Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2014 alle ore 09:00.
L'ultima modifica è del 17 febbraio 2014 alle ore 11:12.

My24

Monnet sentiva che la storia era dalla sua parte.

Per tutta la vita, qualunque fosse la sua posizione, la sua forza è sempre venuta dalla persuasione, non dal ruolo che ricopriva. Non è mai stata l'amministrazione del commercio europeo del carbone e dell'acciaio il suo obbiettivo: quello che voleva era gettare le basi per una federazione europea a tutto tondo. Si dimise dall'Alta autorità della Ceca (Comunità europea del carbone e dell'acciaio) nel 1955 per fondare un gruppo di consulenza indipendente che tutti, tranne lui, chiamavano il «Comitato Monnet». Il suo nome ufficiale era Comitato d'azione per gli Stati Uniti d'Europa, e non lasciava dubbio alcuno sul suo scopo e la sua ispirazione.

Monnet è morto, all'età di 90 anni, nel marzo del 1979, un anno chiave nell'evoluzione dell'Europa. Quello stesso mese, infatti, la Cee creò l'Ecu, l'antesignano dell'euro. L'Ecu (acronimo che stava per European Currency Unit, unità valutaria europea, ma che in francese suonava come écu, che vuol dire scudo e che era anche il nome di una moneta in circolazione nel Medioevo) non era una moneta che poteva essere usata per acquistare un croissant: era un artificio contabile sostenuto da un paniere di valute i cui tassi di cambio erano stabilizzati dall'imposizione di un limite al margine di oscillazione. Insieme, questi dispositivi rendevano più semplici le transazioni finanziarie internazionali.

Tre mesi più tardi, nel giugno del 1979, i cittadini dei nove Stati membri della Cee, si recarono alle urne per le prime elezioni parlamentari veramente internazionali della storia.Insieme, queste innovazioni rappresentavano un passo avanti verso due prerequisiti di uno Stato federale democratico: un'assemblea legislativa rappresentativa e un sistema monetario comune. Ma in entrambi i casi i progressi verso quello scopo ultimo furono controbilanciati (e in certa misura contraddetti) dall'istinto, ancora forte, alla difesa della sovranità dello Stato-nazione. La Comunità europea aveva introdotto la representation, ma senza taxation. Nell'ambito della politica di bilancio, non esisteva ancora nessuna istituzione di quelle che Monnet considerava cruciali per ogni settore e aspetto dell'integrazione.

Il trattato di Maastricht, nel 1992, diede alla Comunità europea, che nel frattempo era arrivata a 12 membri, un nuovo nome: l'Unione Europea. Tuttavia, a tredici anni dall'introduzione dell'Ecu, non esisteva ancora nemmeno un embrione di ministero dell'Economia o autorità di bilancio, né era previsto di metterlo in piedi. Nonostante il diffuso entusiasmo per l'interdipendenza e l'integrazione, gli Stati membri dell'Ue si tenevano stretto il controllo sulle proprie economie. In parte era per ragioni di attaccamento emotivo, ma in parte era anche un modo per adeguarsi alla realtà: le economie degli Stati membri presentavano differenze fondamentali, nelle prassi e normative del lavoro, nelle tasse, nelle priorità di bilancio, nell'inflazione e nei tassi di interesse. Mascherare queste differenze avrebbe prodotto una valuta comune intrinsecamente fragile, specialmente nei periodi di crisi.

Tuttavia, molti economisti (in particolare sull'altra sponda dell'Atlantico) erano preoccupati che il treno fosse troppo pesante per quella locomotiva. Questi scettici naturalmente vedevano le cose dalla loro prospettiva di americani ed economisti, mentre i leader europei che decisero di andare avanti sulla strada di una moneta comune stavano perseguendo un progetto sostanzialmente politico, anche se presentava vantaggi anche economici: erano convinti che l'unione monetaria avrebbe potenziato gli scambi all'interno dell'Eurozona, facilitato le transazioni commerciali e fatto da catalizzatore per la crescita. La loro strategia, tuttavia, presupponeva il proseguimento di una situazione di espansione dell'economia regionale e globale. In pratica, facevano conto che la fortuna degli ultimi decenni sarebbe durata.

L'Eurozona ha prosperato fintanto che il suo «versante Sud» (nonostante colossali disavanzi pubblici in Paesi come la Grecia e bolle immobiliari in Spagna e non solo) è stato tenuto a galla dalla marea montante della crescita globale e dal massiccio afflusso di capitali tedeschi. I leader non erano inconsapevoli del rischio che una moneta comune senza coordinamento delle politiche di bilancio potesse rivelarsi un boomerang, specialmente se l'economia del vecchio continente si fosse inceppata e le bolle avessero cominciato a scoppiare. Tenendo a mente questa eventualità avevano promulgato, alla fine degli anni 90, il Patto di stabilità e crescita, per garantire che tutti i membri dell'Eurozona si impegnassero a tenere sotto controllo il deficit di bilancio. Il Patto però non è mai stato fatto rispettare, e nessuno aveva fretta di rafforzare la Banca centrale europea. Il persistere di una situazione di prosperità economica rafforzava l'illusione che non ci fosse nessuna necessità di prepararsi all'eventualità di una grossa recessione.

Poi, nell'annus horribilis del 2008, uno tsunami attraversò tumultuoso l'Atlantico fino ad abbattersi sull'economia europea.Una volta che le falle del sistema divennero evidenti, la contrazione dell'economia e l'esplosione della disoccupazione devastarono le nazioni del «versante Sud», costringendo alcuni Paesi, più l'Irlanda, a negoziare un salvataggio. Portoghesi, spagnoli e italiani hanno reagito con irritazione alle richieste di austerity avanzate dalla Germania e da altri Paesi del Nordeuropa come prezzo del salvataggio, mentre i Governi del Nordeuropa hanno ricambiato rampognando i Paesi del Sud per la loro dissipatezza.

Shopping24

Dai nostri archivi