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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2013 alle ore 07:51.

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Allora in Italia non c'è nessun problema, secondo lei?
Non è di sostanza, ma di forma, ed è connesso al fatto che la proprietà si è troppo concentrata nel tempo. È questo l'elemento che merita di essere risolto e il governo ha chiesto alla Banca d'Italia ufficialmente il mese scorso di fornire un parere sulla corretta valutazione del proprio capitale. Poiché l'obiettivo è estendere la platea dei partecipanti al capitale, per ottenere una vera public company, si deve per forza passare per una valutazione numerica. E noi siamo impegnati a fornirla, sperabilmente entro questo mese e a questo scopo abbiamo anche chiesto un parere terzo a un piccolo gruppo di esperti, nazionali e internazionali, che abbiamo già individuato e di cui stiamo raccogliendo in questi giorni il consenso.

Quanto vale la Banca d'Italia? Alcuni sostengono che il il valore complessivo delle quote in mano agli azionisti coinciderebbe con il suo patrimonio netto, pari a 23,5 miliardi. È corretto? Carige, per esempio, ha usato questo criterio nel suo bilancio e non risulta che Bankitalia abbia obiettato.
Nei bilanci delle banche partecipanti si ritrovano svariate valutazioni. 23,5 miliardi, pari alla somma del capitale e delle riserve, non è un dato corretto ai fini di una stima complessiva del valore delle quote, perchè le riserve sono state accumulate dalla Banca centrale attraverso la sua attività tipica che è quella di battere moneta, negli anni passati da sola, oggi in condominio con la Bce. Una funzione pubblica, peculiare della banca centrale, su cui i partecipanti non possono avere pretese.

Alcune banche lo hanno fatto. Perché non avete espresso critiche?
Perché non potevamo invocare nessuna norma esplicita o accettata. È arrivato il momento di darla, questa norma.

Ma il capitale e le riserve di cui dispone Bankitalia non sono eccessivi? Non c'è un eccesso di patrimonializzazione, in rapporto alle consorelle europee?
Il patrimonio di una banca centrale è un buffer prudenziale a fronte dei rischi sul lato dell'attivo, ad esempio sui finanziamenti al sistema creditizio e sul portafoglio titoli. Quando si fanno confronti internazionali, occorre innanzitutto tener conto di tutte le riserve, non solo di alcune. Inoltre, proprio la crisi che abbiamo vissuto ha mostrato che il rischio sovrano è giudicato importante dal mercato: è logico attendersi, a fronte dei rischi sistemici per la stabilità finanziaria, che la banca centrale italiana abbia una posizione patrimoniale più consistente di altre. Quanto all'oro, è il presidio ultimo di fiducia verso la nostra moneta che è l'euro. Non può essere nella libera disponibilità di nessuno, se non dell'eurosistema. Però mi lasci dire anche che se pensiamo di risolvere i problemi di finanza pubblica o quelli di crescita economica attraverso scorciatoie di tipo contabile siamo fuori strada.

Perché?
Perché ci svierebbero dalla strada maestra delle riforme strutturali. Poi l'Europa non ce lo permetterebbe, con ottime ragioni: nè la Bce, che si oppone giustamente a qualunque forma di finanziamento monetario degli Stati, nè la Commissione europea che è attenta a evitare aiuti di stato a specifici soggetti o settori. Nella difesa di questi principi noi italiani siamo stati in passato e dobbiamo continuare a essere in prima fila, per rilanciare su basi solide il nostro sviluppo.

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