chiedere altri prestiti e investire di più.
Inoltre, quelle che sembrano soluzioni politiche ovvie e di buon senso troppo spesso hanno conseguenze indesiderate, perché i bersagli delle misure economiche non sono oggetti passivi, come nella fisica, ma soggetti attivi che reagiscono in modi imprevedibili. Per esempio le misure di controllo sui prezzi di determinati beni, anziché abbassarli, spesso provocano scarsità dei beni in questione e l'emergere di un mercato nero in cui essi costano notevolmente di più.

Tutto ciò significa che i responsabili delle politiche economiche devono armarsi di un'enorme dose di umiltà, essere aperti a diverse eventualità (compresa quella di sbagliare) e disponibili a sperimentare. Ciò non vuol dire che il nostro sapere economico non può esserci da guida, ma che prima di prescrivere ciò che funziona in teoria, o che ha funzionato in passato o altrove, è bene porsi una certa dose di dubbi.
Ma, per gli economisti attivi nell'arena pubblica, è difficile conquistare i cuori e le menti facendo analisi ricche di distinguo ed evidenziando i limiti delle proprie ricette. È meglio affermare la propria sapienza in modo inequivocabile, specialmente se possono puntellare la loro fama di esperti con passati onori accademici. Non è un atteggiamento del tutto negativo se porta a un dibattito pubblico più acceso.
Il lato oscuro di tanta certezza, tuttavia, è l'influenza sul modo in cui tali economisti affrontano le opinioni contrarie. Come convincere i propri appassionati seguaci se altri economisti, con pari credenziali, sostengono punti di vista opposti? Troppo spesso la strategia per conquistare un facile ascendente è attaccare le motivazioni e i metodi degli avversari, piuttosto che riconoscere e affrontare i punti sollevati dalle loro tesi. Invece di incoraggiare la discussione ed educare la gente, quest'ultima è spesso lasciata all'oscuro. E gli economisti più giovani e meno accreditati si sentono scoraggiati dal partecipare al dibattito pubblico.

Nella loro monumentale ricerca su secoli di debito pubblico e debito sovrano, Reinhart e Rogoff, normalmente tanto accorti, hanno fatto un errore in uno dei loro working paper. Tale errore non si ritrova né nel loro premiato libro del 2009 né in un paper successivo, molto letto, scritto in risposta al dibattito accademico sul loro lavoro.
La ricerca di Reinhart e Rogoff mostra ampiamente che la crescita del Pil è più lenta ad alti livelli di debito pubblico. Mentre è in corso un legittimo dibattito per stabilire se questo voglia dire che il debito alto è la causa della crescita lenta, Krugman ha messo in discussione le motivazioni di Reinhart e Rogoff, accusandoli di celare deliberatamente i loro dati al pubblico. Reinhart e Rogoff, scioccati da questa accusa - equivalente a un'accusa di disonestà accademica - hanno fornito un'attenta confutazione, corredata da prove on-line sul fatto che non avevano avuto alcuna remora a condividere i loro dati.
A onor del vero Krugman, per le sue forti prese di posizione in pubblico, è stato oggetto di enormi critiche personali da parte di molti a destra. Forse lo stile paranoico nel dibattito pubblico, che si focalizza sui motivi piuttosto che sulla sostanza, è un'utile strategia difensiva contro questi critici furiosi. Disgraziatamente colpisce anche divergenze di opinione più ragionate. Forse un dibattito rispettoso sull'economia è possibile solo nel mondo accademico. La discussione pubblica ne esce impoverita.

(Traduzione di Elisa Comito)

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